"Non mi hanno attrezzato bene". Ecco dove si è contagiato Bertolaso

La rivelazione dell'ex capo della Protezione Civile: "Me la sono andata a cercare". I sintomi dopo la visita agli ospedali: "Mi sono detto: caro Guido, stavolta ti prendi il virus"

"Non mi hanno attrezzato bene". Ecco dove si è contagiato Bertolaso

"Nonostante molti sperano stia male, ora sto bene. Bisogna vivere e portare avanti la propria attività". È tranquillo Guido Bertolaso. A mesi di distanza dall'emergenza coronavirus, dalla malattia e dal ricovero, torna a parlare di quell'esperienza che l'ha segnato. E dopo tante ipotesi sul "come" abbia contratto l'infezione, ora arriva la sua rivelazione: "Me la sono andata a cercare".

Il suo racconto l'ex capo della Protezione Civile lo fa durante il convegno organizzato dall'Osservatorio permanente sulle libertà fondamentali promosso da Vittorio Sgarbi e il senatore Armando Siri. Tema dell'incontro: Covid-19. Bertolaso torna con la mente a quel drammatico marzo. Attilio Fontana lo chiama a Milano chiedendogli di guidare la costruzione del nuovo ospedale in fiera. Sono giorni drammatici. Il virus si diffonde in Lombardia a velocità incredibile. Gli ospedali sono saturi. Le terapie intensive piene. Bertolaso non si tira indietro. "Sono stato chiamato mentre ero in Africa - racconta - Non ci ho pensato un attimo e ho detto di sì". All'inizio tutto sembra scorrere per il miglio. L'ospedale cresce in tempi record. Un giorno però Bertolaso ha un pomeriggio libero. Molti l'avrebbero investito per riposarsi. Invece lui decide di andare a visitare gli ospedali della Lombardia in prima linea contro il morbo. "Tutti li chiamavano eroi ma si guardavano bene dall'andarli a salutare e ringraziare", spiega. Così sale in auto e, avvisando i direttori generali e sanitari, inizia il suo tour. "Venivo ricevuto da un rappresentante, mi vestivano per difendermi dal virus e visitavo i reparti". In uno di questi ospedali, però, succede qualcosa di strano. "Mi sono accorto che venivo attrezzato per entrare nella rianimazione con modalità che non erano quelle migliori e quelle che avevo seguito negli altri ospedali". Sul momento potrebbe rifiutarsi di entrare, ma non lo fa. "Stavo usando le stesse cautele che utilizzavano i medici lì dentro - continua - quindi mi sembrava ingiusto tirarmi indietro. Mentre giravo la rianimazione ho visto cose drammatiche: letti tutti occupati e spazi ricavati ovunque. C'era una lunghissima lista di attesa in pronto soccorso e forse qualcuno anche per essere intubato. Ho capito che stavo rischiando grosso". In quell'inferno a Bertolaso si accende una paura: "Mi sono detto: caro Guido, stavolta ti prendi il virus".

I primi sintomi iniziano ad arrivare tre giorni dopo. "Quando mi sono arrivati i brividi ero in auto e stavo tornando dalle Marche. Ho telefonato al professor Massimo Galli e sono andato a fare il tampone. La notte mi ha detto che avevo il virus. Il giorno dopo ho telefonato a Alberto Zangrillo e mi sono fatto ricoverare perché temevo potesse esserci un rapido peggioramento e volevo essere certo di essere curato al meglio".

L'ex capo della Protezione Civile ci tiene a precisare che subito dopo essere uscito dall'ospedale dove pensava di aver contratto il virus "ho decuplicato le modalità di protezione soprattutto per rispetto di chi mi stava intorno, come gli operi, i tecnici e i volontari dell'Ordine di Malta che mi ospitavano".

Dopo il ricovero inizia la battaglia con la malattia. Bertolaso ricorda quelle ore con un filo di apprensione. Parla di "paura" e "angoscia". Il virus lo ha segnato. "I primi due giorni bene, poi ho subito un peggioramento della malattia con difficoltà respiratorie". I medici non lo intubano, ma gli fanno indossare la maschera attaccata all'ossigeno. "Sono andato avanti per quattro o cinque giorni poi mi sono sentito meglio con i farmaci antivirali e quelli contro la tempesta infiammatoria. Dopo due settimane sono uscito dall’ospedale con un tampone leggermente positivo che poi si è negativizzato". Di effetti gravi non ne ha subiti, solo "una lieve riduzione della capacità polmonare" che ora è tornata alla normalità. Quello che resta è il ricordo di una "malattia infernale. "Solo chi la vive può provare l'ansia e il dolore che provoca. Un dolore fisico, ma anche psicologico. Sapevo da medico che stavo rischiando grosso". In quelle lunghe ore di ospedale Bertolaso ha timore di non farcela, ma è "sereno perché mi ero preso una malattia giusta ma per una brutta causa". "Nella mia vita - racconta Bertolaso - sono stato aggredito in Africa da bande armate, mi hanno sparato gli Khmer Rossi, ho lavorato sulla lava dell'Etna e ho vissuto tanti terremoti. Ora sono uscito anche dal Covid. È stato drammatico, ma utile per capire che bisogna stare attenti. È una cosa seria che va gestita". Infine una stoccata al governo: "In Italia mancano direttive decise e qualcuno che le faccia rispettare. Il lockdown lo hanno gestito meglio gli italiani del sistema Paese".

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