Cronache

Latina, per corruzione elettorale 25 arresti contro il clan rom Di Silvio

Arrestate 25 persone appartenenti al clan sinti Di Silvio, stretti parenti dei Casamonica e degli Spada. Per ogni voto dirottato intascavano 30 euro

Latina, per corruzione elettorale 25 arresti contro il clan rom Di Silvio

Operazione antimafia a Latina. Arrestate 25 persone appartenenti al clan sinti Di Silvio, stretti parenti dei Casamonica e degli Spada. Per ogni voto dirottato intascavano 30 euro. I loro complici alle urne? Tossicodipendenti minacciati, se non avessero obbedito, di rimanere a secco di droga.

Elezioni “inquinate” a Latina e a Terracina, estorsioni ai danni di imprenditori edili, avvocati, commercianti, spaccio di droga, armi, violenza privata, favoreggiamento, intestazione fittizia di beni, riciclaggio. Il tutto secondo modalità di stampo mafioso. Denaro a fiumi quello gestito dai Di Silvio, eppure dei 25 soggetti appartenenti alla famiglia rom più potente del sud pontino, nessuno aveva un lavoro stabile. Anzi, nessuno lavorava o aveva mai lavorato.

Nonostante questo i Di Silvio conducevano una vita a dir poco agiata: appartamenti, potenti automobili, denaro e gioielli. Un’operazione importante, chiamata dagli inquirenti “Alba Pontina”, quella conclusa stamattina nelle abitazioni degli indagati. Un lavoro investigativo, quello delle questure di Roma e Latina, portato avanti grazie al muro di omertà rotto dalle dichiarazioni di un pentito, poi seguito da molti altri. Un collaboratore di giustizia, il primo, fondamentale per la Direzione Distrettuale Antimafia della capitale e che ha permesso di entrare negli affari più sporchi della famiglia rom. In manette il capostipite, Armando Di Silvio detto “Lalla” e la sua compagna, Sabina De Rosa. A lui il compito di comandare sull’intera banda e organizzare estorsioni e approvvigionamento di eroina e cocaina, a lei quello di coordinare il lavoro delle “operaie della droga”. Angela, Giulia, Genoveffa Sara Di Silvio e Francesca De Rosa, sono incaricate di tagliare, confezionare e distribuire le dosi di “roba”. Secondo la Procura antimafia, all’interno dell’organizzazione, poi, c’erano i “soldati dello spaccio”, altri 7 cavalli, tra cui tre magrebini, che gestivano e controllavano le piazze di Latina, Aprilia e di alcune cittadine pontine.

L’impianto accusatorio si basa soprattutto sull’utilizzo di presidi tecnici, sistemi di videosorveglianza, intercettazioni ambientali nelle abitazioni di via Muzio Scevola e nella zona dei pub di via Neghelli a Latina. È con le elezioni amministrative del 2016 per il rinnovo dei consigli comunali di Latina e di Terracina che i Di Silvio entrano anche in affari con i colletti bianchi della politica locale. Per la modica somma di 30 euro a ogni preferenza, la gang assicurava a questo e a quel candidato dei due comuni pontini un voto su cui contare. Gli elettori? Tossicodipendenti, loro clienti, che si recavano ai seggi elettorali sotto la minaccia di non avere più la dose giornaliera di droga. “Metti una croce su questo candidato o resti a bocca asciutta per un bel pezzo” dicevano suggerendo il personaggio da votare. Subito dopo i tossici venivano privati delle tessera elettorale, prova dei voti raccolti.

Secondo gli uomini della squadra mobile di Roma e di Latina un’operazione fondamentale: “Per la prima volta in territorio pontino viene riconosciuta l’esistenza di un’associazione mafiosa autoctona, non legata a gruppi criminali siciliani, calabresi o campani”. Un gruppo criminale agguerrito, quello dei Di Silvio, dalla struttura solidissima a geometria variabile, fondata non solo sui legami familiari, ma alimentata con l’innesto di criminali già affermati, spesso già appartenenti a gruppi rivali. Le estorsioni di denaro venivano mascherate con operazioni di recupero crediti, il tutto segnato da modalità violente e vessatorie nei confronti di imprenditori e commercianti, costretti a versare loro sistematicamente diverse somme di denaro. Fra le vittime gli appartenenti all’ordine degli avvocati di Latina: alla fine del 2016 le estorsioni nei loro confronti diventano talmente preoccupanti da indurre l’Ordine a pubblicare una lettera a tutti gli iscritti, esortandoli a denunciare tali circostanze e a collaborare con la polizia. Ufficialmente, il modus operanti è quello della banda della Magliana, le estorsioni erano finalizzate a ottenere soldi per il sostentamento dei sodali in carcere e delle loro famiglie.

A riscuotere le estorsioni una donna, Francesca Zeoli, 33 anni, convivente di Riccardo Agostino. Fra gli episodi più significativi circa la sottomissione di un’intera città ai Di Silvio, un’estorsione portata avanti dalle donne del clan, Sabina De Rosa e Sara Genoveffa Di Silvio, rispettivamente moglie e figlia di Armando Di Silvio. Vittima una donna incinta, titolare di un negozio di casalinghi. Dalla poveretta le donne del boss pretendono di appropriarsi della merce a proprio piacimento, pagandola un prezzo “a piacere” e di gran lunga più basso di quello effettivo. Altri appartenenti al clan, tra i quali un sorvegliato speciale, gestiscono la propaganda elettorale in favore di alcuni candidati affiggendo i loro manifesti elettorali e imponendo la prevalenza di questi contro i loro avversari.

“È emerso, dunque, uno spaccato preoccupante di spartizione criminale delle attività elettorali - spiegano in Procura - attraverso la quale i Di Silvio sono riusciti a monopolizzare la propaganda di molti candidati imponendo i propri servizi, altre volte vendendo consensi degli elettori residenti nelle zone della città ricadenti sotto il loro controllo”. Secondo il pentito, i manifesti elettorali erano nascosti in una stalla non lontana dall’abitazione di Armando, nel quartiere Campo Boario. Ad affiggerli Gianluca D’Amico e Matteo Lombardi. Durante un’intercettazione Gianluca Di Silvio, figlio di Armando, afferma di essere stato pagato per acclamare un candidato durante un comizio. Lo stesso Armando, infine, acquista un terreno a Borgo Isonzo ma lo intesta prima a Federico Arcieri poi, alla stipula del contratto, a Daniele Coppi, indagato, per eludere la legge in materia di prevenzione patrimoniale. In carcere, fra gli altri, Armando, Ferdinando Pupetto, Gianluca e Samuele Di Silvio, Federico Arcieri, Agostino Riccardo e Sabina De Rosa.

Le accuse secondo l’ordinanza di custodia cautelare in carcere: “Associazione a delinquere di stampo mafioso, secondo l’articolo 416 bis comma 1, aggravata dalla disponibilità di armi, per essersi associati stabilmente tra loro, in qualità di promotori Armando Di Silvio e Agostino Riccardo, e di partecipare gli altri, ognuno con proprie funzioni, in modo da assicurare la strumentalità e il coordinamento delle varie attività volte all’illecito, al fine di costituire, promuovere, dirigere e organizzare un’associazione finalizzata a una pluralità di delitti tipici delle organizzazioni mafiose, avvalendosi dell’opera e degli strumenti necessari alla compiuta predisposizione ed esecuzione delle operazioni criminose”.

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