Cronache

Nel Cpr sputi, sassi e agenti pestati. Così i migranti dettano legge

Confermati gli arresti per tre stranieri. La rivelazione: polizia costretta a trattare coi migranti per mantenere l'ordine

Nel Cpr sputi, sassi e agenti pestati. Così i migranti dettano legge

Il Cpr di Torino è una brutta gatta da pelare, soprattutto per gli agenti costretti - loro malgrado - a presidiare il centro per il rimpatrio dei migranti. Le rivolte sono "all'ordine del giorno" anche se non tutte balzano agli onori della cronaca. Incendi, violenze, sputi. L'ultimo caso risale alla notte tra venerdì e sabato, l'ormai nota aggressione che ha dato vita allo sfogo di un poliziotto: quel "per un po' non parlatemi di accoglienza" è la sintesi perfetta di una situazione esplosiva, sempre al limite, dove poche divise si trovano a fronteggiare 158 persone senza mezzi adeguati.

A finire nei Cpr sono per lo più stranieri con precedenti penali che per un motivo o un altro devono essere rispediti in Patria. In attesa delle procedure burocratiche, vengono rinchiusi (per un massimo di 180 giorni) in questi centri controllati dalle forze dell'ordine. Attualmente i Cpr operativi sono nove, di cui tre al Sud, uno a Roma e a Torino l'unico per il Nord Italia. L'idea del Viminale era quella di aumentare il numero di posti a disposizione, aprendone altri 5 in diverse Regioni.

L'idea di base è semplice: radunare in un unico posto gli immigrati da espellere per evitare che possano girovagare sul territorio. Il problema è però la carenza di personale. Torino ne è l'esempio lampante: "Gli ospiti sono pregiudicati per reati connessi al traffico e allo spaccio di droga - spiega Pietro Di Lorenzo, segretario generale provinciale del Siap - e questo rende di per sé il Cpr una polveriera". Se poi ci si aggiungono i pochi poliziotti a disposizione, la frittata è fatta. Un dato su tutti: nel centro ad oggi opera lo stesso numero di divise di quando "la capienza era un quarto" dei 200 ospiti attuali.

Il rischio è che alla fine si arrivi alla "guerriglia" subita dal poliziotto ferito. L'agente ha riportato 30 giorni di prognosi, "una bella frattura scomposta di due falangi" e si è ritrovato con "due monconi malamente appesi". La "pericolossissima" sassaiola è durata "un tempo interminabile", con il poliziotto e un "manipolo" di cinque carabinieri costretti a subire le violenze degli immigrati. Solo l'intervento della Mobile ha evitato il peggio. Oggi il giudice ha convalidato il fermo di tre stranieri: due marocchini finiranno in carcere, mentre un tunisino è stato rispedito al Cpr perché "le sue responsabilità considerate meno gravi".

Restano, però, le polemiche. Una fonte di polizia del Giornale.it fa notare che nell'ultimo anno le rivolte degli immigrati sono state "innumerevoli", almeno "una ventina". Solo a Torino. Casi simili si sono registrati poi anche a Bari e Potenza. Gestire la sicurezza un strutture così complesse è difficile: i migranti non sono "detenuti", ma solo "trattenuti". E così si permettono di fare la voce grossa. "L'autorità viene messa in discussione", spiega l'agente ferito: gli ospiti deridono i poliziotti e le loro funzioni vengono "prese in giro e a sputi". E non è una metafora.

Solo la sera prima delle violenze, sempre a Torino i migranti avevano dato fuoco ai materassi e divelto gli arredi per gettarli contro i poliziotti. "Il controllo dell'ordine pubblico - scrive l'agente su Facebook - è diventato una chimera impostato essenzialmente sull'opera di mediazione dei singoli ispettori". In pratica le autorità sono costrette a "parlamentare" e scendere a compromessi con "extracomunitari provocatori pregiudicati"."Lì dentro non contiamo niente - rivela una fonte al Giornale.it - non ci sono pene per chi non ci rispetta e per far andare avanti la baracca bisogna cercare di convincerli" a non creare troppi problemi.

Sembra una barzelletta: state buoni, se potete.

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