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L'incognita spread che pesa su Draghi

Il direttore de Il Giornale ha rilevato che lo spread, cioè il divario del tasso di interesse sul nostro debito pubblico rispetto a quello medio degli altri Paesi dell'euro, ha ripreso a salire, sia pure di poco

L'incognita spread che pesa su Draghi

Il direttore de Il Giornale ha rilevato che lo spread, cioè il divario del tasso di interesse sul nostro debito pubblico rispetto a quello medio degli altri Paesi dell'euro, ha ripreso a salire, sia pure di poco. E proprio dopo la conferenza stampa del 23 dicembre del premier Mario Draghi.

Può essere il segnale che sta emergendo un peggioramento pericoloso, capace di generare una crisi fiscale dell'Italia? La domanda non è affatto peregrina. Molti argomenti rendono purtroppo realistica la risposta positiva, che sta nel fatto che la legge di bilancio in discussione per l'anno prossimo e per il triennio non è più valida. Per vari fattori: in primo luogo la variante Omicron del Covid, che potrebbe trasformarsi in Omega, cioè nel dramma fiscale finale. Omicron genererà una riduzione marcata del Pil di tutti i Paesi. Una riduzione «esogena», cioè dovuta a fattori esterni, che non dipendono da noi. Anche in Italia a causa di Omicron il Pil avrà un minore tasso di crescita, che non può essere controllato con l'efficienza nelle vaccinazioni da parte del generale Francesco Paolo Figliuolo. Tale minore crescita di tutti i Paesi, in diverse misure, comporta per noi esportatori una minore domanda globale. La Omicron inoltre blocca i flussi turistici verso l'Italia, mettendo ulteriormente in crisi tutto il settore e il suo indotto. A ciò si aggiungono fattori «endogeni», in relazione alle scelte che facciamo noi per reagire alla Omicron.

Se si adottassero misure molto severe si metterebbero in crisi intere Regioni, ma si ridurrebbero i contagi e si uscirebbe dal tunnel forse a metà 2022. Se si evitasse la crisi adesso, il virus si propagherebbe di più e ci sarebbero più problemi nel 2022. In entrambi i casi il Pil 2022 subirà un taglio. L'immissione di liquidità da parte della Bce e dei governi con i deficit di bilancio, assieme al caro-energia, ha generato un tasso di inflazione del 4%. Che provoca un rincaro Irpef del 6%, perché ogni punto di inflazione inasprisce l'imposta progressiva dell'1,5. La pressione fiscale aumenterà anche a fronte della recente revisione delle aliquote. Non sappiamo ancora gli effetti sulla spesa pubblica.

Ma lo spread è aumentato poco perché c'è Draghi al comando del governo. Fu lui, a suo tempo, a salvare l'euro. Ora secondo i mercati finanziari può salvare noi dalla crisi fiscale. I mercati finanziari si reggono sulla fiducia nei leader capaci di azioni come il whatever it takes, tutto quello che serve e che c'è.

Se Draghi rimane a Palazzo Chigi, rinunciando alla tentazione del Quirinale, avrà compiuto due imprese storiche: salvare l'euro e salvarci dalla crisi fiscale.

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