Vincere per durare

Era nell'aria, ma un conto sono i sondaggi, un altro i voti e ora sembra che anche nelle urne il centrodestra abbia vinto

Vincere per durare

Era nell'aria, ma un conto sono i sondaggi, un altro i voti e ora sembra che anche nelle urne il centrodestra abbia vinto. Si vedrà quali saranno gli equilibri all'interno della coalizione di governo, ma intanto i protagonisti della nuova stagione devono essere consapevoli che il compito che si troveranno di fronte non è semplice. Anzi, a guardare i numeri dell'economia e la situazione internazionale, i polsi tremerebbero a chiunque. Visto che non mancherà chi in Italia e fuori scommetterà sulle liti interne e sulla disgregazione della nuova maggioranza, è evidente che l'elemento essenziale per durare sarà la compattezza dello schieramento.

Sicuramente il voto ha mutato la geografia del centrodestra italiano, ma sbaglierebbe chi pensasse di non dare il giusto valore a tutte le componenti interne. Ad esempio, se rispetto al passato l'area centrista e moderata dell'alleanza, dal punto di vista dei consensi, pesa di meno, potrà sembrare un paradosso ma sul piano politico - rapporti internazionali, con le istituzioni e con gli ambienti economici - avrà un ruolo ancora più importante: uno può pensarla come vuole, ma questa componente è una garanzia insostituibile agli occhi della Nato e di Bruxelles. Senza contare che i seggi di Forza Italia, tanti o pochi che siano, sono indispensabili per mettere in piedi un governo e, soprattutto, per farlo durare.

Ecco perché il nuovo premier, probabilmente Giorgia Meloni, dovrà ragionare non più come capo di partito, ma come leader della coalizione. Non è una metamorfosi di poco conto. Silvio Berlusconi è riuscito a rapportarsi con attenzione e pazienza ai suoi alleati, salvaguardando e valorizzando l'identità di ognuno. Ha rotto solo di fronte al tradimento (Fini). E in questo modo è durato trent'anni. Ora bisognerà vedere se i suoi successori avranno le sue stesse doti, ben sapendo che, a differenza di quello che avviene per il centrosinistra, al centrodestra non fa sconti nessuno. Ecco, il nuovo inquilino - pardon la nuova inquilina, se Mattarella sarà di questo parere -, deve sapere che a chi ha una storia di destra nessuno perdona niente. Neppure i peccati veniali. Ragion per cui la lealtà e la solidarietà può trovarle solo all'interno dell'alleanza, non fuori. Tanto più che il voto consegna un Paese diviso in due: il centrodestra vince perché ha una maggiore attitudine, appunto, a compattarsi, mentre gli avversari sono allergici alla mediazione e al compromesso, sono inabili a trovare un punto di incontro; ma, in voti assoluti, se si sommano le tre anime dell'opposizione - cioè Pd, 5 Stelle e terzo polo -, i due bacini si equivalgono. Per cui il centrodestra vince per meriti suoi, ma anche per demeriti degli altri.

Inoltre il voto dimostra che anche la politica in Italia è in piena evoluzione. Sembra che nulla cambi, invece non è così. Dal centrodestra siamo passati al destracentro, ma nel frattempo quella miriade di sigle in cui si scompone l'arcipelago centrista, sommate, dimostrano che c'è uno spazio in mezzo non indifferente che potrebbe diventare determinante sul piano politico.

Sono tutte ragioni che dovrebbero spingere quindi chi guiderà da Palazzo Chigi il prossimo governo di centrodestra a salvaguardare, ad assecondare l'unità perché la vera scommessa in queste elezioni non è mai stata quella di battere una sinistra divisa, ma di vincere per durare. Anche perché, con le sue contraddizioni, le sue deficienze strutturali, i suoi sbagli, l'Italia se non duri non la cambi.

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