Il cancelliere zoppo. L’incubo instabilità minaccia Berlino (e preoccupa l’Ue)

Grande coalizione alla prova degli anti sistema. Söder (Csu): "Sembra Weimar"

Il cancelliere zoppo. L’incubo instabilità minaccia Berlino (e preoccupa l’Ue)
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Il primo governo di Konrad Adenauer, nel 1949, nacque con la maggioranza di un voto. E ai giornalisti che gli chiedevano se la scheda decisiva fosse la sua, e se quindi avesse votato per se stesso, Adenauer rispose serafico: «Naturale, affidarmi a qualcun altro mi sarebbe sembrato ipocrita». La storia costituzionale tedesca non è nuova a colpi di scena e arrivi in volata. E anche l'ultimo governo di Helmuth Kohl, nel 1994, superato l'entusiasmo per la riunificazione, vide la luce grazie a un misero, singolo voto.

Ieri in mattinata, però, di fronte alla bocciatura del cancelliere in pectore Friedrich Merz, le reazioni degli addetti ai lavori, deputati e commentatori, sono state di sbalordimento, se non di choc. Non solo non era mai successo che mesi di trattative, un contratto di coalizione lungo 150 pagine, il voto degli iscritti alla Spd (85% di sì al nuovo governo) e la ratifica degli organi dirigenti di Cdu/Csu, fossero travolti da un voto del Bundestag. Il peggio è che tutto è accaduto nel momento di maggior disorientamento nelle recenti vicende della Repubblica Federale. Figlia naturale dell'ordine internazionale nato nel Dopoguerra sotto la guida americana, la Germania è il Paese che oggi più risente in termini strategici e psicologici della fine di un'architettura globale ormai destinata ai libri di storia.

La guerra in Ucraina e il nuovo protagonismo cinese hanno messo in discussione le sue certezze economiche. La rielezione di Trump ha messo in crisi il suo tradizionale ancoraggio politico. Anche sul piano istituzionale interno le cose si sono complicate: da un sostanziale bipartitismo tra popolari e socialdemocratici con i piccoli liberali a fare da ago della bilancia, si è passati a una polarizzazione spinta tra cinque forze politiche lontane tra loro, con la seconda per numero di seggi (Afd) che si dichiara apertamente anti-sistema.

Il voto di ieri non ha fatto che sancire la realtà di un governo che rappresenta in tutto il 39% degli elettori. E in un Paese che venera la stabilità come valore supremo, è toccato al numero uno della Csu, la democrazia cristiana bavarese, Markus Söder, sintetizzare nella maniera più cruda (e con qualche esagerazione) l'accaduto: «È un presagio da repubblica di Weimar».

Dopo lo scrutinio del pomeriggio, che ha rimesso insieme i cocci, i tradizionali viaggi a Parigi e Varsavia, primo appuntamento di ogni Cancelliere, sono stati confermati, come previsto, per oggi. Lo stesso vale per una trasferta in Ucraina in calendario per i prossimi giorni. Ma la festa è stata rovinata. Angela Merkel, che in mattinata era seduta in prima fila nella galleria del pubblico per rendere omaggio al successore, nel pomeriggio non si è ripresentata (per precedenti impegni, è stato spiegato). Lo stesso ha fatto gran parte dei big presenti alla bocciatura.

Con la festa se ne è andata anche la prospettiva di una Germania destinata a riprendere alla svelta il timone europeo. Perché secondo la maggior parte dei commentatori l'incidente di ieri potrebbe avere conseguenze durevoli. Come potrà il neo-cancelliere Merz affermare la propria leadership se non è nemmeno in grado di tenere insieme la sua maggioranza? Così il vertice di oggi con Emmanuel Macron, destinato per qualcuno a riaffermare l'asse franco-tedesco alla guida della Ue, rischia di trasformarsi nell'incontro di due debolezze o, come si direbbe nella politica americana, di due «anatre zoppe»: un Merz esordiente e già ammaccato, un Macron paralizzato da un governo di minoranza e dall'impossibilità di ricandidarsi. «Ovvio, abbiamo bisogno di una Germania forte», ha detto ieri l'estone Kaja Kallas, «ministro degli Esteri» dell'Unione europea. A molti sono sembrate parole ispirate da una speranza delusa.

I primi temi sul tavolo non possono aspettare: si chiamano Ucraina e dazi.

Su entrambe le questioni Merz aveva mostrato, ancora prima di assumere l'incarico, un atteggiamento decisionista che appariva ben lontano dall'attendismo della Merkel. Ora si tratta di vedere quanto peserà la falsa partenza.

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