
Tutto avviene in diretta televisiva. Pochi istanti, un cenno quasi impercettibile, molta buona educazione e una situazione di apparente normalità.
Siamo a Monaco di Baviera, Allianz Arena, il Paris Saint Germain ha appena vinto la Champions League e a bordo campo davanti alle telecamere di Cbs Sport Golazo si succedono protagonisti del match, tifosi vip e sportivi di ogni genere. Arriva il turno di Khabib Nurmagomedov, uno dei più grandi interpreti dell'Mma, le arti marziali miste, 29 vittorie e nessuna sconfitta nell'esagono dell'Ufc in tutta la sua carriera. Il Messi delle botte, giusto per intendersi. Khabib arriva al tavolo, baci e abbracci con tutti i presenti, ma quando arriva il turno di stringere la mano alla conduttrice Kate Scott si ritrae e porta la mano al petto. Lei intuisce, si scusa (!) e tutto procede come se nulla fosse.
Ma cosa è accaduto in quei pochi istanti? L'ex lottatore, originario della repubblica russa del Daghestan, è un musulmano sunnita. Nell'islam è proibito all'uomo toccare qualsiasi parte del corpo di una donna, musulmana o non musulmana, a meno che non siano imparentati o sposati.
Inciso. Stiamo parlando forse della trasmissione più interessante e al contempo leggera del panorama calcistico internazionale. La giornalista Kate Scott e gli ex campioni Thierry Henry, Micha Richards e Jamie Carragher sanno alternare approfondimenti calcistici a gag come pochi altri, tanto che i social network sono letteralmente invasi dai loro siparietti.
Eppure quei pochi secondi, trascorsi nella totale indifferenza dei presenti, hanno tolto il velo a una delle più grandi ipocrisie dell'Occidente attuale. Pur di non essere tacciati di islamofobia, siamo pronti ad accettare tutto questo come normalità? Khabib non ha fatto nulla di scandaloso agli occhi della sua cultura. Il punto, però, non è se Khabib abbia ragione o torto nel suo gesto, ma cosa rappresenta tutto questo per gli occidentali. Nel nostro mondo, la stretta di mano è più di un'abitudine: è un segno di considerazione, di pari dignità, di incontro. Non si parla di rinnegare le proprie radici, ma di rispetto reciproco. Cosa sarebbe successo a parti invertite?
Eppure, quando accade il contrario, si alza
subito la cortina della tolleranza. Ma tolleranza non significa subalternità. Né significa rinunciare ai propri codici di convivenza. Altrimenti è solo un'altra puntata della sottomissione occidentale in diretta televisiva.