Cronache

La sua casa agli abusivi, poi la beffa: "Occupane una pure tu"

Le assegnano la casa popolare ma la trova occupata. Angelina, mamma sola di una ragazza disabile e un figlio morto per il Covid, ora chiede un tetto: "Fate presto o finiremo sotto i ponti"

La sua casa agli abusivi, poi la beffa dell'Ater: "Occupane una pure tu"

Angelina riesce a trattenere le lacrime a fatica mentre parliamo al telefono. Ogni tanto in sottofondo si sente una voce che chiama "mamma". "È l’unica parola che sa dire", ci spiega parlando di sua figlia. Stefania, la sua "bambina", ha 44 anni ed è nata con una paresi della parte posteriore destra. Si muove a fatica e necessita di assistenza h24.

Quando nel luglio del 2021 Angelina è stata convocata al dipartimento delle Politiche Abitative del Campidoglio per l’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica quasi non ci credeva. Aspettava da vent’anni il momento in cui avrebbe stretto in mano le chiavi di casa sua. Il rifugio dove sistemare finalmente i suoi due figli. Intanto i mesi passano e il suo primogenito Fabrizio muore dopo essersi ammalato di Covid. Lo scorso aprile, quando finalmente arriva il giorno dell’appuntamento con i funzionari dell’Ater, Angelina si presenta puntuale alle 8 del mattino.

Ma su via Force, dove si trova l’appartamento di 52 metri quadri che le è stato assegnato c’è solo lei. I minuti di attesa diventano ore. Poi alle 10.30 arriva la chiamata: "Signora, la casa è stata occupata". "Lì per lì la prima reazione è stata quella di scoppiare a piangere, – ci racconta – poi ho chiesto se potevano assegnarmi un altro appartamento, ma mi hanno detto che non era possibile. I vigili mi hanno proposto una casa famiglia, ma con una disabile in casa è fuori discussione".

Angelina aveva già disdetto il contratto di affitto e recuperato la caparra per pagare il trasloco. Da un momento all’altro si è ritrovata senza un tetto sopra la testa, con i mobili accatastati in un garage per cui continua a pagare un centinaio di euro al mese. "Quando ho chiamato l’Ater per far presente la mia situazione mi hanno risposto che avrei dovuto cercare una casa vuota e occuparla a mia volta. Ma io non sono una delinquente, voglio l’appartamento che mi spetta di diritto", si sfoga.

Il caso di Angelina è stato preso in carico dall’assessore alle Politiche Sociali del III Municipio, Maria Concetta Romano, che si è rivolta alla Polizia Locale e al Campidoglio per chiedere che al nucleo familiare venisse assegnato un nuovo alloggio, possibilmente nello stesso palazzo o nella stessa zona, per non perdere le "relazioni sociali faticosamente costruite per la figlia con disabilità". La scorsa settimana era stata la presidente della commissione Politiche Sociali del Campidoglio, Nella Converti, del Pd, a rivolgersi alla Regione Lazio, all’Ater, e agli assessori capitolini competenti. "Se non si interviene immediatamente – avvertiva la consigliera dem – avremo perso tutti quanti e avrà vinto l’illegalità".

L’ultima a presentare un’interrogazione all’assessore alle Politiche Abitative, Massimiliano Valeriani è stata la consigliera regionale di Fratelli d’Italia, Laura Corrotti. Ma per Angelina e sua figlia non c’è ancora una risposta. L'idea che si è fatta in questi mesi è che gli abusivi abbiano avuto una soffiata, come succede spesso in questi casi. "Per ora sono come fantasmi, - ci spiega - nessuno sa chi sono, evidentemente staranno aspettando che si calmino le acque". Per sgomberare l'immobile però serve un provvedimento del giudice: "Penso che quella casa non la vedrò mai, così come non l'ha mai vista mio figlio che la aspettava da tanto. Dovrei mettermi a fare una causa, ma i tempi della giustizia li conosciamo tutti. E così alla fine a prevalere è sempre la legge del più forte".

La rabbia ormai ha lasciato il posto alla rassegnazione. "Da quando è morto mio figlio – ci confida – dentro di me è sceso un velo, non mi toccano più neppure le ingiustizie come questa, vado avanti per la mia bambina e penso che domani è un altro giorno, ma francamente non ho la forza di mettermi a fare piazzate".

La speranza è che qualcuno intervenga al più presto: "Tra qualche settimana non mi resterà che aprire una tenda da campeggio e sistemarmi sotto i ponti".

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