Messaggi contro l’immigrazione, il parroco: "Chi li ha scritti non è cristiano e non può fare la comunione"

Rifugiati accolti un mese fa dalle scritte di Casapound contro l'immigrazione e da vicini di casa intolleranti. Dopo quegli episodi, in provincia di Napoli un sacerdote lancia il suo anatema.

Le scritte di Casapound a pochi giorni dall'arrivo dei rifugiati
Le scritte di Casapound a pochi giorni dall'arrivo dei rifugiati

Non sono uomini, né cristiani, e non possono fare la comunione. Così un parroco della provincia napoletana ‘scomunica’ gli xenofobi. Il suo punto di vista l’ha espresso pubblicamente l’altro ieri, nel corso di un convegno, dopo i messaggi contro l’immigrazione apparsi un mese fa per strada all’arrivo di un gruppo di rifugiati. Casapound accolse quei ragazzi approdati a Pomigliano d’Arco con le scritte “Basta business dell’immigrazione”, “Basta immigrazione”. Erano stati alcuni cittadini a chiedere l’intervento dei militanti di estrema destra: condomini che male accettavano la presenza degli ‘stranieri’ nel palazzo dove abitano. L’amministrazione comunale (di centrodestra) fece eliminare immediatamente gli striscioni, prendendo posizione a favore dell’accoglienza e tendendo la mano a quei giovani provenienti dall’Africa e dall’Asia. Il sindaco Raffaele Russo convocò i rifugiati al municipio per lanciare un messaggio chiaro e tondo di apertura e solidarietà. «Non rappresentano lo spirito della città di Pomigliano d’Arco, notoriamente generosa ed accogliente», fu la sua risposta agli episodi di intolleranza, sbocciati in una città che ha alle spalle una lunga storia operaia e di sinistra. Quei fatti hanno spinto un’associazione - la “48 ohm” - a organizzare l’assemblea pubblica “Pomigliano Accoglie”, che si è svolta l’altro ieri, con il patrocinio dell’Assessorato alle Politiche sociali del Comune di Pomigliano.

“Questo è un tema di civiltà. Chi non si indigna davanti a quelle scritte non è né uomo né cristiano”, è l’anatema lanciato nell’occasione da don Aniello Tortora, parroco della chiesa del Rosario di Pomigliano e responsabile dell’Ufficio per la Pastorale sociale e il Lavoro della diocesi di Nola. Dal tavolo dei relatori Il sacerdote ha poi affermato: “Chi ha scritto quelle cose non è degno di essere uomo. Non solo. Se viene a messa la domenica non può fare la comunione”. Una presa di posizione dura, netta. Sostenuta dagli applausi di chi era in sala. Tra il pubblico c’erano anche una decina di rifugiati. In totale ne dovranno arrivare 26 a Pomigliano, sono già tutti titolari di una protezione internazionale - ha chiarito la coordinatrice del progetto Sprar - e si fermeranno per 6 mesi, lasso di tempo in cui saranno coinvolti in percorsi di formazione.

Il Comune nei mesi scorsi pubblicò il bando per affidare la gestione dei servizi di accoglienza integrata del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, e l’associazione Aics si aggiudicò la gara. È la Prefettura che stabilisce il numero di rifugiati che ogni città deve accogliere. Ma in questa spartizione, secondo l’assessore alle Politiche sociali di Pomigliano, Mattia De Cicco, “non tiene conto della capacità di inclusione di ogni realtà”. L’esponente del governo cittadino ha confermato la volontà dell’Ente locale di “essere protagonista, attraverso gli Sprar, in questo processo di inclusione” e, intervenuto al convegno, ha annunciato l’impiego degli immigrati, a titolo volontario e gratuito, in attività di pubblica utilità come il giardinaggio, in cui saranno affiancati da dipendenti comunali.

L’incontro pubblico di sabato ha rappresentato anche un’occasione per discutere dei difetti del sistema di accoglienza. Ne hanno parlato Emilio e Maddalena dell’associazione di Napoli “Ex opg occupato-Je so’ pazzo”, impegnati nel fornire un supporto a richiedenti asilo e rifugiati che spesso nella fase di prima accoglienza finiscono per essere abbandonati, senza assistenza alcuna. Sono tante le realtà con cui i due attivisti vengono a contatto e, sulla base della loro esperienza, sostengono che “non c’è la volontà di creare una pianificazione dell’accoglienza. L’emergenza dei flussi migratori non esiste, è una menzogna, è solo funzionale a creare sistemi di accoglienza criminali come quelli dei cas”. Riferiscono inoltre di tempi lenti della Questura nella valutazione delle richieste di protezione internazionale: "La Questura di Napoli accetta solo 30 richieste alla settimana". I centri di accoglienza straordinaria sono individuati dalle prefetture, secondo le procedure di affidamento dei contratti pubblici, quindi in modo diretto. Gli immigrati dovrebbero restarvi per un periodo limitato di tempo, quello necessario al trasferimento nelle strutture di seconda accoglienza, ma finiscono per fermarsi per anni.

Per i volontari dell’ex opg i controlli della Prefettura di Napoli sui cas sono inefficienti: talvolta i rifugiati sono costretti a viverci in condizioni disumane, lasciati allo sbando da operatori incompetenti che in alcune realtà non riescono nemmeno a comunicare perché non conoscono altra lingua oltre all’italiano.

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