Quindi, oggi...

La manovra silente di Renzi, la Fiamma e Berlusconi: quindi, oggi...

Quindi, oggi...: le polemiche sulle dimissioni di Mattarella, l'abiura del fascismo e la bufala del Pd

La manovra silente di Renzi, la Fiamma e Berlusconi: quindi, oggi...

- “In caso di riforma e di presidenzialismo, Mattarella dovrebbe dimettersi”. Ha ragione Berlusconi. Se cambiano le regole del gioco, anzi, se vengono rivoluzionate, è normale immaginare che Sergio possa farsi da parte. Questione di forma, non di sostanza sul suo operato. Magari lo farebbe anche di sua spontanea volontà. In fondo si è dimesso papa Ratzinger e pure Francesco ci sta pensando. Mica crolla il mondo se Mattarella molla il Colle, eh

- chi si scandalizza, dovrebbe rileggersi un po’ di storia. Quando nacque questa strabenedetta Repubblica, Enrico De Nicola venne eletto capo provvisorio dello Stato dall’Assemblea costituente. Promulgata la Costituzione il 1° gennaio del 1948, divenne automaticamente Presidente della Repubblica. Ma non per sette anni. Le regole del gioco erano cambiate, nuove di zecca, e subito dopo le prime elezioni politiche della storia repubblicana il Parlamento si impose l’elezione di un nuovo inquilino al Quirinale. De Nicola perse e tanti saluti. Nulla di tragico

- unico rischio, vero: che le polemiche finiscano con l’affossare la riforma ancora prima della sua nascita

- Di Maio, che chiese l’impeachment di Mattarella per non avergli approvato la lista dei ministri, ora fa la verginella per le parole di Berlusconi. Forse decenza consiglierebbe silenzio

- dove sono i dubunker? Il Partito Democratico condivide una foto di Berlusconi, la testata di Repubblica e il titolo: “Berlusconi: se vince la destra Mattarella deve dimettersi”. Non si tratta di una sintesi, ma di una bufala bella e buona. Il Cav, come visto, parlava dell’eventuale approvazione della riforma in senso presidenzialista, non di dimissioni dopo la vittoria del centrodestra alle elezioni

- dice il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo: "Le parole di Berlusconi che evocano le dimissioni di Mattarella confermano il pericolo presidenzialista che l'Anpi denuncia da tempo. L'accoppiata presidenzialismo-autonomia differenziata, frutto dell'accordo Meloni-Salvini-Berlusconi, scardina la Costituzione, cancella la figura del Presidente della Repubblica come garante di tutti, svuota definitivamente il parlamento, rompe l'unità nazionale”. E le cavallette no? Il problema è che questa gente ci crede davvero. Un sistema che già esiste in Francia e Usa trasformato nello spauracchio autoritario. Siete messi male

- dopo aver chiesto l'abiura del fascismo a Meloni, c’è già chi le chiede di “praticare l’antifascismo”. Come fai fai, a loro non va comunque bene

- non ho ben capito per quale motivo Fratelli d’Italia dovrebbe cancellare la fiamma tricolore dal simbolo. Sarebbe come chiedere al Pd e ai suoi sodali di smetterla col santificare Togliatti e Berlinguer ogni qual volta si ricorda l’anniversario della loro morte. Quelli erano comunisti, comunisti veri, cioè esponenti di un’ideologia sanguinaria. Così come non vedo il motivo per cui non occorra ricordare un importante esponente della politica italiana come Berlinguer, allo stesso modo è lecito conservare il ricordo delle proprie radici: il Movimento Sociale Italiano prima, votato democraticamente per diverso tempo; Alleanza Nazionale poi, il cui leader - lo ricordo - a fine carriera politica divenne quasi osannato dalla sinistra come killer dell’ultimo governo Berlusconi. Meloni mantenga pure la fiamma, ne svecchi magari l’approccio e le politiche ma non si vergogni. Che le radici profonde non gelano

- ecco il piano di Renzi per il dopo voto: "Se vince nettamente la destra, al governo ci va la Meloni, e io farò l'opposizione. Se non c'è una maggioranza chiara, l'alternativa è Draghi. O vince la destra o si fa un governo di unità nazionale. E decisivo è il voto al terzo polo".

In pratica, vuole infinocchiarci di nuovo: un altro governo accozzaglia, un altro premier a Palazzo Chigi senza essere espressione del voto popolare. Allora sì, lo dico e lo ribadisco: è ora del presidenzialismo

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