Il ministro del sottosviluppo sbanda in autostrada

Il ministro del sottosviluppo sbanda in autostrada

Ora Di Maio vuole di nuovo togliere la concessione delle autostrade al gruppo Benetton in quanto la perizia sul ponte Morandi crollato a Genova avrebbe evidenziato gravi lacune nella manutenzione. C'è da chiedersi se il Di Maio in questione è lo stesso che poche settimane nulla ha obiettato che i Benetton (che non si tratta di omonimia, sono gli stessi del ponte) entrassero come partner tecnico (cioè operativo) nella compagine messa in piedi per salvare Alitalia. Se quello che ha parlato ieri non è un sosia che millanta di essere ministro dello Sviluppo economico c'è da mettersi le mani nei capelli. Come si fa a sostenere nello stesso tempo che un gruppo industriale è irresponsabile al punto da non poter gestire le autostrade e affidabile al punto da prendersi cura della flotta aerea nazionale?

Le due cose, ovviamente, non possono stare insieme, sono una contraddizione in termini, o se preferite un ossimoro. Detto che personalmente propendo per la seconda ipotesi (i Benetton sono un gruppo serio che è incappato in un brutto incidente) la soluzione del rebus potrebbe essere la seguente: la contraddizione in termini è avere uno come Di Maio vicepremier e ministro dello Sviluppo. Tanto è vero che da quando è arrivato lui lo sviluppo è rapidamente sceso a zero e toccato punte minime pure al di sotto, tanto da farci rimpiangere, in quanto a crescita, i tempi di Matteo Renzi.

Tecnicamente quindi Di Maio è un ministro sottosviluppato e non passa giorno senza che non ce ne dia prova. Se poi aggiungiamo che ai Trasporti ha un braccio destro come Danilo Toninelli, il cerchio del sottosviluppo è bello che chiuso. Non voglio infierire, ma un giorno gli italiani dovranno pur porsi il problema - e fare mea culpa - di aver affidato con tanta faciloneria i punti nevralgici del Paese a ragazzi che non hanno mai lavorato un giorno in vita loro. E che giocano con la vita di società quotate in Borsa (il gruppo Benetton), con la pazienza di grandi gruppi internazionali disposti a investire in Italia (gli indiani della Mittal all'Ilva di Taranto) piuttosto che con gli alleati europei (caso Tav) manco fossero al doposcuola davanti al tabellone del Monopoli.

Al sindaco di Milano, Beppe Sala, che ieri ha sostenuto quanto sarebbe bello che il Pd si alleasse con loro (i Cinque Stelle) mi viene da dirgli: magari fosse, così andrebbe definitivamente

a fondo quel poco che resta della sinistra (ricordo a Sala che i suoi due capolavori, Expo e Olimpiadi, li ha fatti grazie al duo Moratti-Berlusconi e al trio Salvini-Giorgetti-Fontana). Se era per Di Maio e per il Pd...

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