Coronavirus

Nessuno decide e nessuno paga per gli errorri

Graziano Delrio, capogruppo dei deputati del Pd, sempre più nervoso per la confusione che regna nel governo, ha quasi implorato il premier: "In questo momento deve dire la verità anche se costa popolarità"

Nessuno decide e nessuno paga per gli errorri

Graziano Delrio, capogruppo dei deputati del Pd, sempre più nervoso per la confusione che regna nel governo, ha quasi implorato il premier: "In questo momento deve dire la verità anche se costa popolarità". Ma per Giuseppe Conte è quasi impossibile. Ieri alla Camera ha detto che attualmente sono disponibili 9.052 posti in terapia intensiva, ringraziando il commissario Domenico Arcuri. In realtà mezzo Paese sa che non è così leggendo i dati e l'altra metà ne è consapevole perché lo prova ogni giorno sulla propria pelle. «Non arrivano a 7mila (6625, ndr) precisa Americo Cicchetti di Altems, la scuola di economia dei sistemi sanitari ci sono poi i ventilatori che il governo ha acquistato, ma devono essere installati». E non sarà compito semplice e veloce visto che i bandi per gli architetti che dovrebbero progettare i siti per le terapie intensive sono stati emanati appena il 2 ottobre.

Ed ancora. Roberto Occhiuto, vicepresidente dei deputati di Forza Italia, ha definito Conte «un novello Ponzio Pilato, che punta a scaricare le responsabilità su Regioni e opposizione». E in fondo ha ragione, visto che il premier vede le colpe di tutti, meno le sue e quelle del suo governo. Ieri ha annunciato solennemente che il limite di capienza dei mezzi pubblici sarà portato dall'80 al 50%. Cioè ha fatto esattamente quello che il Comitato Scientifico gli aveva raccomandato sei mesi fa. All'epoca la risposta del suo governo era stata: «Con una riduzione del genere il numero delle autovetture in circolazione aumenterebbe di 500mila unità, con un incremento sensibile delle polveri sottili che metterebbe a repentaglio la salute dei cittadini».

C'è da chiedersi: perché la valutazione di allora non vale anche oggi? Mistero. A meno che la questione non sia tutt'altra e che sia la ragione di fondo dell'impreparazione con cui il governo si trova ad affrontare oggi la seconda ondata dell'epidemia. In sintesi, il premier per carattere o per sagacia politica (si fa per dire), rifiuta sempre di assumersi delle responsabilità e quando lo fa è perché è obbligato, o perché non può fare altrimenti e, anche in questo caso, cerca sempre delle «corresponsabilità»: che siano gli scienziati, le Regioni, i sindaci, le opposizioni o chiunque altro, magari gli stessi italiani, poco importa. «Ora rimarca Maria Stella Gelmini cerca la corresponsabilità dell'opposizione per coprire i suoi errori, perché ha una maggioranza divisa, cala il suo indice di popolarità e teme la rivolta che c'è nel Paese».

Insomma, siamo di fronte ad un premier Travicello, che si fa tirare per la giacchetta di qua e di là. Ha più coraggio l'Ordine dei medici di Milano che ieri ha chiesto il lockdown immediato per la città. Tant'è che per spogliarsi di ogni responsabilità Conte si è inventato tre fasce in cui inquadrare le Regioni in base al livello di contagio: a ogni fascia corrisponde un regime di restrizioni. Schema che ha una sua logica, ma che doveva essere pronto già mesi fa, proprio per non dare l'impressione, appunto, che sia solo un espediente per spogliarsi di ogni responsabilità.

Ma può un premier Travicello essere all'altezza di un'emergenza? Il rischio è che se il vertice della catena di comando si comporta in questo modo, la confusione e il caos si trasmettono fino all'ultimo operatore della Protezione civile. È quello che sta avvenendo. «C'è un problema di catena di comando avverte il renziano Marco Di Maio che non si vede. Ognuno dice la sua. Eppoi non si possono ammettere gli errori, chiedere nuova fiducia al Paese, lasciando chi ha sbagliato al proprio posto. Proprio non si può!».

Solo che un premier Travicello non è in grado di licenziare chicchessia. Ieri alla Camera ci vuole coraggio ha elencato i meriti di «mister Ritardo», il commissario Arcuri. Figurarsi se può anche solo immaginare di cacciare qualche ministro. «Nella prima Repubblica osserva il presidente della commissione Sanità del Senato, Annamaria Parente chi sbagliava si metteva in disparte. Ora si legano alla poltrona». E visto che nessuno paga per i propri errori, tutto si risolve in un continuo scarico di responsabilità. Al punto che ieri anche l'opposizione, per non essere accusata di essere irresponsabile, dopo aver criticato Conte e il governo in tutti i modi, si è astenuta sul documento della maggioranza che dava il via libera alle prossime scelte dell'esecutivo. «Siamo ad una finzione dietro l'altra», rimarca l'azzurro Andrea Cangini. «Anche perché - sottolinea il leghista Giancarlo Giorgetti per farci partecipare alle decisioni ci dovrebbero dare i dati in base ai quali le prendono, ma non ce li danno!».

Appunto, vedendo nello strano caleidoscopio della «catena di comando» dell'emergenza italiana, nessuno decide e non si sa chi decide. «Scarica, scarica, scarica: questo è il motto ironizza l'ex-portavoce di Rutelli e ora deputato renziano Michele Ansaldi e anche il Quirinale si limita a fare l'oracolo.

Per un'emergenza del genere aridatece Napolitano, almeno quello decideva davvero!».

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