Mussolini e la Mezzaluna: un rebus mai risolto

In quell'asse con il mondo islamico ci furono anche punti oscuri come l'alleanza con il Gran Muftì di Gerusalemme, un personaggio molto discutibile che faceva l'occhietto a Hitler

Mussolini e la Mezzaluna: un rebus mai risolto

Con l'amico Renato Farina ho combattuto tante battaglie politiche e giornalistiche e raramente ci siamo trovati su fronti opposti. È successo ieri quando sulla prima pagina di Libero, recensendo per la verità molto bene il libro Mussolini e i musulmani che ho scritto con Gianmarco Walch, il collega parla di «peccato mortale del duce» che spalancò le porte all'islam. Secondo lui è stato proprio il duce che ha, così, trasformato l'Italia in un avamposto musulmano del mondo occidentale.

Io penso esattamente l'opposto. Lungi da me appoggiare in qualche modo una dittatura di per sé esecrabile. Ma nel caso dei rapporti con l'islam il duce aveva visto giusto, tanto è vero che fieri avversari del fascismo, come furono nel Dopoguerra i democristiani Enrico Mattei, Aldo Moro e Giulio Andreotti, cercarono di portare avanti anch'essi quella politica di convivenza ufficializzata esattamente ottant'anni fa, il 20 marzo 1937, con la consegna a Mussolini della Spada dell'islam vicino a Tripoli. In quell'occasione il romagnolo disse: «L'Italia fascista intende assicurare ai musulmani di Libia e di Etiopia la pace, la giustizia, il benessere e il rispetto delle leggi del Profeta». E non furono solo parole di circostanza perché proprio a Tripoli, grazie al governatore Italo Balbo, i musulmani, dal 1939, diventarono cittadini equiparabili a tutti gli effetti ai residenti italiani. Facendo il confronto con lo sbarco sulle nostre coste di migliaia di clandestini provenienti proprio dalla Libia, Balbo fu capace di gettare veri ponti verso il mondo arabo: oggi ne avremmo bisogno.

È vero, in quell'asse con il mondo islamico ci furono anche punti oscuri come - ricorda Farina - l'alleanza con il Gran Muftì di Gerusalemme, un personaggio molto discutibile che faceva l'occhietto a Hitler. Per non parlare del maresciallo Rodolfo Graziani il quale, dopo un attentato, si macchiò di una brutale repressione contro i cristiani copti in Etiopia. Eppure dietro il feeling di Benito con l'islam non c'erano solo motivi di mera convenienza politica (gli italiani erano stati «mutilati» nel trattato di Versailles come i Paesi islamici) ma anche da ragioni culturali che risalgono, secondo lo storico Franco Cardini, addirittura alla Rivoluzione francese.

Del resto, l'avvicinamento all'islam non impedì al duce di avere buoni rapporti pure con il Vaticano con cui aveva già stretto i Patti Lateranensi del 1929 e proprio negli stessi anni dell'avvicinamento all'islam, Mussolini divenne cavaliere di gran croce dell'Ordine di San Sepolcro. Un po' di qua e un po' di là.

Giancarlo Mazzuca

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