Cronache

Minigonna e tacco 12 alle allieve, il Tar: "Bellomo incompatibile"

Francesco Bellomo era stato destituito nel 2018 dopo essere finito al centro dello scandalo sull'imposizione di un "dress code" alle proprie studentesse. Il Tar del Lazio: "Misura proporzionata e giustificata"

Minigonna e tacco 12 alle allieve, il Tar: "Bellomo incompatibile"

Una misura "proporzionata e giustificata". Così il Tar del Lazio ha definito la destituzione di Francesco Bellomo da consigliere di Stato. Bellomo, ex magistrato, era stato messo alla porta nel 2018, dopo lo scandalo che lo coinvolgeva. Un anno fa, era stato chiesto l'annullamento della destituzione, lamentando la sproporzione della sanzione e la violazione del suo diritto di difesa. Pochi giorni fa, però, il Tar del Lazio ha respinto la richiesta.

Francesco Belomo era stato accusato di vessazioni nei confronti delle ex borsiste della scuola di formazione di cui faceva parte, che avevano rivelato la presenza di clausole di fedeltà al proprio insegnante. Le ragazze avevano raccontato anche dell'obbligo di indossare minigonna e tacco 12 e delle restrizioni relative alla propria vita privata e alla scelta del proprio fidanzato. Lo scandalo, come riporta il Fatto Quotidiano, aveva portato a un procedimento disciplinare per "atti lesivi della dignità umana e l'uso indebito della qualifica e del ruolo di magistrato", che si era concluso con la destituzione del consigliere di Stato.

Secondo il Tar, la destituzione è stata una misura "proporzionata e giustificata, alla luce degli addebiti specificamente contestati e della gravità della lesione cagionata al prestigio e all'immagine della magistratura amministrativa". Una decisione totalmente legittima, anche perché "dall'ampio quadro probatorio raccolto emerge una situazione abnorme, in cui le vicende strettamente personali di alcune allieve venivano adoperate dal ricorrente con finalità pseudo-scientifiche e asseritamente formative, attraverso condotte incompatibili con il rispetto dell'obbligo in capo a un magistrato di non compromettere la propria credibilità e, con essa, il prestigio dell'istituzione giudiziaria che rappresenta". Il Tar ha inoltre rilevato una "ampia ed esaustiva motivazione sulla gravità delle condotte, nella quale sono individuate, in relazione ai quattro capi di incolpazione, sia singolarmente che in un’ottica unitaria, numerosi elementi lesivi dell’onore e del prestigio della magistratura amministrativa".

Bellomo aveva contestato anche il Dpcm con cui fu proposta la sanzione nei suoi confronti e il Dpr con cui fu destituito. Ma il Tar ha stabilito che si è trattato di un "procedimento disciplinare svolto nel rispetto delle norme di legge e regolamentari". L'istruttoria si è quindi svolta correttamente, senza alcun "eccesso di potere", come lamentato da Bellomo. Infatti, anche"l'acquisizione di dati riguardanti anche aspetti privati della vita del ricorrente, è dipesa dalla stretta commistione tra tali aspetti e il contenuto degli addebiti contestati".

In conclusione, il Tar del Lazio ha ritenuto tutte le condotte contestate a Bellomo nell'ambito del procedimento disciplinare "suffragate da un robusto insieme di prove, non scalfite nella loro genuinità e significatività dalla documentazione prodotta dal ricorrente". Inoltre, il fatto che Bellomo fosse un ex magistrato lo rendeva perfettamente consapevole dell'inappropriatezza delle proprie azioni.

Per questo, "la consistenza oggettiva dei fatti riportati nei capi di incolpazione risulta correttamente ricostruita e risulta adeguata a sorreggere la valutazione che ha condotto all'applicazione della sanzione espulsiva nei confronti del magistrato".

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