Non ci sono ancora conferme ma pare che Andreas Lubitz, il copilota ritenuto responsabile dello schianto dell’Airbus A320 sulle Alpi francesi, in tempi non sospetti avesse sospeso per un certo periodo il proprio addestramento per la sindrome di burn-out. Cerchiamo di capire di cosa si tratta. Tecnicamente è un processo derivante da stress che può manifestarsi in qualsiasi organizzazione di lavoro. Un tempo si pensava che colpisse tutte quelle figure caricate da una duplice fonte di stress, quello personale e quello della persona aiutata. In particolare, quindi, ad ammalarsi erano soprattutto alcune categorie di lavoratori: medici, infermieri e le altre figure sanitarie, compresi volontari e studenti, addetti ai servizi di emergenza, poliziotti e vigili del fuoco, psicologi, psichiatri e assistenti sociali, sacerdoti e religiosi, avvocati, ricercatori e impiegati commerciali, operatori di call center. Poi, però, si è capito che le categorie che possono essere colpite sono molte di più.
Senza un trattamento efficace i soggetti cominciano a sviluppare un processo di logoramento o decadenza psicofisica: perdono energia e in poco tempo non sono più capaci di sostenere e scaricare lo stress accumulato. In inglese il termine burn-out significa "bruciarsi". Chi soffre di questo problema non riesce più a distinguere tra la propria vita e quella delle persone per cui lavora (che aiuta).
Quali sono gli effetti? Esaurimento emotivo, depersonalizzazione, cinismo, scarsa realizzazione personale. Il soggetto tende a sfuggire l'ambiente lavorativo assentandosi sempre più spesso e lavorando con sempre minore entusiasmo, provando frustrazione e insoddisfazione. Per misurare il burnout ci sono diversi metodi. Il più conosciuto è associato alla scala di Maslach: un questionario di 22 domande con cui si cerca di stabilire se nell'individuo siano attive dinamiche psicofisiche che rientrano nel burnout.
Per quanto riguarda il senso di esaurimento, possiamo osservare che è la prima reazione allo stress prodotto da eccessive richieste di lavoro o da cambiamenti significativi. Quando una persona sente di aver oltrepassato il limite, sia a livello emozionale sia fisico, si sente prosciugata, non in grado di rilassarsi e recuperare, priva di energia per affrontare nuovi progetti, nuove persone e nuove sfide.
Si viene a sviluppare un cinismo di fondo. La persona assume un atteggiamento freddo e distaccato nei confronti del lavoro e delle persone che incontra sul lavoro, diminuisce (fino ad azzerare) il propriocoinvolgimento emotivo nel lavoro e può abbandonare persino i propri ideali e valori. Tali reazioni rappresentano il tentativo di proteggere se stessi dall’esaurimento e dalla delusione, si pensa di essere più al sicuro adottando un atteggiamento di indifferenza, specialmente quando il futuro è incerto, oppure si preferisce ritenere che le cose non andranno più come prima, piuttosto che vedere svanire in seguito le proprie speranze. Un atteggiamento così negativo può compromettere seriamente il benessere di una persona, il suo equilibrio psico-fisico e la sua capacità di lavorare.
Come conseguenza inevitabile c'è l'inefficienza. Nella persona cresce fortissimo il senso di inadeguatezza, al punto che ogni progetto nuovo è vissuto come opprimente. Si crede che il mondo intero stia tramando contro ogni suo tentativo di fare progressi, e ciò che si riesce a realizzare appare sempre e comunque di poco significato. Alla fine si perde fiducia nelle proprie capacità e in se stessi.
L’incidenza della sindrome di burn-out è maggiore nelle persone di età superiore ai 30-40 anni, non sposate e con livello culturale più elevato. È quanto evidenzia un recente studio della Scuola di Specializzazione in Medicina del Lavoro della
Sapienza di Roma e della Medicina Aeronautica e Spaziale del Centro Sperimentale Volo dell’Aeronautica Militare. Sebbene a oggi non esista una definizione del burn-out univocamente accettata - precisano gli esperti - accordandoci alla
maggioranza degli autori che si sono occupati di questo tema si potrebbe definire il burn-out come una sindrome complessa a componente prevalentemente psichica, che si instaura come risposta a una condizione di stress lavorativo prolungato e che viene definita da tre dimensioni caratteristiche: l’esaurimento emotivo, la depersonalizzazione e la mancata realizzazione personale.
Ma come evidenzia all’agenzia Adnkronos Maurizio Pompili, direttore del Servizio per la prevenzione del suicidio dell’ospedale Sant’Andrea di Roma, "guardando il profilo di questa persona (Andreas Lubitz) sembrava avesse ottenuto tutto quello che sognava.
Ma è proprio questo che può mandare fuori strada: conosciamo il palcoscenico di una persona, non il dietro le quinte". Un dietro le quinte dove si potrebbe nascondere la vera causa del problema da cui è scaturita la catastrofe.
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