Cronache

Il mistero dell'ultimo latitante del caso Moro: preso e subito rilasciato

Alessio Casimirri è uno dei due brigatisti rossi che non hanno mai scontato neanche un giorno per la condanna per la strage di via Fani e il rapimento e l'omicidio Moro. "Il governo lo faccia estradare dal Nicaragua"

Aldo Moro trovato morto in via Caetani
Aldo Moro trovato morto in via Caetani

Alessio Casimirri è, insieme ad Alvaro Lojacono, uno dei due brigatisti rossi che non hanno mai scontato neanche un giorno per la condanna per la strage di via Fani e il rapimento e l'omicidio Moro. Nel 1980 "Camillo", questo il suo nome di battaglia, si dissociò dalle Br, rendendosi poi irreperibile, spostandosi tra Francia, Cuba, Panama e Nicaragua, dove attualmente risiede, sposato con una nicaraguense, oggi gestisce due ristoranti italiani a Managua. Una latitanza su cui pesa più di un'ombra di coperture eccellenti.

Casimirri, figlio di Luciano Casimirri, storico responsabile della sala stampa vaticana sotto Pio XII, Giovanni XXIII e Paolo VI, militò, sin dai primi anni '70, nelle formazioni della sinistra extraparlamentare di Roma e, in particolare, nelle file dell'Autonomia Operaia. Tra il 1976 ed il 1977, Casimirri entra in contatto con appartenenti alle Brigate Rosse, tra cui Bruno Seghetti, insieme con i quali costituì la colonna romana delle Br. La sua militanza rimase però sconosciuta agli organi inquirenti, risultando agli atti nei suoi confronti solo due denunce per violenza privata nei confronti di estremisti di destra ed una segnalazione per rapina.Fu sottoposto, senza esito, a perquisizione, il 3 aprile 1978, nell'ambito delle indagini sul rapimento Moro. Il suo nome venne inserito nella vicenda del sequestro Moro negli anni successivi, ed è sostanzialmente legato al processo Moro-ter. Casimirri si era nel frattempo reso latitante e il 28 novembre 1983 furono estese, per via diplomatica, le ricerche in campo internazionale. Fu condannato il 3 giugno 1986 dalla Corte d'Assise di Napoli a cinque anni di reclusione e successivamente, il 12 ottobre 1988, da quella di Roma alla pena dell'ergastolo per l'omicidio Moro, per l'omicidio dei magistrati Palma e Tartaglione e degli agenti di Polizia Mea e Ollanu, morti durante l'assalto alla sede della Dc di Piazza Nicosia. Nel 1986, la sua presenza fu segnalata da fonti di intelligence in Nicaragua e il 24 settembre 1988, il ministero di Grazia e Giustizia richiese formalmente alle autorità di quel Paese l'estradizione del latitante, senza riscontri positivi, anche alla luce delle sue aderenze in ambiti politici locali. Peraltro alcune lentezze nell'emissione dell'ordine di esecuzione delle condanne resero la procedura particolarmente gravosa. Infruttuosi, ai fini della sua cattura, sono stati anche i tentativi di contatto con il latitante, come quello, compiuto da agenti del Sisde nel 1993. In quell'anno due 007 lo incontrarono in Nicaragua, per una possibile collaborazione, e l'ex bierre pare abbia svelato il nome del quarto carceriere di via Montalcini, il luogo dove fu tenuto prigioniero Moro, permettendo poi di catturare la sua ex moglie, la brigatista Rita Algranati, arrestata poi nel 2004. Una collaborazione, presunta, che venne poi 'bruciatà e che non ebbe seguito.

Adesso si riprova a estradarlo. Con una lettera al presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, e ai ministri Alfano, Minniti e Orlando, il presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sul caso Moro, Giuseppe Fioroni, torna a chiedere azioni per promuovere l'estradizione del latitante Alessio Casimirri. Esprimendo grande apprezzamento per l'azione del governo contro "l'offensiva latitanza di Cesare Battisti", Fioroni sollecita il più forte impegno al fine di sollevare, nell'ambito dei rapporti con il Nicaragua e con la massima forza la questione della estradizione o della revoca della cittadinanza a Casimirri "in vista dell'approssimarsi dei quaranta anni dalla uccisione del Presidente Moro, dei carabinieri Oreste Leonardi e Domenico Ricci e degli agenti Francesco Zizzi, Giulio Rivera e Raffaele Iozzino". Inoltre, sottolineando che la questione riveste particolare importanza ai fini dell'inchiesta parlamentare, alla luce di numerosi elementi di indagine emersi in relazione a Casimirri e alle vicende della sua fuga e latitanza, Fioroni rende noto che durante la perquisizione che egli subì il 3 aprile 1978, nell'ambito delle indagini sul rapimento Moro, gli furono sequestrati diversi documenti e un'agendina telefonica che non è mai stata oggetto di indagini, mentre da altri accertamenti, precedentemente mai realizzati, è emerso che Casimirri rimase in Italia più a lungo di quanto comunemente si ritiene, subendo un fermo o arresto nel maggio del 1982, ma poi sottraendosi alla giustizia grazie al concorso di una rete di complicità che la Commissione - si legge sempre in una nota - sta cercando di ricostruire.

"Lo sforzo di ricerca della verità sulla vicenda Moro non può dunque prescindere da un ulteriore tentativo di porre termine a una latitanza che è offensiva per le vittime e per la giustizia", conclude Fioroni.

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