Cronache

II piano per uccidere Laura Ziliani: "Ha un'auto da 50mila euro..."

Scattano le manette per l'omicidio di Laura Ziliani. Le figlie e il fidanzato della più grande accusati di omicidio volontario e di occultamento di cadavere

II piano per uccidere Laura Ziliani: "Ha un'auto da 50mila euro..."

All’alba di oggi a Brescia e nella provincia di Bergamo, i Carabinieri della Compagnia di Breno (Brescia), coordinati dalla Procura della Repubblica di Brescia, hanno arrestato su ordine del Gip del Tribunale di Brescia le due sorelle di 26 e 19 anni rispettivamente impiegata e studentessa, figlie di Laura Ziliani, 55enne, scomparsa da Temù (Brescia) nella mattinata dell’8 maggio. Anche il fidanzato della sorella maggiore, uno studente universitario 27enne residente in provincia di Bergamo, è finito in manette con l’accusa, in concorso con le due ragazze, dell’omicidio volontario e dell’occultamento di cadavere della 55 enne madre delle ragazze.

Le intercettazioni

A far scattare le manette sono una serie di intercettazioni che dimostrerebbero come l'obiettivo degli assassini fosse in realtà il patrimonio della donna. "Il problema sai qual’è?", dice in una di queste Mirto Milani, "È che lei andava in giro con la macchina quella da 50 mila euro eh? Si faceva gli aperitivi a pranzo e a cena, andava al cinema... faceva un sacco di cose... si comprava una tonnellata di scarpe, di vestiti...".

Le indagini

Le indagini svolte hanno delineato un ampio quadro indiziario a carico dei destinatari della misura. Erano state le due figlie a dare l’allarme quella mattina, verso le 12, contattando il 112 e segnalando il mancato rientro della loro mamma, uscita di casa intorno alle sette per andare a fare una passeggiata nella frazione di Villa Dalegno. La donna sarebbe dovuta rientrare verso le 10 per poi andare con le figlie presso la locale discarica a disfarsi di vecchi materassi. Poco dopo la segnalazione della scomparsa, un vasto dispositivo di soccorritori composto da personale dei carabinieri, del soccorso alpino e dei vigili del fuoco, oltre che numerosi volontari, aveva battuto palmo a palmo il luogo della presunta scomparsa, senza rinvenire il corpo dell’impiegata, esperta conoscitrice di quei luoghi.

I dubbi degli investigatori

Fin dai primi giorni, i carabinieri hanno maturato perplessità sulla tenuta logica della ricostruzione dei fatti offerta dagli odierni arrestati.

Le indagini, immediatamente avviate parallelamente alle ricerche, sono consistite in attività tecniche di intercettazione, in complesse analisi di tabulati, nell’analisi forense di smartphone e computer in possesso degli indagati, coniugate con perquisizioni domiciliari, sopralluoghi della SIS che hanno evidenziato numerose anomalie nel racconto fornito dai tre arrestati, inducendo i carabinieri e la Procura a ritenere poco credibile la versione dell’infortunio o del malore in montagna. Per queste ragioni, a fine giugno le due figlie e il fidanzato della più grande, sulla base delle preliminari risultanze investigative, erano stati iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla relazione di parentela con la vittima e occultamento di cadavere. Sin da subito, sono risultati sospetti sia l’allarme dato troppo in fretta dalle due figlie, sia il rinvenimento del telefono cellulare, da cui la donna non era solita separarsi, trovato sotto una panca in cantina.

La scarpa ritrovata e la svolta

Ad aggravare il quadro e a convincere ancora meno gli inquirenti circa l’ipotesi della scomparsa è stato, nella tarda mattinata del 23 maggio, il ritrovamento della scarpa che la donna - a dire delle due figlie - indossava la mattina quando sarebbe uscita di casa per fare la passeggiata. La scarpa, infatti, è stata rinvenuta nel torrente Fumeclo, in un punto che sarebbe incompatibile con la direzione verso monte che avrebbe intrapreso la signora Ziliani. Sempre nel fiume Fumeclo, poco distante dall’abitazione della donna, agli inizi di giugno scorso, era stato rinvenuto un jeans femminile rovesciato, compatibile con quello che – secondo il racconto delle figlie - la Ziliani avrebbe indossato la mattina della scomparsa. Infine è stata rinvenuta anche la seconda scarpa della signora Ziliani che, per come emerso dalle indagini, è stata collocata nel luogo del rinvenimento proprio dagli odierni arrestati al fine di depistare le attività investigative avvalorando l’ipotesi dell’infortunio o del malore.

Il cadavere sepolto

Il rinvenimento del cadavere lungo la pista ciclabile di Temù, avvenuto nella tarda mattinata dell’08 agosto, ha ulteriormente alimentato il solido quadro indiziario. Passeggiando lungo le rive del fiume Oglio, un bambino aveva notato il corpo di una donna in stato di decomposizione, non riconoscibile in volto, parzialmente nascosto tra i rami e le foglie, verosimilmente accumulatesi a seguito dell’esondazione del fiume. La donna indossava solo una canottiera e degli slip, abbigliamento assoluta incompatibile con la ricostruzione fornita dagli arrestati. Gli orecchini in oro giallo e una cisti presente sul piede destro avevano portato a ritenere che il corpo fosse proprio quello di Laura Ziliani. La definitiva conferma è giunta dalla comparazione del Dna, eseguita presso l’Istituto di Medicina Legale di Brescia.

In sede di esame autoptico, il medico legale non ha rilevato segni di lesioni esterne ma la donna sarebbe stata tramortita con farmaci. Inoltre il corpo non presentava tracce compatibili con una lunga permanenza in acqua: l’ipotesi investigativa è che possa essere stato occultato in un ambiente le cui caratteristiche hanno rallentato il processo di trasformazione e decomposizione. Sono in corso indagini scientifiche di particolare complessità al fine di valutare l’effetto degli agenti esterni sul processo di decomposizione corporea. I preliminari accertamenti tossicologici eseguiti dall’istituto di medicina legale di Brescia hanno riscontrato la presenza di benzodiazepine nel corpo dell’ex vigilessa. I tre arrestati sono in carcere a Brescia in attesa di essere sentiti dai magistrati.

L'ordinanza, 38 pagine, parla di una chiara intenzione di uccidere. Secondo i magistrati, infatti, i tre giovani arrestati avrebbero pensato al delitto nel dettaglio, cercando di confondere le indagini, probabilmente anche cancellando i dati dai propri telefoni cellulari. "Il proposito omicidiario è il frutto di una lunga premeditazione e di un piano criminoso che ha consentito loro di celare per lungo tempo la morte e di depistare le indagini", scrive il gip Alessandra Sabatucci nell'ordinanza di custodia cautelare. Secondo gli inquirenti il movente sarebbe di natura economica. "I tre indagati - ha scritto il magistrato - avevano un chiaro interesse a sostituirsi a Laura Ziliani nell'amministrazione di un vasto patrimonio immobiliare al fine di risolvere i rispettivi problemi economici".

Il testimone

Intanto spunta anche un super testimone residente di Temù che avrebbe visto Silvia Zani, 27 anni, e il fidanzato Mirto Milani addentrarsi nei boschi dove dopo la segnalazione i carabinieri hanno poi trovato la scarpa mancante di Laura Ziliani. L'avvistamento risale al 25 maggio, due giorni dopo che la prima scarpa era stata fatta trovare sull’alveo del torrente Fiumeclo.

Le prove del delitto

Una vicina di casa della vittima ha confermato come due settimane prima della scomparsa l’ex vigilessa le ha raccontato di aver dormito per un giorno intero dopo aver bevuto una tisana preparata dalle figlie. Un particolare che, alla luce del delitto e della presenza di sonniferi nei referti della autopsia, fa pensare a “una prova generale” del delitto.

Anche questa testimonianza, che confedererebbe la premeditazione, è al vaglio degli inquirenti.

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