Coronavirus

Nessun contagio con le acque? Ecco lo studio che ribalta tutto

Gli ultimi risultati di uno studio dell'università di Stirling hanno cambiato tutto: “Rischio trasmissione con acque reflue"

Nessun contagio con le acque? Ecco lo studio che ribalta tutto

Si torna a parlare della presenza di tracce di Rna del Coronavirus all'interno delle acque di scarico e di fiumi, fenomeno che interessa sempre più paesi del mondo: inizialmente la scoperta non aveva destato allarmi, dato che era stato detto che non vi era nessun rischio di contagio. Gli ultimi studi, tuttavia, hanno cambiato tutto.
Parlando del risultato delle sue ricerche condotte su 8 campioni di acque di scarico raccolti dal 3 al 28 febbraio nella città di Milano e dal 31 marzo al 2 aprile a Roma, la dottoressa Giuseppina La Rosa del Dipartimento Ambiente e Salute dell'Istituto superiore della sanità, aveva dichiarato: “In 2 campioni raccolti nella rete fognaria della zona Occidentale e Centro-orientale di Milano è stata confermata la presenza di Rna del nuovo Coronavirus. Nel caso di Roma, lo stesso risultato positivo è stato riscontrato in tutti i campioni prelevati nell'area orientale della città”.

Le sue affermazioni, tuttavia, non avevano provocato allarmismi. “Il ritrovamento non ha nessun rischio. Il risultato rafforza le prospettive di usare il controllo delle acque in fognatura dei centri urbani come strumento non invasivo per rilevare precocemente la presenza di infezioni nella popolazione”, aveva infatti dichiarato il direttore del reparto qualità dell'acqua e salute dell'Iss Luca Lucentini.

Un più recente studio inglese, tuttavia, ha completamente stravolto le convinzioni iniziali, mettendoci di fronte ad un nuovo problema. In un articolo pubblicato ieri sulla rivista Environment International, i biologi ambientali dell'università di Stirling hanno raccomandato ai governi di non trascurare il fenomeno di una possibile trasmissione del Coronavirus nelle acque reflue. Dal momento che attualmente la nostra principale difesa contro il Covid-19 consiste nell'arrestare la sua diffusione, prevenendo i contagi, è importante agire su ogni via di diffusione.

Anche l'acqua infetta, dunque, può comportare un rischio di trasmissione. Il dottor Richard Quilliam, che si è impegnato nello studio, ha chiesto al governo britannico di spendere ulteriori risorse per indagare sul caso. “Anche se il sistema fognario potrebbe rivelare informazioni utili sulla diffusione dell'epidemia, potrebbe anche comportare un discreto rischio di trasmissione”, ha infatti dichiarato lo scienziato. “Sappiamo che Sars-CoV-2 si trasmette tramite oggetti o materiale genetico che trasporti l'infezione, non è ancora noto se il virus possa essere trasmesso attraverso la via fecale-orale, ma studi recenti hanno evidenziato la presenza di Covid-19 nelle feci, e lo spargimento virale del sistema digestivo può durare più a lungo di quello del tratto respiratorio”.

Dello stesso avviso il ricercatore Manfred Weidmann e la dottoressa Vanessa Moresco , che hanno collaborato con Quilliam per realizzare lo studio. “Il problema principale è che una percentuale significativa di pazienti con Coronavirus è asintomatica, o manifesta sintomi molto lievi, per questo esiste il rischio elevato di contagio. La mancanza di test inoltre rende complessa la previsione della portata della diffusione potenziale e delle implicazioni per la salute pubblica”, ha dichiarato il primo. “La conformazione del virus inoltre sembra tale da suggerire un comportamento diverso del morbo in un ambiente acquoso. Alcuni Coronavirus possono rimanere attivi nelle acque reflue per circa 14 giorni, a seconda delle condizioni ambientali”, ha aggiunto la scienziata.

A destare particolare preoccupazione, quelle zone dove non sussistono condizioni igieniche adeguate. In quel caso, il rischio sarebbe addirittura molto elevato. “Comprendere il rischio di diffusione attraverso la via oro-fecale, pur essendo ancora in una fase abbastanza precoce della pandemia, consentirà di condividere con il pubblico più informazioni basate sull'evidenza della trasmissione virale. Inoltre, i rischi associati al caricamento delle acque reflue durante il resto dell'epidemia Covid-19 deve essere quantificato al più presto per consentire ai gestori delle acque reflue di agire rapidamente e mettere in atto misure di controllo per ridurre l'esposizione umana a questo materiale potenzialmente infettivo, affermano gli esperti, invitando i paesi ad agire in fretta.

“In un momento in cui il mondo è così concentrato ad intervenire sulle vie respiratorie, trattandosi di un virus respiratorio, non si deve però trascurare la possibilità che il Sars-Cov-2 possa diffondersi anche attraverso via oro-fecale", concludono.

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