Cronache

Mestre preda dei clan nigeriani. Città sotto assedio: "C'è paura"

A due passi da Venezia la piazza di spaccio più grande del Nord-Est: qui è l’eroina gialla a farla da padrone. Commercianti e abitanti ne pagano le spese: "Può succederti di tutto"

Mestre preda dei clan nigeriani. Città sotto assedio: "C'è paura"

Mestre – Piazzetta San Francesco, a Mestre. Il giardinetto alle spalle della fermata del tram di piazzale Giovannacci, a Marghera. Sono due dei punti più battuti dai pusher e tossici che continuano a tenere sotto scacco la zona. Nelle ultime ore, i pattugliamenti congiunti di polizia e militari hanno portato all'arresto di altre tre persone. Si tratta di spacciatori, peraltro già noti alle forze dell’ordine, che bazzicavano la zona dell’ex scuola Monteverdi di via Ulloa: una struttura in disuso da anni che ora il comune sta facendo abbattere perché diventata punto di ritrovo e spaccio.

Insomma, a Mestre l’allerta rimane alta, nonostante il successo dell’operazione anti droga del 10 luglio scorso, quando cinquecento uomini delle forze dell’ordine hanno messo in manette quaranta persone e scoperto un laboratorio (in via Monte San Michele) in cui il clan dei nigeriani preparava la cosiddetta eroina gialla. Una droga killer capace di uccidere circa venti persone nell’ultimo anno.

Facendo due passi di giorno tra via Piave, via Trento e via Col di Lana, la situazione pare tranquilla: non si vedono più, come invece accadeva qualche mese fa, capannelli di pusher ad ogni angolo, o quasi, a tutte le ore. Camminando su e giù nel quartiere attiguo alla stazione, nel giro di pochi minuti, incrociamo una volante della polizia e una camionetta dell’esercito. Lo stesso anche di sera, visto che il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro ha provveduto a stringere le maglie della sicurezza.

Però, il problema non è certo risolto. "Abbiamo paura e già dal tardo pomeriggio è meglio rientrare a casa", ci spiega una signora che incrociamo per strada. Raggiungendo a piedi il parco di Villa Querini, non così distante dal centro città, ci imbattiamo in decine di nigeriani che presidiano il giardino, divenuto il loro principale luogo di spaccio. Ci sediamo su una panchina per qualche minuto e ci rendiamo conto di non essere i benvenuti. (Guarda il video).

Le difficoltà dei commercianti

Riscendiamo dunque via Piave e ci fermiamo a scambiare due parole con i passanti e commercianti: adesso va meglio, ma c’è sempre un "ma" che fa rima con paura. Già, perché si spaccia ancora e i tossici si bucano ancora. "Non ci fidiamo a restare seduti al parco perché c'è un via vai di giovani che, tra i cespugli, fa uso di sostanze di ogni tipo", ci raccontano. E lo fanno anche nel patio di un ristorante in piazza San Francesco. Il locale chiude a mezzanotte e di notte i tossicodipendenti prendono d’assalto il plateatico esterno dell’esercizio, delimitato da siepi che permettono sia di nascondere la droga che di ripararsi per quei minuti che servono a prepararsi la dose e iniettarsela in vena. Una volta finito, nessuno pulisce: ogni mattina il titolare trova siringhe usate dappertutto. Nella terra dei vasi rinveniamo infatti un ago e una bottiglietta di plastica chiusa con dell’alluminio usata per inalare la droga una volta "cucinata".

Avviciniamo allora il proprietario e lui ci racconta di aver perso recentemente un amico per colpa di quell’eroina gialla killer: conosceva bene il 50enne morto in casa per un’overdose nei giorni scorsi."Di giorno è abbastanza tranquillo, ma di notte si picchiano e fanno casino: è un disastro ed è pericoloso. Ho visto persone nascondere la roba dentro i tombini, incredibile. E la notte i tossicodipendenti vengono qui a drogarsi: io ho provato a dirgli qualcosa, ma devi stare attento a come parli, perché con questa gente qua devi stare attento. Sei sempre a rischio e può succederti di tutto".

Ci spostiamo di pochi passi in via Salettuol, dove incontriamo dietro il bancone della sua lavanderia Roberta Pumati, portavoce del "Gruppo Salettuol per la sicurezza partecipata" (progetto del comune di Venezia). Lei è la paladina del quartiere e si è battuta come una leonessa per ripulire la zona. Ha passato mesi a lavorare chiudendosi dentro a chiave, perché la paura era tanta visto i gruppi di tossicodipendenti che stanziavano nei pressi del suo negozio: "Minacce ne ho avute, più di una, però io non mollo mai.

Ora bisogna convincere la gente a uscire e a riprendersi la città".

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