Cronache

La mossa di Ratzinger in difesa della Tradizione

Quattordici anni fa entrava in vigore il Motu proprio di Joseph Ratzinger sulla Messa antica. E oggi se ne discute ancora (ma è un buon segno)

La mossa di Ratzinger in difesa della Tradizione

Il quattordici settembre di quattordici anni fa entravano in vigore le disposizioni del Summorum Pontificum, il Motu proprio simbolo del pontificato di Joseph Ratzinger. Il dibattito sull'attualità della Messa in rito antico precede quel documento e attraversa tutto il pontificato di papa Francesco, che ha infine optato per Traditionis Custodes, un altro Motu proprio che, secondo i tradizionalisti, smantella l'impostazione che Benedetto XVI aveva voluto dare.

La cosiddetta "tridentina" è sì ritenuta essenziale sotto il profilo spirituale, ma ormai attiene pure alla sfera dell'identità. Al netto dei liturgismi e dei frutti vocazionali, nel tempo, il vetus ordo è divenuto l'emblema di un cattolicesimo che non è disponibile ad "abbracciare il mondo", usando un'espressione cara a coloro che rifiutano gli usi ed i costumi della contemporaneità. Benedetto XVI, che voleva anzitutto tamponare l'eventuale emorragia di fedeli (quella che avrebbe potuto seguire la scissione di monsignor Marcel Lefebvre), aveva liberalizzato, per così dire, la possibilità di richiedere quel tipo di Messa. Durante il pontificato del teologo tedesco, è nato un vero e proprio movimento, una realtà (e un pellegrinaggio) che oggi raccoglie pure perplessità e critiche sulle novità adottate da Jorge Mario Bergoglio in materia liturgica.

Il distinguo principale tra il passato ed il presente risiede nelle difficoltà che chi vorrebbe celebrare o partecipare alla Messa in rito antico incontrerebbe. L'ex arcivescovo di Buenos Aires ha infatti deciso di rendere la "tridentina" meno accessibile. Questa, almeno, è la versione di chi solleva rimostranze su Traditionis Custodes. Papa Francesco, nonostante le tante voci di corridoio che hanno anticipato la pubblicazione del Motu proprio, non ha cancellato il vetus ordo. Il Santo Padre ha bensì conferito maggiori poteri decisionali ai vescovi, disponendo pure sull'individuazione di una parrocchia apposita, una per diocesi, in cui la "tridentina" può avere luogo. Sino a questo momento, la novità sembra essere stata recepita. E le diocesi in cui celebrare il vetus ordo risulta impossibile sono ancora una netta minoranza.

L'"aria di rivoluzione", per dirla con Franco Battiato, è rimasta soltanto aria, mentre la "Messa tridentina" continua a far parte a pieno titolo della vita spirituale di molti fedeli cristiano-cattolici. Quello che sta cambiando, semmai, è il rapporto tra la Chiesa cattolica ed il passato, comprese le istanze liturgiche. La dialettica identitaria che Benedetto XVI coltivava con quello che il cattolicesimo è stato prima del Vaticano II, pur essendo Ratzinger un fermo sostenitore del Concilio e delle sue istanze ed anzi un protagonista teologico di quella fase, sta a mano a mano svanendo, alimentando un certo smarrimento tra chi vorrebbe che l'Ecclesia non si allontanasse troppo dal suo sentiero anti-moderno.

L'anniversario dell'entrata in vigore del Summorum Pontificum consente di riflettere sulle strade che la Chiesa cattolica ha davanti a sé. Tra chi vorrebbe un cattolicesimo del tutto slegato dalla tradizione e chi pensa invece, come lo scrittore americano Rod Dreher, che il futuro della confessione religiosa cristiano-cattolica sia riposto nel "voltare le spalle al mondo" in modo autentico, così come proprio Dreher aveva precisato a IlGiornale.it qualche anno fa, papa Francesco sembra perseguire una strada che tenga conto dell'una e dell'altra impostazione. Del resto, citando Gilbert Keith Chesterton, diremmo che "solo un albero vivo ha un numero eccessivo di rami".

Il fatto che Ratzinger ed il suo Motu proprio facciano ancora discutere, insomma, è un buon segno per l'Europa cristiana.

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