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Il Mes non va demonizzato. Assurdo non utilizzarlo

Bisogna partire da una premessa sul passato, necessaria per fare chiarezza sulle polemiche di questi giorni. Fu il governo di centrodestra che avevo l'onore di guidare nel 2011 a trattare il Meccanismo Europeo di Stabilità, il cosiddetto MES

Il Mes non va demonizzato. Assurdo non utilizzarlo

Bisogna partire da una premessa sul passato, necessaria per fare chiarezza sulle polemiche di questi giorni. Fu il governo di centrodestra che avevo l'onore di guidare nel 2011 a trattare il Meccanismo Europeo di Stabilità, il cosiddetto MES. Questa è semplice verità storica, ma la verità storica va detta tutta. Occorre aggiungere che quel MES, firmato da noi, era diverso dal MES che il governo Monti portò a ratifica in Parlamento nel 2012, ma soprattutto questo è l'aspetto determinante venne negoziato nel quadro di un accordo politico per noi assolutamente positivo perché comprendeva anche gli Eurobond. Successivamente la parte che riguardava i titoli di debito europei venne lasciata cadere, e rimase in piedi il solo MES.

Ma veniamo al merito della questione sul tappeto oggi. Questione drammatica, vista l'emergenza economica nella quale la pandemia ha precipitato le nostre economie.

Vorrei partire da un presupposto. Il MES non va demonizzato. Non c'è nulla di sbagliato, in linea di principio, nel fatto che i Paesi ad economia più solida chiedano garanzie rafforzate per finanziare Paesi più a rischio. La cosa sbagliata è che queste garanzie si trasformino in uno strangolamento dell'economia di una nazione già in sofferenza e addirittura in un esproprio della sua sovranità nazionale.

Il problema però questa volta non si pone, perché - almeno per quanto riguarda la spesa in ambito sanitario possiamo accedere ai fondi del MES senza condizioni, fino al 2% del PIL. È troppo poco? Certamente sarebbe troppo poco se ci fosse solo questo. Ma è comunque qualcosa, sono 36 miliardi circa, a tassi inferiori a quelli di mercato, che sarebbe assurdo non utilizzare. Spesa sanitaria, in senso lato, significa costruire nuovi ospedali o riqualificare quelli esistenti, ampliare i posti di terapia intensiva, assumere nuovo personale, migliorare le condizioni retributive di medici e infermieri, produrre presidi sanitari (le famose mascherine ancora difficili da trovare), aumentare i posti nelle facoltà di medicina, investire nella ricerca, attrezzare le case di riposo, creare nelle carceri dipartimenti sanitari, cose di cui c'è un disperato bisogno, visto che le carceri come le case di riposo sono luoghi ideali per la propagazione del contagio. Significa anche dare da mangiare a chi è malato e a chi rischia di ammalarsi. Significa infine ristrutturare le fabbriche e i luoghi di lavoro per adeguarli all'esigenza di evitare il contagio. Tutte cose che tra l'altro generano lavoro e fanno circolare liquidità. Si tratta del resto di investimenti utilissimi non solo per l'immediato, ma anche pensando al futuro se, come purtroppo pare, dovremo convivere con il virus per diverso tempo e prepararci, come pensano molti scienziati, al ripetersi di future pandemie simili a questa.

C'è di più: l'utilizzo dei fondi del MES è la precondizione tecnica/legale che mette la BCE in grado di decidere di comprare i titoli dello Stato italiano senza limiti prefissati. In altre parole questo significa per la BCE la possibilità di assumere il ruolo, che tante volte abbiamo invocato, di prestatore di ultima istanza nei confronti di un Paese in difficoltà.

Eppure, incomprensibilmente, il governo Conte ha dichiarato di non volersene avvalere. Di lasciare all'Europa denari che sono anche nostri. In compenso, il PD non ha trovato di meglio che proporre l'ennesimo prelievo fiscale, cioè la cosa peggiore da fare quando invece occorre immettere liquidità nel sistema economico. Lo ha spiegato molto bene Mario Draghi nel suo intervento di qualche settimana fa che ha fatto molto discutere.

Questo atteggiamento, la minaccia di «fare da soli», non soltanto è un'arma spuntata, ma è anche un'arma pericolosa. È spuntata, perché ci piaccia o no siamo in una condizione di debolezza, legata allo stato dei nostri conti pubblici e del nostro debito, e peggiorata dal fatto che la pandemia disgraziatamente ha colpito l'Italia più pesantemente di altri Stati, e soprattutto nelle zone più produttive del Paese. È pericolosa perché rischia di aumentare un governo responsabile dovrebbe rendersene conto le spinte antieuropee nell'opinione pubblica, che già secondo i sondaggi stanno pericolosamente crescendo. Per capire qual è il pericolo basterebbe chiedere un parere sull'uscita dall'Euro o dall'Unione Europea a quelle stesse imprese italiane in difficoltà che stiamo cercando in tutti i modi di aiutare, che perderebbero i principali mercati di esportazione e si troverebbero di colpo a doversi finanziare a costi vertiginosamente più alti.

Certo, l'Europa ha diverse colpe, passate e presenti. Ha reagito male a questa crisi, soprattutto al principio, ed ancora oggi alcuni Paesi fanno fatica a capire che se non ci si salva tutti insieme non si salva nessuno. Va ricordato però che sono proprio i partiti sovranisti ed anti-europei a condizionare le scelte di Paesi, come l'Olanda, che sono più avversi alle esigenze italiane.

Va ricordato però anche, ed è importante che gli italiani lo sappiano, che l'Eurogruppo ha stanziato 500 miliardi fra programma SURE per la cassa integrazione e investimenti da finanziare attraverso la BEI. Va ricordato che entro la fine dell'anno la Banca Centrale Europea garantirà la copertura di 220 miliardi di titoli del nostro debito.

Certo, non basta ancora, ma come dice giustamente Confindustria, sarebbe assurdo in queste condizioni perdersi in una polemica sulle parole. In una questione così decisiva non ha senso sventolare le bandiere per ragioni di consenso interno. Nessun governo europeo responsabile lo dovrebbe fare, tantomeno l'Italia. Lo strumento c'è, ma non sono gli Eurobond. Questa strada è preclusa e non ha senso continuare a parlarne. Alcuni Paesi, a ragione o a torto, li rifiutano e non abbiamo modo di fare cambiare loro idea. La strada che si può perseguire e che porta agli stessi risultati, è quella del «Recovery Fund», il fondo per la ricostruzione sul quale nell'Eurogruppo si è trovato un accordo di massima, che dovrà essere definito nei dettagli nel prossimo Consiglio Europeo del 23 aprile. Se rinunceremo agli slogan e sapremo costruire degli accordi in Europa, attraverso il Recovery Fund otterremo molte altre risorse essenziali.

Se invece il 23 aprile rimarremo isolati, ci sarà solo da perdere e il nostro rapporto con l'Europa rischierà di essere pericolosamente compromesso.

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