
Come membro di una delle 373.784 coppie che nel lontano 1975 hanno avuto "l'audacia" di unirsi in matrimonio (e oggigiorno gli "audaci" sono diventati circa la metà) mi dichiaro in procinto di festeggiare il traguardo delle nozze d'oro. Mezzo secolo insieme non è cosa da poco. È la testimonianza di sentimenti costanti, della capacità di superare le inevitabili difficoltà; di mantenersi fedeli a un progetto/modello (la famiglia) che, oltre a rispondere al benessere degli individui, garantisce funzioni sociali a favore dell'intera collettività. E per questo meriterebbe forse una maggiore attenzione da parte di tutti.
C'è chi pensa che arrivare alle nozze d'oro sia solo una questione di fortuna. È ben vero che conta indubbiamente restare in salute, ma è altrettanto fondamentale dimostrarsi capaci di perseguire con tenacia, dedizione e talvolta sacrificio, un percorso di condivisione della vita di coppia. Un iter che è inevitabilmente accompagnato da grandi e continue trasformazioni, di noi stessi e del mondo che ci circonda.
Da questo punto di vista si può dire che non siano certo mancati nel nostro Paese, durante il mio mezzo secolo di vita di coppia, importanti cambiamenti sempre più intensi e veloci, tanto nei processi di formazione e dissoluzione delle famiglie italiane quanto nella ridefinizione dei loro assetti strutturali. Cambiamenti che vanno per altro accentuandosi allorché ci si spinge a prefigurare gli scenari futuri alla luce delle ultime previsioni Istat.
I dati presentati dall'Istat - a corredo delle stime sulla popolazione residente - accreditano la prospettiva di un moderato incremento delle unità familiari (da 26,5 milioni nel 2024 a 27,2 nel 2040) accompagnato da un forte aumento delle persone sole: le così dette "famiglie unipersonali" (oltre un milione in più nell'arco di vent'anni). Sia come conseguenza di una crescente presenza di anziani più longevi e più esposti alla condizione di vedovanza sia per effetto dell'impennata di separazioni e divorzi, che già oggi (se li si somma) pareggiano il totale dei matrimoni, e non sono necessariamente sempre motivati da una nuova unione (coniugale e non).
Negli scenari proposti dalle previsioni Istat si recepisce altresì l'allungamento dei tempi di transizione all'età adulta, nell'ambito di una realtà giovanile che fatica a raggiungere quelle condizioni economiche e logistiche che stando ai parametri del nostro tempo consentirebbero l'avvio di una vita indipendente dal nucleo familiare originario. In tal senso i giovani 25-39enni residenti in famiglia in qualità di "figli" sono stimati passare, nel prossimo ventennio, da 249mila a 313mila (+26%).
La progressiva diffusione di nuove modalità di formazione e le criticità di sviluppo delle unità familiari, specie sul fronte della bassa natalità, sono fattori destinati ad alimentare la crescita di chi vive in una coppia senza figli (+10,1%), così come quella di chi è in un nucleo monogenitore con figli meno che ventenni. Ciò vale soprattutto per i padri (+23,3%), mentre la corrispondente crescita delle madri, che mantengono comunque in valore assoluto una posizione dominante, si limita al 2,6%.
Il futuro della famiglia italiana sembra dunque procedere senza ripensamenti lungo le linee di quel percorso demografico, avviato da tempo, nel cui contesto il cambiamento nei processi (e nei tempi) di formazione dei modelli familiari rischia di portare con sé un indebolimento dei legami di coppia. Il che renderebbe raggiungere l'obiettivo degli anniversari di matrimonio (o semplicemente di vita dell'unione) sempre più difficile e a rischio di arresto.
In conclusione, se un tempo pensavamo che l'allungamento della vita avrebbe offerto a molti l'opportunità di arrivare ai 50 anni dell'oro o persino ai 75 del platino, mi sa
che le future generazioni, viste le tendenze appena delineate nel rapporto dell'Istat, dovranno accontentarsi di metalli assai meno preziosi. Lo stagno (10 anni) o al più l'argento (25 anni) sarebbero già un buon risultato.