A Norcia tra gli angeli del fango: "Proviamo a ridare speranza"

Siamo stati a Preci e a Norcia, a una settimana dal terremoto che ha colpito queste zone. Ecco cosa abbiamo trovato

A Norcia tra gli angeli del fango: "Proviamo a ridare speranza"

“Non si passa di qui: le conviene prendere per Rocchetta”. Dire che convenga pare quasi uno scherzo, ma è davvero l'unica via, sicura, che porti a Norcia quella che attraversa un paesino della Valnerina, Rocchetta, anch'esso segnato dalle due ondate sismiche del 26 e del 30 ottobre. È una brutta strada, conosciuta per caso una settimana fa quando i mezzi della Protezione Civile bloccavano il tratto di Valnerina che collega Cerreto di Spoleto a Norcia. La situazione non è cambiata: l'autorizzazione a percorrerla vale solo per i mezzi di soccorso; tutti gli altri, auto di privati o automezzi di rifornimento, attraversano una serie infinita di tornanti di montagna, venti chilometri con strapiombo incorporato che sembrano non finire mai. Per Rocchetta passeremo, ma non subito: infilandoci nell'unico tratto libero della statale 685, sbuchiamo nell'abitato di Preci, borgo duramente colpito che ancora non avevamo avuto occasione di vedere.

“La situazione? Abbiamo splendide opere d'arte, anche un complesso monastico, San'Eutizio, seriamente danneggiate. Poi, nel paese, come avrete modo di vedere voi stessi, i danni alle strutture artistiche e alle due chiese di Santa Maria e di Santa Caterina sono incalcolabili”, spiega il Sindaco di Preci Pietro Bellini, prima persona che incontriamo impegnata, sin dalle prime ore del mattino, a risolvere quei problemi piuttosto comuni durante le emergenze, fra questi i bagni pubblici. Sì, l'igiene personale, insieme a cibo e coperte, è un'emergenza vera e propria e gli abitanti lamentano la mancanza di strutture esterne sufficienti. Il primo cittadino coordina i volontari da una scuola elementare dono, si legge su una targa, della campagna fondi di un istituto di credito, del TG5 e del Corriere inseguito al terremoto del 1997. Non è, dunque, la prima volta che il paese si trova in stato di calamità e i residenti sono compatti, rispondono bene alle richieste dei soccorritori e sanno adeguarsi alla situazione. Un bar ricavato da un gazebo assicura caffè, colazione, sigarette e addirittura la PayTv; l'isolamento (Preci la si raggiunge solo attraverso strade statali, deviate in molti tratti) si aggira con lo spirito collaborativo, malta della prima opera di ricostruzione, quella dello spirito. Bellini ci invita a seguire gli uomini del Comando Vigili del Fuoco di Terni, che coordinano l'unità di soccorso alla quale fanno capo le squadre della Sardegna, della Romagna e del Friuli.

E proprio da Gorizia arrivano i tre vigili che ci accompagnano a Saccovescio, frazione i Preci, un silenzioso borgo arroccato su una collina tirato a lucido, pulitissimo, nel quale il sisma pare non aver provocato enormi danni. “In effetti – spiega il caposquadra – la preoccupazione deriva dall'agibilità. Sì, come vedete crolli grandi non ci sono stati, ma quante di queste case sono sicure? La valutazione va fatta dall'interno, dalla capacità della struttura di sopportare il re inserimento delle famiglie che la abitano”. In attesa che a noi si aggiunga un funzionario del MiBact, arranchiamo a bordo della Campagnola su sterrati, fermandoci di tanto in tanto per permettere ai nostri accompagnatori di controllare e di valutare la stabilità di un muretto, le condizioni del manto stradale, eventuali altri punti di Saccovescio che non erano ancora stati visionati. Cambio turno e sostituzione mezzi: dalla jeep al pick up per raggiungere Preci, distante solo poche centinaia di metri dal campo base eppure, a prima vista, un altro mondo rispetto a quello che lasciamo a valle. Come molti altri agglomerati della Valle, Preci è tutta zona rossa a partire dalla casermetta dei Carabinieri nella quale, dicono i vigili, qualcuno “deve sempre e comunque stare. Non la si può lasciare chiusa e abbandonata a se stessa!” Siamo con gli uomini del comando VVF di Nuoro, sherpa che conoscono a menadito ogni angolo di questo prezioso borgo: la pietra bianca degli edifici è collassata su piazza Guglielmo Marconi dove sono concentrate le due chiese, Santa Maria e Santa Caterina, il palazzo del Muncipio e il Museo della Chirurgia Precese, culla della scuola medica che ha reso, secoli fa, Preci un punto di riferimento scientificio per il mondo occidentale. Il museo, al suo interno, non è danneggiato ma non sarà visitabile in tempo breve: infatti, la struttura portante si è piegata sotto il peso della scossa e l'intero edificio sarà, probabilmente, da demolire. Brutta gatta da pelare: il salvabile incastrato nelle rovine.

Altra piccola scossa e centinaia d'anni di cultura rischiano di scomparire. Un rischio elevato quello di perdere le tessere del mosaico dell'identià dell'Italia centrale rappresentato, con immenso orrore alla vista, dal complesso monastico di Sant'Eutizio le cui origini affondano le radici nel V Secolo d.C. Il campanile è venuto giù, portando con sé parte del cimitero; le bare, di legno e zinco, giacciono a terra in attesa che qualcuno restituisca le salme al riposo eterno. Il viaggio continua lungo la statale che taglia paesini fantasma, transennati sin dai margini della strada: Piedivalle, Campi, Pie la Rocca e Ancarano dove si teme per la sorte delle rovine di un castello del XIII Secolo; poi, finalmente Norcia, che si apre ai nostri occhi con un prosciuttificio della zona industriale seriamente danneggiato ma ancora attivo, ulteriore testimonianza della straordinaria resistenza dei nursini a non sacrificare tutto alle forze della natura. E poi, intendiamoci, come fai ad abbandonare anni di sacrifici e l'unico reddito che hai? Si lavora e si spera, anche se via Cavour, i suoi negozi e i suoi palazzi resteranno, a lungo, isolati. Le transenne alle porte non ci sono più: le pattuglie di Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza stazionano h24 di fronte agli accessi; gli agenti cercano di venire incontro alle richieste dei residenti che tentano a loro volta di strappare un'autorizzazione, un permesso temporaneo per recuperare poche cose dalle abitazioni. I giornali locali parlano di pericolo sciacalli anche se “al momento non ci sono stati casi di furto tra le rovine” spiega un caposquadra di Varese mentre ci allunga il caschetto, aggiungendo di sperare di “non vedere mai qualcuno che saccheggia, perché credo sarebbe quanto di peggio tu possa vedere in una situazione come questa”. Varcare la zona rossa è un passaggio star gate: per un attimo l'occhio va alla strada antistante Porta Ascolana, dove i VVF di Caserta, Varese, Prato, Pistoia e Arezzo hanno un presidio permanente e pianificano brevi sortite a beneficio di cittadini agitati e nervosi. “Cerchiamo di andare incontro alle richieste di tutti – continua il vigile – considerando sempre la gravità della situazione, i rischi e il fatto che non siamo tantissimi”.

Mobilitati sul tutto il territorio nazionale, ogni comando italiano ha inviato dieci operatori e due automezzi, ai quali si aggiungono le unità di intervento speciale e le auto grù, faticosamente “entrare dalle antiche porte, passate per un pelo grazie alla perizia di autisti che sanno il fatto loro. Come d'altronde in gamba sono stati i colleghi che hanno messo in salvo la pala di Jacopo Siculo dalla chiesa di San Francesco. Eccola: vede questa intelaiatura metallica? Bene, conteneva l'opera. L'abbiamo sollevata; agganciati a molti metri di altezza due vigili facevano da contro peso per equilibrarla e l'abbiamo posta in salvo. Come a Preci, a Visso e negli altri comuni colpiti le opere d'arte sono fonte di grande preoccupazione. Nella Basilica di San Benedetto, che pare reduce da un'incursione aerea, un enorme telo preserva i beni artistici dalle intemperie. Infatti, la pioggia battente che colpisce Norcia durante la nostra visita, non fa altro che appesantire il lavoro di recupero, poiché le macerie, bagnate, si trasformano in un fango fastidioso che intacca i reperti artistici e fa sprofondare gli stivali dei soccorritori. La torre municipale e ciò che resta di San Benedetto sono in buone mani: con un'azione degna di funamboli circensi, squadre di vigili imbragano la torre comunal e mettono in sicurezza la precaria facciata del tempio cristiano. La distruzione della Basilica un lato positivo, se così possiamo chiamarlo, lo ha avuto: si è potuti intervenire direttamente dall'interno. Stessa sorte non è toccata a Santa Maria Argentea, San Francesco e Santa Rita dove i muri portanti hanno retto l'urto, mentre il soffitto è caduto, collassato.

Quindi, gli storici edifici sono ora giganteschi contenitori di macerie, svuotabili solo dall'alto, a meno che non si decida di abbattere di scavare nelle pareti. Ore 17.30, il sole è calato e in giro per il paese restiamo solo noi e il caposquadra che ci accompagna. Surreale l'atomosfera, degna di The Fog di Carpenter o di una pellicola su una città fantasma, capsula del tempo in cui tutto è rimasto come all'ora X delle 07.42 del 30 ottobre. “Quanto impiegheranno i nursini a tornare? Difficile dirlo, credo molti mesi” ammette sconsolato il vigile. “Nel frattempo cerchiamo ogni giorno di resituire a questa gente quella normalità e quel senso di speranza che, mi rendo conto, li abbandona ogni volta che osservano il paese in cui è nata da fuori, buttando l'occhio oltre le transenne per intravedere qualcosa di familiare”. Neanche noi sappiamo di più: si parla di sei mesi, ma sfidiamo che i nursini riusciranno a riappropriarsi del borgo entro la primavera.

Una cosa, invece, possiamo dirvela con certezza: sono in buone mani perché, fra i tanti corpi impegnati nelle operazione, forse solo quello dei Vigili del Fuoco resterà negli anni imbattuo per grande perizia, profondo impegno e per un senso dell'umanità e della comprensione che lascia di stucco anche noi cronisti.

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