Cronache

L'omicidio di Simonetta, il mistero e l'alibi: "Atteggiamento maniacale"

Dopo 32 anni ripartono le indagini sul delitto di via Poma. Tra i sospettati spunta il nome di un avvocato. "Aveva atteggiamenti maniacali", riferisce una testimone

L'omicidio di Simonetta, il mistero e l'alibi: "Atteggiamento maniacale"

Ci sono voluti 32 anni prima che qualcuno si facesse avanti e rivelasse informazioni utili alle indagini sull'omicidio di Simonetta Cesaroni. E ora quel momento sembrerebbe essere arrivato anche se, com'è giusto che sia, è ancora troppo presto per tirare le somme. Una donna avrebbe confidato all'allora capo degli investigatori, Antonio Del Greco, "notizie attendibili" sull'alibi di un avvocato che, fino ad oggi, era stato escluso dall'elenco degli indagati. Stando a quanto riporta il quotidiano La Repubblica si tratterebbe dell'avvocato Fancesco Caracciolo di Sarno, il presidente regionale degli Ostelli della Gioventù, gli uffici al civico 2 di via Poma dove la 20enne capitolina fu ritrovata senza vita, e con il corpo trafitto da 29 fendenti, la sera del 7 agosto 1990.

La riapertura delle indagini

Tutta comincia nel 2020. Il superpoliziotto Antonio Del Greco, autore con il giornalista Massimo Lugli di un libro ispirato all'omicidio di Simonetta Cesaroni, riceve una segnalazione riguardante un teste ascoltato in Procura durante la prima fase dell'inchiesta sul delitto di via Poma. A riferire l'indiscrezione, vera o presunta, è una ex collaboratrice dell'avvocato Francesco Caracciolo di Sarno, il presidente regionale degli Ostelli della Gioventù, gli uffici presso cui Simonetta disbrigava alcune pratiche contabili per la società di commercialisti Re.Li. La donna avrebbe fornito alcune dichiarazioni che, trentadue anni dopo l'omicidio, farebbero scricchiolare l'alibi del nuovo sospettato. Le informazioni - al momento ritenute "attendibili" - sono state riportate da Del Greco al legale della famiglia Cesaroni, l'avvocato Federica Mondonico, che ha quindi deciso di trasmetterle in Procura. Da qui, la scelta dei magistrati di Piazzale Clodio di avviare degli accertamenti che, forse, potranno scrivere la parola fine su uno dei cold case italiani più intricati dell'ultimo cinquantennio di cronaca nera.

Chi è il sospettato

Mai indagato, mai nessuna denuncia. Una fedina penale illibata e una carriera modesta. Quando l'avvocato Caracciolo, al tempo, fu chiamato in aula a testimoniare dichiarò di non aver mai conosciuto Simonetta. "Nel 1996 "seduto in procura davanti al procuratore aggiunto Italo Ormanni e il pm Settembrino Nebbioso" - scrivono i giornalisti Giacomo Galanti e Andea Ossino di La Repubblica - Caracciolo racconta di essersi rivolto ai titolari della ditta Re.Li per chiedere se ci fosse una persona disposta a ricoprire un incarico temporaneo riguardo alla contabilità degli Ostelli. "Mi venne comunicato che quell’impegno poteva essere assunto dato che era stata individuata una ragazza che seppur non molto pratica del settore avrebbe potuto seguire quel tipo di lavoro", avrebbe precisato l'avvocato ai magistrati sostenendo di non sapere "neppure in quanti e quali giorni questa ragazza andasse negli uffici di via Poma e se vi andasse il pomeriggio". Una versione ritenuta veritiera dal momento che, per quanto paradossale possa sembrare, nessuno sapeva dove lavorasse Simonetta. Per certo nulla che gettasse ombre su Caracciolo che, peraltro, aveva un alibi di ferro per quella sera del 7 agosto. Raccontò di aver accompagnato la figlia e le amiche in aeroporto, circostanza poi fu confermata dalla ragazza. Ma fu davvero così che andarono le cose?

"Poi ti dirò come sono andati i fatti"

Nel 2005 la portiera dello stabile dove viveva l'avvocato, a pochi passi da via Poma, riferì agli inquirenti di averlo visto rientrare attorno alle ore 18 "in compagnia di un altro uomo che non avevo mai visto prima...non ho avuto più modo di vedere l’avvocato ma non escludo che lo stesso possa essere uscito senza che io lo abbia visto". E non è l'unica testimonianza che getta ombre su Caracciolo. Nel 2010 la collega di Simonetta giurò ai magistrati di aver sentito l'uomo pronunciare una frase: "Quando tutto sarà finito, poi ti dirò come stanno i fatti". In aula l'avvocato si giustificò in modo sommario, minimizzando il senso dell'affermazione. "È una frase che io posso avere benissimo detto, questo è il punto, soltanto mi riferivo a una ovvietà, a una situazione che... è una deduzione che... che era ovvia... data la rilevanza che era stata data a tutto quel processo". E ancora: "Io non so se l’ho detta". Infine ci sarebbe la frase pronunciata da Volponi, il datore di lavoro di Simonetta, davanti al corpo martoriato della ragazza: "bastardo", sarebbero state le sue parole.

Quel verbale misterioso

Tra decine di faldoni e testimonianze c'è un verbale riguardante Caracciolo redatto da un agente della Digos. Due pagine fitte che oggi, alla luce delle nuove indiscrezioni, assumono notevole significanza. "Sarebbe noto fra gli amici per la dubbia moralità e le reiterate molestie arrecate a giovani ragazze, - scrive il poliziotto - episodi che seppure a conoscenza di molti non sarebbero mai stati denunciati grazie anche alle "amicizie influenti" dallo stesso vantate". Poi spiega che ha saputo: "Il giorno del delitto, pressappoco nell'ora riportata dai media come quella presunta dell'omicidio, l'avvocato sarebbe rientrato affannato e con un pacco mal avvolto presso la propria abitazione", quindi si sarebbe allontanato con una "grossa borsa". Caracciolo dopo la riapertura del caso, sarebbe stato "oltremodo agitato e preoccupato, tanto da assumere atteggiamenti maniacali". Posto che abbia avuto un segreto da nascondere, per certo "l'avvocato dei misteri" lo ha portato con sé nella tomba.

Al cimitero di Tarano, dove è seppellito da sei anni.

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