Cronache

Medici e aborto, non si discrimina in base all'etica

Medici e aborto, non si discrimina in base all'etica

L'aborto è la mamma di tutti gli inestricabili dilemmi etici, di tutte le questioni irrisolvibili. Nella vita non esiste tormento più acuto di quello sofferto da una donna che deve sostituirsi a Dio, o a chi per Dio, nel decidere di un'altra vita. In realtà non è una scelta, è una cicatrice perenne che pulsa e scava, qualunque siano state le ragioni e le circostanze.

Non importa quanto tempo passi dopo quello strappo. Non importa che gli anni si allunghino e respirino piano. Chi ha abortito, non lo dimentica per tutta la vita. Per questo il dibattito sull'aborto ha solo una data d'inizio (il 22 maggio del 1978, quando è stato introdotto con un referendum) ma non avrà mai una fine. Anche fra trecento anni, pensiamo, ci si interrogherà sull'opportunità delle interruzioni di gravidanza, e anche fra trecento anni non ci saranno risposte.

Quindi non è su questo che ci permettiamo di discettare. Quanto sulla notizia, correlata a questo, che la Regione Lazio ha deciso di assumere ginecologi «non obiettori» disposti a praticare aborti. Ha avvisato gli interessati che per loro, «il rischio qualora dovessero rifiutarsi, sarebbe quello del licenziamento». Comprendiamo benissimo che dei medici obiettori di coscienza, che dovessero negare l'interruzione di gravidanza a una paziente, limiterebbero la libertà della paziente stessa. Comprendiamo lo sgomento e i dubbi e le difficoltà di trovarsi respinti e impreparati e calpestati davanti a un diritto negato eppure garantito per legge. Sappiamo che si tratterebbe di un grave e imperdonabile «cortocircuito» di logica e non solo. Ma quello che troviamo altrettanto pericoloso, tremendamente pericoloso, è introdurre un requisito etico nelle assunzioni pubbliche. Quello che troviamo altrettanto pericoloso, tremendamente pericoloso, è limitare una libertà per garantire un'altra libertà.

Se oggi, la condizione perché un medico venga assunto in una struttura pubblica è «ti assumo solo se non sei un obiettore di coscienza», domani la discriminante per un altro impiego in una struttura statale potrebbe essere «ti assumo a patto che tu non sia divorziato» o «a patto che tu non abbia mai votato per questa o quella corrente politica» o «a patto che...». È sempre difficile capire dove inizi la libertà di qualcuno e dove termini quella di un altro.

Per questo, anche se ne comprendiamo le motivazioni e i dilemmi, e i tentativi di tutela, è ancora più improbabile veder tracciato questo limite, nero su bianco, sul bando di un concorso pubblico indetto dalla Regione Lazio.

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