Obama conquista Hiroshima. Lacrime ma niente "sorry"

Il presidente americano in visita nella città che gli Usa rasero al suolo nel '45. Ai reduci: "Sogno un mondo senza atomica", però non si scusa

Obama conquista Hiroshima. Lacrime ma niente "sorry"

Non ha chiesto scusa ai giapponesi e al Giappone per le due bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki. È sceso dall'elicottero primo presidente americano in carica che faccia una tale visita ed ha incontrato alcuni dei centoventimila superstiti dei due bombardamenti atomici che provocarono poco meno di duecentomila morti, se si includono quelli per leucemia e cancro degli anni successivi. Ma, per dare un senso di proporzione alle cose, bisogna ricordare che una battaglia campale fra truppe statunitensi e giapponesi come quella di Iwo Jima (una fra le tante) aveva causato circa centosettantamila morti. L'amministrazione Truman, che aveva il consenso di quasi tutto lo staff di scienziati anche italiani che costruirono la bomba, fra cui Enrico Fermi ed Emilio Segré (premio Nobel per la Fisica) decise di andare avanti benché la Germania fosse sconfitta. Nelle intenzioni, la bomba era destinata ai tedeschi, ma quando Hitler si suicidò il progetto Alamos nel giro di tre mesi consegnò all'Air Force gli ordigni da lanciare sui due obiettivi giapponesi. Hiroshima era una città bellissima e civilissima, tutti i bambini in uniforme erano diretti alle scuole con i compiti nelle cartelle, le mamme tornavano a casa e i padri andavano al lavoro quando una luce molto più violenta di quella del sole accecò tutti gli esseri viventi.

Il momento più imprevisto e toccante è stato quello in cui il presidente degli Stati Uniti ha incontrato il signor Shigeaki Mori di 79 anni che dopo la bomba ha creato un «memorial» per i dodici soldati americani prigionieri che morirono nell'attacco nucleare: «Penso che dall'alto dei cieli i suoi connazionali siano felici in questo momento» ha detto Mori ad Obama. E poi ha commentato: «Obama ha le mani molto calde e per me si è avverato un sogno». Un altro sopravvissuto, Sunao Tsuboi di 91 anni riferisce il Wall Street Journal - ha detto: «Anche noi stavamo lavorando su una bomba atomica, per cui non biasimo gli americani». E ancora, un sopravvissuto di 84 anni, Terumi Tanaka, ha detto dopo aver ascoltato Obama: «Discorso commovente, ma senza speranza: non una sola parola concreta sull'eliminazione delle armi nucleari».

Il presidente Obama ha trascorso soltanto un'ora e mezzo ad Hiroshima, arrivando e poi ripartendo in elicottero. La maggior parte di quei novanta minuti li ha trascorsi ascoltando, più che parlando. Le fonti diplomatiche sottolineano che il presidente ha voluto condividere un dolore, ma non ha voluto chiedere scusa per gli esiti di una guerra che gli Stati Uniti non avevano cominciato. Dunque, molte condoglianze, abbracci, brevi camminate con gli anziani superstiti mano nella mano, ma nessuna «apology», non ha mai detto sorry. Ha parlato di quel momento. Ha cercato di ragionare ad alta voce su che cosa deve essere successo in quell'attimo della mattina del 6 agosto 1945 quando la storia del mondo cambiò in un attimo. L'umanità dimostrò a se stessa che era in grado di sterminarsi perché tutte le potenze in guerra dell'epoca Stati Uniti, Germania, Unione Sovietica e Giappone cercavano di produrre l'arma totale che avrebbe assegnato la vittoria a chi avesse vinto l'atroce gara.

Emilio Segré ha ricordato che le truppe americane appena entrate a Roma il 4 giugno del 1944 avevano il compito di cercare subito il fisico Edoardo Amaldi per sapere da lui a che punto erano i tedeschi con la bomba. I servizi segreti ottennero dai fisici italiani delle due sponde dell'Atlantico (una quindicina in tutto che da via Panisperna si era trasferita a Chicago) informazioni sufficienti per avere un'idea dei progressi di Berlino quando ancora Hitler parlava dell'imminente arrivo di un'arma che avrebbe capovolto le sorti della guerra.

La storia è finita, come sappiamo, con il suicidio di Hitler e le due bombe che convinsero l'imperatore del Giappone ad arrendersi. Ed oggi di quei fatti e di quelle decisioni resta il grande museo dedicato al bombardamento. Obama è partito dall'eliporto dell'U.S. Marine Corps ed è atterrato dentro il museo. Ha pronunciato un breve discorso e poi ha passeggiato nel parco della Pace con molti sopravvissuti ed infine è risalito sul suo elicottero. Nel museo, ha scritto sul registro dei visitatori: «Abbiamo conosciuto la pena della guerra: adesso dobbiamo cercare insieme la pace e un mondo senza armi nucleari».

Il primo ministro giapponese Abe ha detto che l'arrivo di Obama gli dava il coraggio necessario per ricordare che c'è ancora gente che soffre per quell'evento e che nulla di simile deve mai più avvenire. E ha ripetuto le cifre delle vittime per le esplosioni: 140mila vittime a Hiroshima e settantamila a Nagasaki.

Giornali e giornalisti giapponesi sottolineano che la popolazione di Hiroshima

è stata molto contenta della visita, avrebbero voluto tutti fare un filmino di Obama, non hanno potuto, ma questo non conta perché è stato comunque un grande precedente e ha prevalso senz'altro la generosità sul rancore.

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