C'è da chiedersi davvero se Alfredo Cospito sia contento di quelle minacce che i suoi compagni fuori dal carcere hanno rivolto ad un manager dell'Iveco. Quelle lettere firmate dalla Fai e spedite a diverse aziende italiane in cui si evoca il rituale dei nuovi terroristi (la gambizzazione dei dirigenti) sono la fotografia della vera responsabilità dell'anarchico sottoposto al regime di 41 bis: se ti trasformi in un simbolo, c'è chi agisce in tuo nome. Alla fine l'odio che hai seminato germoglia nelle menti più fragili e c'è il rischio che si inneschi un processo di emulazione. È un po' il meccanismo dell'apprendista stregone che evoca nei seguaci istinti, parole d'ordine irrazionali, ideologie folli che nessuno, neppure Cospito, cioè il simbolo, riesce più a controllare.
Ecco perché tutta la vicenda è finita in un tunnel senza sbocco. Ora quale tribunale, quale corte di giustizia può assumersi la responsabilità di togliergli il 41 bis se poi c'è il rischio che nel nome di Cospito vengano perpetrati altri crimini? E di contro come può la politica, di qualsiasi colore, trattare con chi fa seguire minaccia a minaccia in un eversivo gioco al rialzo?
In questi casi, proprio per evitare spirali tragiche, maggioranza e opposizione dovrebbero presentarsi unite. Quando si parla di terrorismo o di mafia ci dovrebbe essere una sorta di automatismo che garantisca la coesione delle forze politiche presenti in Parlamento e delle istituzioni. Quell'automatismo che ci ha salvato negli anni di piombo delle Br e durante le stragi di Cosa Nostra. Ecco perché colpisce il silenzio o la diffidenza con cui la sinistra, a cominciare dal Pd, ha commentato questa escalation: da quelle parti è stato chiesto al ministro dell'Interno di chiarire (Serracchiani) o si è data tutta la responsabilità alla «deriva della destra autoritaria» (Orlando). E naturalmente l'opposizione è tornata alla carica del sottosegretario Andrea Delmastro, che ha ricevuto un avviso di garanzia per violazione del segreto istruttorio per aver rivelato le intercettazioni tra Cospito e alcuni mafiosi.
Ora, il principale dei problemi, con tutto il rispetto, non è il sottosegretario di Fratelli d'Italia, visto che dopo aver investito della questione la magistratura saranno i giudici a decidere. Semmai, appunto, a preoccupare è l'acuirsi della tensione. Anche perché, messe così le cose, lo Stato non può cedere di fronte a nuove minacce se vuole evitare che i casi Cospito con tanto di derivati si moltiplichino nel Paese. Senza scadere nella retorica, c'è un problema di responsabilità, di interesse nazionale, insomma, di ragion di Stato, per usare una vecchia espressione ormai démodé, che va salvaguardato.
E duole constatare che i nipotini di due partiti che a questi argomenti hanno sacrificato molto, come la Dc o il Pci, siano del tutto alieni a queste tematiche. Forse sono cambiati i tempi, ma forse c'è pure un declino della classe dirigente.
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