Coronavirus

"Kawasaki e polmoniti devastanti". Quel "long Covid" dei bimbi

Oltre la metà dei bambini colpiti dal Covid ha manifestato almeno un sintomo anche dopo 120 giorni dalla malattia. "Le varianti li stanno colpendo particolarmente, fare in fretta con i vaccini"

"Kawasaki e polmoniti devastanti". Quel "long Covid" dei bimbi

Anche se si ammalano di meno, il Covid nei bambini può avere risvolti di una certa gravità sia per la malattia in sé ma, soprattutto, per gli strascichi che l'infezione può lasciare tanti mesi dopo dalla guarigione.

"Long Covid": ecco lo studio italiano

Infatti, quello che gli specialisti chiamano "Long Covid" (cioè sintomi a lungo termine) colpisce anche la fascia d'età pediatrica (fino ai 14 anni) ed i restanti giovani fino ai 18 anni. I bambini affetti da questa problematica sono molto più numerosi di quanto si pensi: in tal senso, il primo studio che presenta evidenze di "Long Covid" è stato condotto in Italia dal Policlinico Gemelli di Roma tra marzo e novembre 2020 ed i risultati non sono affatto positivi. Infatti, ben il 52,7% ha manifestato almeno un sintomo 120 giorni dopo o più dopo la diagnosi (clicca qui per il lavoro originale). "A nostra conoscenza, questo è il primo studio che fornisce prove di Long Covid nei bambini. Più della metà ha riportato almeno un sintomo persistente anche dopo 120 giorni dal Covid-19, con il 42,6% indebolito da questi sintomi durante le attività quotidiane. Sintomi come affaticamento, dolori muscolari e articolari, cefalea, insonnia, problemi respiratori e palpitazioni erano particolarmente frequenti, come descritto anche negli adulti", scrivono i ricercatori.

Kawasaki e polmoniti, cosa sta accadendo

Anche se è vero che, in proporzione, i bambini si ammalano meno rispetto ad adulti ed anziani, in chi sviluppa l'infezione i segni possono essere duraturi nel tempo con sintomi di "Long Covid" come negli adulti. "I bambini si ammalano di meno rispetto agli adulti ed è un dato di fatto ma si ammalano e sapevamo che sarebbero stati, nel tempo, specie per la seconda e terza ondata, gli untori del domani. il virus circola all'interno delle scuole ma soprattutto all'interno delle famiglie, sono i nuclei familiari ad infettare il bambino e viceversa", afferma in esclusiva per ilgiornale.it il Prof. Giuseppe Mele, pediatra e Presidente della Società Italiana Medici Pediatri (SIMPE) che lancia l'allarme per quanto sta avvenendo tra i più piccoli. "La sintomatologia non è molto estesa ma i pochi dati a nostra disposizione dicono due cose: tra maggio e giugno 2020 c'è stato un aumento esponenziale delle sindromi di Kawasaki e sindromi simili. Si conosce ancora poco su quella sindrome e le sue origini ma una delle ipotesi è il Coronavirus", afferma Mele. La sindrome di kawasaki ha un andamento stagionale (primavera-estate) e colpisce i piccoli vasi come trombi e coronarie. Questa malattia rimane per tutta la vita ed i bambini sono seriamente compromessi nella loro situazione clinica. E poi, le varianti stanno facendo aumentare esponenzialmente i contagi e la malattia anche nei più piccoli. "La sintomatologia può essere estremamente complessa ed importante: le varianti stanno particolarmente colpendo i bambini e non solo in maniera paucisintomatica o sintomatica ma anche con sintomi piuttosto severi, con polmoniti interstiziali anche devastanti. Tutta la sintomatologia deve essere rivalutata, sia per quanto riguarda l'incidenza che la virulenza del Covid nei confronti della popolazione infantile. Questo è importante".

"Bambini con polmoniti interstiziali devastanti"

Con il Prof. Mele siamo tornati sullo studio del Gemelli in cui oltre la metà dei bambini tra 6 e 16 anni che contraggono il virus ha almeno un sintomo che dura più di 120 giorni e, tra questi, ben il 42,6% ha sintomi che compromettono lo svolgimento delle attività quotidiane. "Le varianti stanno colpendo maggiormente anche questa fascia d'età in maniera abbastanza imponente: anche il bambino ha polmoniti interstiziali devastanti con polmoni che riducono la loro funzionalità", afferma. Il virus li colpisce ed i sintomi a lungo termine si sono rivelati piuttosto complessi: "Mi riferisco non soltanto a mal di testa, febbricola, dolori muscolari o problemi gastrointestinali ma anche a problemi della normale attività quotidiana: disturbi della concentrazione, disturbi della memoria, disturbi di apprendimento e disturbi legati al sonno: tanti bimbi stanno cominciando ad avere insonnia, un po' per paura ed un po' per il virus. Non abbiamo una fotografia molto chiara ma questo è quello che stiamo riscontrando".

"Variante inglese il vero pericolo". Ma qual è la percentuale dei bambini che finiscono in un ospedale pediatrico? "I dati non li abbiamo ma l'incidenza non è altissima: per il momento è bassa ma bisogna vedere quanto incidono le varianti rispetto al virus iniziale. In questo senso, la variante inglese ha inciso sicuramente molto di più sulla popolazione infantile. Non avrebbe avuto senso chiudere le scuole se così non fosse: bisogna prendere provvedimenti per la sintomatologia che sta diventando sempre più importante. Parliamo di organismi in evoluzione, quale sarà il loro neurosviluppo e l'incidenza sulla fertilità di questi bambini? È un'evoluzione che non possiamo permetterci il lusso di aspettare per capire cosa potrebbe avvenire", sottolinea il Prof. Mele.

"Bambini esclusi dall'immunità di gregge"

Il vero problema è che i trials clinici per i vaccini sono generalmente condotti da 18 anni in su: soltanto l'azienda Moderna ha iniziato da pochissimo alcune sperimentazioni nella fascia d'età dai 6 mesi agli 11 anni. È ovvio che a breve termine non ci sarà nessun vaccino disponibile per gli 0-18 anni. Cosa potrà accadere alla luce anche delle varianti? "Può comportare problemi seri, stiamo creando un'immunità di gregge solo ed esclusivamente per alcune fasce d'età: i bambini sono esclusi dall'immunità di gregge quando, invece, la ricerca dovrebbe acceleare i suoi processi in funzione della sperimentazione clinica nella fascia pediatrica. Sarebbe come dimenticarsi di una fetta importante della popolazione, l'immunità di gregge si crea quando tutta la popolazione viene vaccinata e non soltanto una fetta, altrimenti rischiamo che il virus circoli soltanto in determinate fasce che possono trasmettere varianti o altro", denuncia il Presidente della SIMPE. "L'immunità di gregge si conquista se c'è il 95% della popolazione vaccinata, così si debella un virus, in quel caso c'è un'immunità vera".

"Bisogna fare in fretta". Altro che 75-80%, "magari si riuscisse a fare", afferma Mele, ma la sua idea di immunità di gregge è chiara. "Quando l'Oms ci dice che per il morbillo si deve arrivare ad una soglia del 95-96%, significa che sono quelle le soglie giuste e corrette, altrimenti sarà difficile ottenere la vera immunità di cui tanto si parla. Il 75% sarebbe auspicabile in questo momento ma, ripeto, rimane una fetta importantissima di popolazione che non viene vaccinata". Tutelare l'infanzia per tutelare tutti, è questo il grido di dolore della Società Italiana dei Medici Pediatri."Chiediamo che si faccia in fretta: la popolazione esclusa dalla ricerca deve essere immediatamente, e con urgenza, ripresa da questo punto di vista. Altrimenti, tutti quei sintomi incideranno e non poco sul neuro-sviluppo del bambino. Non possiamo aspettare a lungo".

Protocolli e cure: cosa fare

Quali sono le cure che i pediatri danno ai bambini sintomatici ma che, fortunantamente, possono rimanere a curarsi in casa? "Ci sono dei protocolli, cerchiamo di agire sulle linee di indirizzo che ci stanno inviando perché una cura chiara e precisa non esiste. La terapia prevede antinfiammatori come il paracetamolo, ibuprofene e, a volte, anche il cortisone ma non in prima battuta perché riduce le difese immunitarie. Va dato se l'infiammazione progredisce soprattutto a livello bronchiale". Ruolo molto importante lo svolge anche una particolare vitamina oggetto di dibattito nei mesi scorsi (qui un nostro pezzo). "Come pediatri, agiamo molto sulla prevenzione: in questo senso, l'utilizzo della vitamina D che non è esclusiva soltanto del primo anno di vita ma va estesa anche agli anni successivi, male non fa visto e riduce le infezioni respiratorie. Accanto a questa, ci sono tutte le terapie di supporto per i disturbi del sonno, i disturbi comportamentali e supporto psicologico".

Mascherine e distanziamento. La mascherina rimane sempre uno strumento molto efficace anche in pediatria. "L'appello è di continuare a metterla e non abbassare la guardia", ci dice il pediatra. Accanto a quella, distanziamento e misure precauzionali vanno mantenute anche tra i più piccoli, ed in questa stagione Covid hanno fatto sparire un'infezione stagionale. "L'influenza quest'anno non c'è praticamente mai stata, è la prima volta che si verifica un fenomeno di questo genere grazie proprio all'utilizzo di queste misure di distanziamento. La mascherina va utilizzata e viene indossata senza alcun problema dal terzo-quarto anno in poi". Infine, un cenno alle cure primarie: il presidente della SIMPE chiede che venga rivisitata in funzione della pandemia: "non più al centro soltanto il bimbo con le sue attenzioni, fulcro del nostro agire quotidiano, ma la comunità al centro delle nostre attenzioni.

Spostare un processo di cura che è differente come impostazione e come organizzazione stessa", conclude.

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