Cronache

L'appello degli economisti alla Bce: "Così non superiamo la crisi"

"Neanche di fronte a un disastro l’attuale classe dirigente europea è disposta a prendere atto che le idee che hanno guidato finora la politica economica sono profondamente sbagliate". L'appello di 67 economisti e docenti universitari italiani

L'appello degli economisti alla Bce: "Così non superiamo la crisi"

Nemmeno l'emergenza coronavirus, che rischia di scatenare una crisi economica peggiore di quella del 2007-2008, come ha avvertito anche il premio Nobel per l'economia nel 2001 Joseph Stiglitz, sembra convincere l'Unione europea e la Banca centrale europea (Bce) a cambiare drasticamente strategia e ad accantonare per sempre i vecchi dogmi che hanno impoverito l'eurozona (Germania esclusa, naturalmente). È l'opinione - in estrema sintesi - di 67 economisti e docenti universitari italiani che hanno diffuso un appello pubblicato anche su Micromega, rivista di cultura, politica e filosofia diretta da Paolo Flores d'Arcais. "Neanche di fronte a un disastro l’attuale classe dirigente europea è disposta a prendere atto che le idee che hanno guidato finora la politica economica sono profondamente sbagliate" osservano. "Questa classe dirigente pretende che tali idee interpretino il modo migliore di far funzionare i mercati, elevati a mitici giudici di ciò che è giusto e ciò che non lo è e di fatto sostituiti al processo democratico. Ma proprio la reazione dei mercati alle prime decisioni dei ministri finanziari e poi della Bce su come fronteggiare l’emergenza hanno sepolto sotto una valanga di vendite da panico la palese incomprensione della situazione da parte dei massimi dirigenti europei, costringendoli a frettolosi tentativi di riparazione".

Queste reazioni, spiegano, "non sono però servite a convincere leader e tecnocrati della fallacia delle loro teorie. Gli interventi sono presentati come una risposta d’eccezione a uno stato di eccezione, senza che questo metta in questione le regole di funzionamento dell’Unione che – si sottintende – passata la tempesta riprenderanno ad operare pienamente". Peccato che, rilevano, "il Patto di stabilità in un primo momento non era stato nemmeno sospeso, preferendo affermare che non ce n’era bisogno perché “consente tutta la flessibilità necessaria”. Il “whatever it takes” di Mario Draghi è stato dapprima smentito, provocando il crollo dei mercati, e poi ripetuto in un tentativo di recupero. Ma è stata persa la credibilità, che è la condizione indispensabile affinché quella frase sia efficace, sia perché è evidente che sia stata detta solo perché forzata dagli eventi, sia perché i nuovi provvedimenti annunciati dalla Bce prevedono limiti e paletti (come la capital key, gli acquisti di titoli sovrani in base alle quote di capitale della Banca che ogni Stato possiede, seppure attenuata) e non sono quindi nella logica di qualsiasi cosa sia necessaria” sottolineano gli economisti che hanno sottoscritto l'appello.

"Ecco cosa deve fare la Bce"

Il Mes? Non è in grado di salvare nulla. "Si tratta - spiegano -solo di uno strumento di disciplina che gli Stati egemoni vogliono usare per imporre il loro dominio su quelli che cadano in difficoltà. Ne vogliono fare la chiave di accesso agli interventi della Bce, una chiave che sarebbe pagata con la “grecizzazione” di chi incautamente vi facesse ricorso, ossia l’impoverimento del paese e la sua successiva spoliazione da parte delle economie più forti".

Per salvare l'eurozona dalla crisi, è necessario, spiegano, "che la Bce riaffermi con forza che i 750 miliardi di interventi annunciati rispondono solo alle prime necessità della crisi, e che è disposta ad interventi illimitati in base a quanto necessario" e che "gli acquisti di titoli pubblici non avverranno più in base alle quote di capitale della Banca che ogni Stato possiede (criterio che peraltro non è applicato per le obbligazioni societarie), ma in base alla necessità di contrastare la speculazione". La Bce deve inoltre dichiarare "che i titoli sovrani detenuti in base ai vari programmi di acquisto saranno rinnovati indefinitamente" oltre che trovare la formula giuridica "compatibile con i Trattati per acquistare a titolo definitivo bond senza scadenza emessi dagli Stati, con rendimento zero o prossimo allo zero, da collocare poi presso le Banche centrali nazionali".

"Il coronavirus rischia di essere la fine dell'euro"

Il punto è che la crisi economia derivata dall'emergenza coronavirus potrebbe scatenare una crisi del debito italiano talmente grave da distruggere l'euro. Parola di Desmond Lachman, analista dell'American Enterprise Institute e già vicedirettore presso il dipartimento Sviluppo e revisione delle politiche del Fondo monetario internazionale (Fmi). Come ricorda Lachman in un articolo pubblicato sulla rivista americana the National Interest, nel 2012, quando la crisi del debito sovrano italiano minacciò di l'eurozona, l'allora presidente della Banca centrale europea (Bce) Mario Draghi riuscì con successo ad evitarlo. Lo fece affermando che la Bce avrebbe fatto tutto il possibile per salvare l'eurozona (il celebre whatever it takes).

Secondo l'ex vicedirettore del Fondo monetario internazionale è probabile che il debito pubblico italiano salga al "140 percento del Pil entro la fine dell'anno". A quel punto, sottolinea, la "Bce avrebbe poche alternative reali se non quella di cercare di salvare il paese. Dopotutto, essendo un membro fondatore dell'euro e il terzo paese membro dell'Eurozona, l'euro non potrebbe sopravvivere senza l'Italia" afferma Lachman. La vera domanda, aggiunge, "è se la Bce avrà la volontà politica di mettere in campo le ingenti somme di denaro che un salvataggio italiano comporterebbe.

Detto in altri termini, la vera domanda è se Christine Lagarde riuscirà a convincere i suoi riluttanti padroni tedeschi e nord europei a consentire alla Bce di prestare in Italia fondi sufficienti per mantenere a galla il Paese".

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