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"Maggioranza Mazzini", altro che Ursula

Non è più solo una questione di numeri. L'idea di costruire il Conte ter raccattando un manipolo di volenterosi certificati o di improvvisare un gruppo parlamentare di "europeisti" si sgonfia ora dopo ora.

"Maggioranza Mazzini", altro che Ursula

N on è più solo una questione di numeri. L'idea di costruire il Conte ter raccattando un manipolo di volenterosi certificati o di improvvisare un gruppo parlamentare di «europeisti» si sgonfia ora dopo ora. La carta di un Renzi redento che si accontenta di cambiare la cravatta a Conte è un'ipocrisia. Neppure la «maggioranza Ursula» sembra funzionare. Il tentativo di replicare nel Parlamento italiano quello che è successo a Strasburgo, con Forza Italia che vota a braccetto con il Pd, presenta un primo grosso problema: Giuseppe Conte è più indigesto di Ursula von der Leyen. Non è un problema di nazionalità. Non ha nulla a che fare con il «nessuno è profeta in patria». È che Conte si è già speso troppo. È una carta consumata. Uno, due, magari basta.

Quando non c'è una maggioranza politica la strada maestra è ricordarsi che l'Italia è una democrazia. Il voto sarebbe l'approdo normale. La stagione che stiamo vivendo tanto normale però non è. È una grossa anomalia. Non è soltanto perché siamo prigionieri di una pandemia. Ha il suo peso, ma non è tutto. C'è anche, e diventa sempre più evidente, una crisi di sistema. L'Italia questa volta rischia davvero di perdersi, di naufragare, di uscire dal presente in ginocchio e ipotecare il proprio futuro per anni e anni. Non c'è impresa, non c'è commercio, non c'è lavoro, non ci sono soldi. Il Recovery plan non è la parola magica che risolve tutto, ma è una nave, non una zattera, che non si può perdere. Ormai una cosa è chiara: qui ci stiamo giocando l'Italia.

Allora non basta mettere in campo dei nomi, che pure sono indispensabili, perché l'impresa è da far tremare i polsi. Servono anche dei simboli, un ideale da incarnare, un «padre della patria» che dia un senso, un significato, quasi sacro, all'avventura che si ha davanti. In un periodo in cui le statue si buttano giù vale la pena di recuperarne una. Quello che serve per uscire da questa crisi politica, morale e culturale è una «maggioranza Mazzini». Una maggioranza, con dentro tutte le forze politiche, per immaginare l'Italia e per salvarla dal suo destino.

Giuseppe Mazzini non è un santo. C'è chi a nominarlo si faceva il segno della croce. A Vienna, Parigi, Roma, Napoli e Torino la sua fama era quella di un genio del male, il capo dei capi di una marmaglia di terroristi, un destabilizzatore. È la sorte di tanti profeti. Mazzini l'Italia l'ha sognata e immaginata quando era un sogno impossibile nella testa di pochi. A questa impresa ha dedicato ogni attimo della sua vita. La vita di un visionario. Ne abbiamo bisogno. Mazzini è la Next Generation. È la Giovine Italia e la Giovine Europa. È diritti e ancora di più doveri. È azione e ancora di più spiritualità. È cristiano, rinnegando l'infallibilità politica del Papa. È rivoluzionario senza essere giacobino. È italiano e europeo. Ha visto l'impossibile e lo ha portato a terra. Tanti sono morti nel nome di Mazzini.

Sta a noi far sì che quel sangue non sia stato versato invano.

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