Coronavirus

Lite a sinistra. E Salvini cede: il 90% dei leghisti è per l'obbligo

Rilevazione riservata: il 90% degli elettori leghisti al Nord è per l'obbligo vaccinale. L'asse tra l'ex Bce, Giorgetti e Bonomi. Il premier: green pass decisivo per il Paese.

Lite a sinistra. E Salvini cede: il 90% dei leghisti è per l'obbligo

Prima i sondaggi riservati commissionati dalla Lega per capire davvero l'umore del suo elettorato. Poi il pressing insistito di Confindustria, con una triangolazione diretta tra Mario Draghi, Giancarlo Giorgetti e Carlo Bonomi. Difficile dire cosa abbia inciso di più sul nuovo approccio di Matteo Salvini. Di certo, c'è che nel giorno in cui il Consiglio dei ministri approva all'unanimità il super green pass esteso a tutti i lavoratori (pubblico e privato), il leader del Carroccio ripone l'artiglieria pesante e preferisce muoversi sottotraccia.

L'ex ministro dell'Interno, è vero, ribadisce che ci vuole «equilibrio tra il diritto alla salute e il diritto al lavoro» e insiste sulla bontà del tampone, che definisce «l'altra via» rispetto al certificato verde. Ma la sua è una presa di distanza quasi d'ufficio di fronte al decreto varato dal Consiglio dei ministri che, di fatto, impone erga omnes l'obbligo del green pass. Non a caso, durante tutta la giornata Salvini preferisce parlare d'altro: dal nucleare a quota 100, passando per il reddito di cittadinanza e arrivando all'immancabile polemica quotidiana con il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese. D'altra parte, la rilevazione riservata commissionata nei giorni scorsi dal Carroccio a Swg è implacabile: il 90% degli elettori della Lega al Nord non solo è favorevole al certificato verde, ma è addirittura per l'obbligo vaccinale. Un risultato che lascia pochi margini di manovra a Salvini, costretto a piegarsi non solo a Draghi ma anche alle insistenze di Giorgetti e dei governatori del Carroccio, capitanati dal veneto Luca Zaia.

Anche il Consiglio dei ministri, dunque, fila liscio come era nelle previsioni. Draghi spiega che l'estensione del certificato verde a tutti i luoghi di lavoro è un «passaggio fondamentale per riportare il Paese alla normalità». Non è un mistero, d'altra parte, che il premier lo consideri il volano per riuscire a raggiungere la soglia del 90% di vaccinati prima che arrivi l'inverno, rendendo di fatto superfluo l'obbligo vaccinale. Ed è questo il ragionamento che l'ex numero uno della Bce ripete quando Giorgetti chiede lumi sull'ipotesi di tamponi gratuiti per i lavoratori sprovvisti di green pass. Una richiesta più di forma che con la reale speranza di ottenere qualcosa, tanto che il ministro leghista premette di parlare «a nome del partito». La gratuità del test, è infatti la convinzione di Draghi, contraddice l'essenza stessa del certificato, che perderebbe la sua forza di incentivo al vaccino. Tutte considerazioni, peraltro, che il ministro dello Sviluppo condivide, tanto che proprio lui - insieme a Draghi - si è speso negli ultimi giorni in una interlocuzione a tre con Bonomi. Il presidente di Confindustria, infatti, ci ha tenuto a rappresentare con una certa insistenza la volontà del mondo delle imprese, assolutamente d'accordo sull'introduzione del super green pass.

Come già aveva deciso da qualche giorno, terminato il Consiglio dei ministri, Draghi sceglie di non tenere alcuna conferenza stampa. Le domande sarebbero state tutte su Salvini e non sarebbe stato facile silenziare una contrapposizione che è non solo evidente, ma soprattutto fattuale. Davanti ai giornalisti, quindi, si presentano per fare il punto i ministri Renato Brunetta (Pubblica amministrazione), Mariastella Gelmini (Affari regionali) e Andrea Orlando (Lavoro). Manca all'appello Giorgetti, perché - spiega a un collega di governo - «mi farebbero domande solo su Salvini». Mentre è della partita Roberto Speranza, nonostante lo scontro con Dario Franceschini sull'allargamento della capienza massima di teatri e cinema. Davanti alle insistenze del ministro della Cultura, infatti, il titolare della Salute ha ribattuto che «è ancora presto» e «bisogna attendere qualche settimana per vedere come il Paese regge all'apertura delle scuole». Un confronto che i presenti hanno raccontato teso, anche perché i due sono sempre stati entrambi sostenitori della linea rigorista. Ma che Speranza minimizza durante la conferenza stampa: «C'è piena sintonia nel governo, in particolare con Franceschini, con il quale abbiamo sempre condiviso tutte le scelte essenziali».

Adalberto Signore

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