Cronache

Morì a 19 anni per un mix di alcol e droga, arrestato il pusher nordafricano

Blitz dei carabinieri in un appartamento livornese, scatta l'arresto per il pusher tunisino di 28 anni accusato di aver venduto la dose letale alla diciannovenne

Morì a 19 anni per un mix di alcol e droga, arrestato il pusher nordafricano

Sono passati otto lunghi mesi da quella notte di fine ottobre in cui Erika Lucchesi perse la vita. Un mix di alcol e droga aveva stroncato il suo corpo fragile di diciannovenne nella notte del 20 ottobre 2019. Dopo una serata da sballo in una discoteca di Sovigliana, frazione di Vinci (Firenze). La tragedia ha dato il via alle lunghe indagini in cui gli inquirenti hanno cercato di capire chi avesse venduto alla ragazza le dosi di droga che l’hanno uccisa. Si chiama Emir Achour, il ventottenne tunisino - identificato in passato anche con altri due alias - che la scorsa notte è stato arrestato dai carabinieri. Il pusher nordafricano sarebbe colpevole di aver venduto alla ragazza le pasticche di ecstasy che ne causarono il decesso.

Rintracciato dai militari mentre si trovava in un appartamento in zona stazione centrale a Livorno, ora è stato trasferito nel carcere della città toscana con l’accusa di spaccio di sostanze stupefacenti e morte in conseguenza di un altro delitto scattata in esecuzione di un'ordinanza di custodia in carcere emessa dal gip di Firenze.

La notte della tragedia

Era la notte tra il 19 e il 20 ottobre dello scorso anno quando il corpo di Erika Lucchesi venne ritrovato a terra, privo di sensi, tra il bagno e la pista da ballo della discoteca Mind Club di Sovigliana, ancora conosciuta con il nome di Jaiss, locale famoso per le serate di musica techno.

La ragazzina era andata lì con un gruppo di amici per partecipare alla serata organizzata per la riapertura del locale. Una festa che nel giro di poche ore si è trasformata in una tragedia. Erano circa le 4 del mattino quando la ragazza si sentì male e finì per accasciarsi a terra. Pochi minuti dopo la chiamata al 118. Gli operatori sanitari provarono a rianimare il corpo esanime della ragazza crollata nel caos dei bassi tra le luci psichedeliche, ma non c’era più niente da fare.

Le indagini, coordinate dal pm Fabio Di Vizio della procura di Firenze, fecero subito emergere il nome del presunto spacciatore. A confermare l’ipotesi della procura furono le immagini delle telecamere di sorveglianza posizionate all’interno della discoteca. Dai filmati emerse infatti che Emir Achour avrebbe ceduto all'interno della discoteca almeno quattro pasticche di ecstasy a Erika poco prima che la giovane fosse colta da malore. Il pusher era un nome noto nell’ambiente delle discoteche secondo le dichiarazioni rilasciate agli investigatori dagli amici della 19enne che quella stessa sera si trovavano con lei e che, sempre secondo le immagini delle telecamere, avrebbero acquistato proprio da Achour altre cinque pasticche di ecstasy.

Secondo la ricostruzione degli investigatori, il pusher dopo aver appreso del malore della ragazza avrebbe cercato di coprire le tracce della sua mossa da omicida. Il tunisino quindi, avrebbe regalato ai ragazzi nel locale le restanti pasticche con cui avrebbe riscosso quella notte per riuscire a scappare dalla discoteca senza poter essere fermato dalle forze dell’ordine ancora in possesso di stupefacenti. Un modo per sfuggire ai controlli e salvare la propria pelle a discapito delle vite degli altri. Da quella notte il pusher si era reso irreperibile, fino all'arresto della scorsa notte.

Gli indagati

Nella lista degli indagati nell’inchiesta sulla morte della ragazza altre due persone si aggiungono ad Achour. Matteo Nerbi, 20 anni, amico di Erika, un ragazzo livornese che, secondo una prima ricostruzione, avrebbe rivenduto le dosi di droga presa dal fornitore. E Antonietta Abruzzese, legale rappresentante della discoteca Mind Club di 47 anni. Entrambe dovranno rispondere alle accuse di morte in conseguenza di altro reato e spaccio di sostanze stupefacenti. Il pm Di Vizio scrive tra le principali contestazioni lo spaccio, che sarebbe avvenuto anche dentro la discoteca di Sovigliana.

Al legale Abruzzese si contesta anche l'articolo 40 del codice penale, per il quale "Non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.

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