Coronavirus

Chi guarisce ha ancora i sintomi. È allarme per il "long Covid"

La sindrome "long Covid" colpisce i guariti anche mesi dopo la fine della malattia: da gusto e olfatto alla depressione, ecco quali sono i sintomi e le cure che si stanno per mettere a punto

Chi guarisce ha ancora i sintomi. È allarme per il "long Covid"

Dal maledetto Covid-19, in alcune occasioni, non si guarisce del tutto neanche quando si è guariti: significa che il virus lascia in eredità pesanti strascichi nell'organismo di chi è stato colpito dall'infezione anche a distanza di alcuni mesi dalla fine della positività.

Dove colpisce "long Covid"

Poco tempo fa ci siamo occupati (clicca qui per l'articolo) di due studi, uno francese e l'altro americano, che hanno confermato conseguenze neurologiche a lungo termine anche da chi è stato colpito dal virus soltanto in maniera lieve: i sintomi più frequenti hanno riguardato strascichi sulle capacità mentali con perdita di memoria e difficoltà di concentrazione. È quella che gli studiosi chiamano "sindrome long Covid" che può durare anche alcuni mesi causando affaticamento, mancanza di respiro, perdita di gusto e olfatto.

Cosa dicono i primi studi. Un'importante ricerca pubblicata sulla rivista britannica Bmj Journals è stata condotta su 384 individui ricoverati in ospedale con la malattia ed ha mostrato come il 53% di essi sia rimasto senza fiato durante una valutazione di follow-up uno o due mesi dopo, con il 34% che ha avuto la tosse ed il 69% ha riferito di avere un'affaticamento. Lo studio più recente, però, è quello appena pubblicato sulla prestigiosa rivista The Lancet su 1.733 pazienti con Covid dimessi da un'ospedale cinese a Wuhan, epicentro della pandemia. Ebbene, sei mesi dopo l'insorgenza della malattia, il 76% di loro ha riportato almeno un sintomo che persisteva: il più frequente era relativo ad affaticamento e debolezza muscolare. Inoltre, più del 50% presentava anomalie al torace indipendentemente dalla gravità della malattia. Questi risultati sono coerenti con quelli di piccoli studi precedenti che riportavano anomalie di diffusione radiologica e polmonare persistenti in una proporzione considerevole di pazienti colpiti dal virus anche tre mesi dopo la dimissione dall'ospedale.

"Gusto e olfatto compromessi per mesi"

"Oltre ai sintomi neurologici già citati, anosmia (non sentire gli odori) e geusia (quando non si sentono i sapori) sono una conseguenza a lungo termine del Covid abbastanza importante perché persistono anche dopo tanti mesi. Recentemente ho incontrato un paziente per un follow-up e da marzo ad oggi, dopo quasi un anno, non ha recuperato alcuna capacità di sentire gli odori ed i profumi", ha detto in esclusiva per ilGiornale.it il Prof. Marco Falcone, ricercatore di Malattie Infettive all'Università di Pisa, in forza all'Unità operativa dell'Aoup e membro del consiglio direttivo della Simit (Società italiana di malattie infettive e tropicali). Quindi, uno dei primi campanelli d'allarme quando si contra il virus, purtroppo, può rimanere anche mesi dopo dalla guarigione. "È legato ad un danno diretto del virus sulle cellule nervose che regolano l'olfatto e, purtroppo, molti danni possono essere irreversibili. Potrebbe essere che, ad alcuni di questi malati, possano avere questo tipo di conseguenza", aggiunge il ricercatore.

Danni ai polmoni

Come ormai sappiamo, l'organo che in assoluto il Covid danneggia maggiormente sono i polmoni con le relative polmoniti interstiziali nelle forme più gravi. In un approfondimento degli scorsi mesi abbiamo intervistato uno pneumologo (qui l'intervista integrale) che ci ha spiegato come sia a rischio la mucosa dei bronchi dove il virus si attacca provocando una reazione infiammatoria comune anche ad altri virus respiratori ma, in questo caso, molto più forte. L'entità della reazione infiammatoria può dar luogo a forme leggere di bronchite o broncopolminiti senza particolari complicanze respiratorie, oppure può portare a broncopolmoniti interstiziali, che colpiscono i "muri" dell'albero respiratorio.

Il problema, però, può persistere anche dopo la guarigione ed i polmoni potrebbero rimanere compromessi a lungo termine. "Abbiamo delle conseguenze anche livello polmonare, alcuni pazienti sviluppano la 'sindrome restrittiva' in cui il polmone va incontro ad una fibrosi: la polmonite, quando è particolarmente grave, provoca una cicatrizzazione in alcune aree del polmone. La conseguenza è che il polmone non si espande più in maniera corretta. Alcuni con polmoniti gravi, che sono stati intubati ed hanno avuto una gravissima forma respiratoria, possono avere una funzionalità respiratoria minore rispetto a quanto avessero prima del Covid", ci ha detto il ricercatore.

Stanchezza cronica

Una delle sindromi più comuni osservate su ex pazienti Covid è la stanchezza, un affaticamento che può durare tanti mesi indipendentemente dalla gravità della malattia. Ad un primo studio pubblicato su Nature su 143 persone dimesse da un ospedale di Roma che ha rilevato come il 53% aveva riportato stanchezza ed il 43% aveva mancanza di respiro, in media, due mesi dopo l'inizio dei sintomi, se n'è aggiunto un altro molto significativo pubblicato sulla rivista scientifica Plos One dove oltre la metà dei partecipanti ha riportato un affaticamento persistente alcuni mesi dopo i sintomi iniziali della malattia. La causa scatenante di tutto, però, ancora non si conosce.

"Questa sindrome non è stata ancora capita: il motivo per cui alcuni pazienti continuino a manifestare questa profonda stanchezza anche dopo mesi dalla malattia non si sa. Gli studi stanno cercando di capire se esistono alterazioni, di qualsiasi natura, che possano giustificare questa situazione", ci ha detto Falcone. C'è da dire che questi pazienti sono da considerarsi ormai ex malati perché, dal punto di vista clinico, sono considerati sani nonostante la profonda stanchezza che li accompagna da mesi. "Alcuni hanno difficoltà a riprendere l'attività lavorativa ma quale sia il meccanismo di base è complicato da dire. Alcuni studiosi ipotizzano una forte componente psicologica che influenza lo stato delle cose".

affaticamento post Covid

Depressione post-Covid

Se ne parla in maniera poco diffusa ma una fetta della popolazione italiana ha sofferto, e non poco, il confinamento dei mesi iniziali. Per i positivi al virus costretti all'isolamento, è stato ancora più difficile superare la malattia, tant'è che si è sviluppata una sindrome depressiva post-Covid. "È un altro sintomo a lungo termine: molte persone, sia tra chi è predisposto a soffrire di questi disturbi ma anche tra chi non lo è, hanno sviluppato una forma depressiva dovuta alla malattia ma anche verso le restrizioni e confinamento dei mesi scorsi. Molti sono stati confinati in una stanza per 1-2 mesi perché ammalate e positive - ci ha detto Falcone - Il trauma è anche di natura psicologica e si è associato a forme piuttosto gravi tant'è che in Italia ci sono stati alcuni suicidi legati a questo motivo. Le visite negli ambulatori di psichiatria sono aumentate come forma depressiva post-Covid".

Stress, timore della malattia, chiusura in casa e lockdown, indipendentemente dalla malattia, sono stati vissuti da molta gente come un forte trauma che ha poi sviluppato questo tipo di sindrome. Ma c'è anche un problema sociale, non indifferente, che ha portato all'esclusione chi è stato infettato. "Aver avuto il Covid porta, le persone che stanno intorno, a considerarlo infetto: anche all'interno della famiglia la persona può sentirsi esclusa. Ci sono delle implicazioni psicologiche importanti su una malattia del genere: è importante, per questo motivo, che venga mantenuta la privacy dei malati e tutte le informazioni di salute altrimenti si possono mettere in atto dei comportamenti di esclusione non giustificati".

Esistono cure?

Guariti dal malattia ma con i sintomi post-Covid ancora ben presenti: cosa può fare questa categoria di persone? Esistono delle cure? "Alcuni centri di neurologia stanno studiando quali potrebbero essere le soluzioni ad anosmia e geusia sperando che cellule così delicate come quelle che regolano sapori e odori non siano state compromesse inevitabilmente; la sindrome depressiva viene curata con farmaci, terapia e psicoterapia mentre la fibrosi polmonare è l'aspetto un po' più critico. Sono in corso alcuni studi da esperti del settore per capire come evitare l'evoluzione fibrotica: ad oggi, il cortisone ed i corticosteroidi dovrebbero essere efficaci nel limitare questa evoluzione", sottolinea il Prof. Falcone.

"Il Covid rimane, ahinoi, una patologia ancora tutta da scoprire: alcune conseguenza a lungo termine non siamo ancora in grado di capirle, è una malattia nuova che si sta studiando in questo momento".

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