Coronavirus

Medici di base e infermieri: camici bianchi, si apre il fronte

Niente ferie e turni di riposo saltati uno dietro l'altro. Medici non specialistici e infermieri di medicina generale spediti a tappare buchi in reparti per i quali non hanno la necessaria preparazione

Medici di base e infermieri: camici bianchi, si apre il fronte

Niente ferie e turni di riposo saltati uno dietro l'altro. Medici non specialistici e infermieri di medicina generale spediti a tappare buchi in reparti per i quali non hanno la necessaria preparazione. Medici d'emergenza «comandati a prestare cure a pazienti ricoverati in reparti Covid» scoperti nonostante i reparti d'emergenza siano a loro volta carenti di personale adeguato. Medici di famiglia che denunciano un clima di «caccia alle streghe» nei loro confronti perché molti si rifiutano di eseguire i tamponi per il tracciamento del Covid in mancanza di condizioni di sicurezza.

Si moltiplicano nelle zone più sotto pressione per l'epidemia, come la Lombardia, le denunce dei pazienti per interruzione di pubblico servizio che non riescono a contattare il loro medico di base: in provincia di Varese il sistema è in tilt.

Ma cresce anche il malessere nella classe medica, ospedaliera e del territorio. La diga che ha contenuto il dilagare del Coronavirus durante la prima ondata ora è davvero troppo sotto pressione e rischia di crollare. Gli esperti e i tecnici forniscono dati, algoritmi e curve di crescita e il governo dispone, assegna colori e misure di contenimento.

Ma nella trincea delle corsie ospedaliere, nelle accettazioni dei Pronto Soccorso, negli ambulatori di medicina di base, nei drive in a testare sospetti positivi ci sono medici e infermieri. Tra loro monta la preoccupazione e la rabbia. Troppe promesse non sono state mantenute: le carenze di personale, l'organizzazione della medicina territoriale, le smagliature nella medicina d'emergenza.

Ieri l'ennesima denuncia degli anestesisti e rianimatori, Aaroi-Emac, rispetto a un impiego improprio dei loro specialisti. I medici diffidano «gli enti pubblici e privati del servizio sanitario nazionale» dal ricorrere a queste sostituzioni «gravissime alla luce delle note carenze di personale medico specialista in anestesia e rianimazione» e anche «vergognosamente sprezzanti dei sacrifici che tale personale sta facendo ormai da mesi, rinunciando alle ferie, ai riposi, al diritto alla formazione». Stesse rimostranze per i medici in servizio nei pronto soccorso. Inaccettabile pensare di assumere in reparti d'emergenza «specializzandi dei primi anni». Il presidente di Arooi Alessandro Vergallo avverte che l'emergenza negli ospedali sta diventando ingestibile «anche a causa di una medicina di famiglia che deve ancora decidere, dopo oltre 9 mesi, quale apporto concreto voglia dare nella gestione della pandemia sul territorio».

Dunque ancora una volta finiscono sul banco degli imputati i medici di famiglia che però a loro volta rivendicano la necessità di operare in sicurezza. Sulla possibilità di far svolgere i tamponi rapidi ai medici di medicina generale «ci sono varie criticità, che rendono in alcuni casi pericoloso, in altri non idoneo lo svolgimento di questa funzione», ha spiegato Riccardo Vaccari, coordinatore del segretariato italiano giovani medici, in audizione davanti alle commissioni Finanze e Bilancio del Senato.

Molti medici operano in studi piccoli, appartamenti in condomini dove non è possibile eseguire tamponi in sicurezza. Risultato? I medici di base minacciano lo sciopero.

«Troppi attacchi mediatici ai medici di medicina generale, proclamiamo lo stato di agitazione» annuncia lo Snami «allarmato e indignato per i continui attacchi mediatici che i medici di medicina generale stanno subendo». Angelo Testa, presidente nazionale Snami, ricorda che ci sono da assistere anche «i pazienti affetti da malattie acute e croniche oltre ai «pazienti affetti da Covid-19 a domicilio».

I ricoveri, assicura Testa, «aumenterebbero vertiginosamente senza questo nostro notevole impegno sul territori».

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