Mangiar bene è una (vera) arte. Ecco il nostro menu di Natale

Dai brodi fino agli arrosti: tutti i segreti della cucina italiana ne La scienza in cucina e l'Arte di mangiar bene (La Nave di Teseo)

Mangiar bene è una (vera) arte. Ecco il nostro menu di Natale

Che cosa cucino a Natale? Questa è la domanda che, dal mese di dicembre in poi, si pone ogni italiano. Tutto è ormai pronto. Molti avranno già preparato i menù e fatto la spesa. I ritardatari (e qui in redazione ce ne sono parecchi) sono ancora in alto mare. Per aiutarli, ilGiornale.it presenta la sua idea di menù, basandosi sulle ricette di Pellegrino Artusi, il padre della cucina italiana. La Nave di Teseo ha infatti recentemente pubblicato La scienza in cucina e l'Arte di mangiar bene (impreziosito dalla cura editoriale di Fabio Francione), di cui pubblichiamo, per gentile concessione dell'editore, ampi stralci. Chi pensa di trovare solamente un ricettario si sbaglia di grosso. Qui, infatti, non ci sono solamente dosi e ricette. C'è tanta storia. Tanta cultura che, nel nostro Paese, si è spesso fatta attorno alle quattro gambe di un tavolo.

Partiamo dunque dal pranzo di Natale. La carne è d'obbligo e, dopo un rapido giro di domande, si è scoperto che il cappone è il malcapitato che, con maggior frequenza, finisce sulle tavole della redazione. Abbiamo quindi scelto una delle versioni più ricche che fornisce l'Artusi. Cappone arrosto tartufato sia. Scrive il celebre gastronomo: "La cucina è estrosa, dicono i fiorentini, e sta bene perché tutte le pietanze si possono condizionare in vari modi secondo l’estro di chi le manipola; ma modificandole a piacere non si deve però mai perder di vista il semplice, il delicato e il sapore gradevole, quindi tutta la questione sta nel buon gusto di chi le prepara. Io nell’eseguire questo piatto costoso ho cercato di attenermi ai precetti suddetti, lasciando la cura ad altri d’indicare un modo migliore. Ammesso che un cappone col solo busto, cioè vuoto, senza il collo e le zampe, ucciso il giorno innanzi, sia del peso di grammi 800 circa, lo riempirei nella maniera seguente: Tartufi, neri o bianchi che siano poco importa, purché odorosi, grammi 250. Burro, grammi 80. Marsala, cucchiaiate n. 5. I tartufi, che terrete grossi come le noci, sbucciateli leggermente e la buccia gettatela così cruda dentro al cappone; anche qualche fettina di tartufo crudo si può inserire sotto la pelle. Mettete il burro al fuoco e quando è sciolto buttateci i tartufi con la marsala, sale e pepe per condimento e, a fuoco ardente, fateli bollire per due soli minuti rimuovendoli sempre. Levati dalla cazzaruola, lasciateli diacciare finché l’unto sia rappreso e poi versate il tutto nel cappone, per cucirlo tanto nella parte inferiore che nell’anteriore dove è stato levato il collo. Serbatelo in luogo fresco per cuocerlo dopo 24 ore dandogli così tre giorni di frollatura. Se si trattasse di un fagiano o di un tacchino regolatevi in proporzione. Questi, d’inverno, è bene conservarli ripieni tre o quattro giorni prima di cuocerli, anzi pel fagiano bisogna aspettare i primi accenni della putrefazione, ché allora la carne acquista quel profumo speciale che la distingue. Per la cottura avvolgeteli in un foglio e trattateli come la gallina di Faraone n. 546".

al mercato di Porta Palazzo un banco vende capponi in occasione dell'ultimo dell'anno
Al mercato di Porta Palazzo un banco vende capponi, foto del 1955

Come accompagnarlo? Erbette? Legumi? Noi preferiamo i carciofi in teglia: "Anche questo è un piatto di uso famigliare in Toscana, di poca spesa e relativamente buono. Potendo servire da colazione, per principio o per tramesso in un desinare di famiglia, non so comprendere come non sia conosciuto in altri luoghi d’Italia. Preparate i carciofi nel modo descritto al n. 186, e dopo averli scossi dalla farina superflua, distendeteli in una teglia ove abbia cominciato a grillettare olio buono e in quantità sufficiente. Quando le fette dei carciofi saranno rosolate da ambe le parti, versate sulle medesime delle uova sbattute, ma avvertite di non cuocerle troppo. Il condimento di sale e pepe spargetelo parte sui carciofi e parte nelle uova prima di versarle. Invece della teglia potete servirvi della padella; ma allora otterrete una frittata il cui gusto riuscirà alquanto diverso e inferiore".

Anche se sarà tutto buonissimo, qualcosa avanzerà. Per cena quindi solo brodo e cappelletti. Per il primo una raccomandazione: non prendetelo già fatto. Lo tolleriamo (e ammettiamo anche noi di utilizzarlo) durante la settimana, quando il tempo è poco e la fame tanta. Per Natale prendetevi il vostro tempo. Del resto, scrive l'Artusi, "lo sa il popolo e il comune che per ottenere il brodo buono bisogna mettere la carne ad acqua diaccia e far bollire la pentola adagino adagino e che non trabocchi mai. Se poi, invece di un buon brodo preferiste un buon lesso, allora mettete la carne ad acqua bollente senza tanti riguardi. È noto pur anche che le ossa spugnose danno sapore e fragranza al brodo; ma il brodo di ossa non è nutriente. In Toscana è uso quasi generale di dare odore al brodo con un mazzettino di erbe aromatiche. Lo si compone non con le foglie che si disfarebbero, ma coi gambi del sedano, della carota, del prezzemolo e del basilico, il tutto in piccolissime proporzioni. Alcuni aggiungono una sfoglia di cipolla arrostita sulla brace; ma questa essendo ventosa non fa per tutti gli stomachi. Se poi vi piacesse di colorire il brodo all’uso francese, non avete altro a fare che mettere dello zucchero al fuoco, e quando esso avrà preso il color bruno, diluirlo con acqua fresca. Si fa bollire per iscioglierlo completamente e si conserva in bottiglia. Per serbare il brodo da un giorno all’altro durante i calori estivi fategli alzare il bollore sera e mattina. La schiuma della pentola è il prodotto di due sostanze: dell’albumina superficiale della carne che si coagula col calore e si unisce all’ematosina, materia colorante del sangue. Le pentole di terra essendo poco conduttrici del calorico sono da preferirsi a quelle di ferro o di rame, perché meglio si possono regolare col fuoco, fatta eccezione forse per le pentole in ghisa smaltata, di fabbrica inglese, con la valvola in mezzo al coperchio. Si è sempre creduto che il brodo fosse un ottimo ed omogeneo nutrimento atto a dar vigore alle forze; ma ora i medici spacciano che il brodo non nutrisce e serve più che ad altro a promuovere nello stomaco i sughi gastrici. Io, non essendo giudice competente in tal materia, lascierò ad essi la responsabilità di questa nuova teoria che ha tutta l’apparenza di ripugnare al buon senso".

Raviole astigiane in brodo di gallina
Raviole astigiane in brodo di gallina

Ma l'uomo non vive di solo brodo. Lo si accompagni dunque con i cappelletti. Ovviamente all'uso di Romagna. Qui forniamo la ricetta per gli eroi armati di mattarello. I comuni mortali, come chi scrive, possono prenderli già fatti (ma per favore non prendete quelli industriali). Ma partiamo con ordine. "Ecco il modo più semplice di farli onde riescano meno gravi allo stomaco. Ricotta, oppure metà ricotta e metà cacio raviggiolo, grammi 180. Mezzo petto di cappone cotto nel burro, condito con sale e pepe, e tritato fine fine colla lunetta. Parmigiano grattato, grammi 30. Uova, uno intero e un rosso. Odore di noce moscata, poche spezie, scorza di limone a chi piace. Un pizzico di sale. Assaggiate il composto per poterlo al caso correggere, perché gl’ingredienti non corrispondono sempre a un modo. Mancando il petto di cappone, supplite con grammi 100 di magro di maiale nella lombata, cotto e condizionato nella stessa maniera. Se la ricotta o il raviggiolo fossero troppo morbidi, lasciate addietro la chiara d’uovo oppure aggiungete un altro rosso se il composto riescisse troppo sodo".

Chiuderli non sarà facili, ma La scienza in cucina e l'Arte di mangiar bene ci viene incontro, accompagnando le parole a disegni precisi.

Questo è il nostro menù. Poche portate ma buone. E, soprattutto, che affondano le loro radici nella tradizione. Come ogni Natale che si rispetti.

La scienza in cucina

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