Cronache

Il dna di "Ignoto 1" è sparito: due indagati per il caso Yara

Si tratta del presidente della Prima sezione penale del tribunale di Bergamo, Giovanni Petillo e la funzionaria responsabile dell'Ufficio corpi di reato, Laura Epis. Secondo i legali di Massimo Bossetti, i due avrebbero manomesso le prove

Il dna di "Ignoto 1" è sparito: due indagati per il caso Yara

Sono due i nomi che la procura di Venezia ha scritto nel registro degli indagati in merito ad una nuova inchiesta sull’omicidio Yara Gambirasio. Si tratta del presidente della Prima sezione penale del tribunale di Bergamo, Giovanni Petillo e la funzionaria responsabile dell'Ufficio corpi di reato, Laura Epis. Per entrambi l’accusa sarebbe quella di frode e depistaggio in processo prevista dall’articolo 375 del codice penale.

La denuncia presentata dalla difesa di Massimo Bossetti

Sembra la storia infinita quella che gravita intorno al caso Yara Gambirasio, la 13enne di Brembate di Sopra (Bergamo), scomparsa il 26 novembre del 2010 e ritrovata uccisa il 26 febbraio del 2011. Un delitto atroce, che ha scosso tutta Italia e del quale ad oggi l’unico colpevole, con condanna all’ergastolo, è il muratore Massimo Bossetti. Ed è stata proprio la difesa di quest’ultimo a presentare la denuncia nei confronti dei due odierni indagati. Il fascicolo d’inchiesta, affidato al procuratore aggiunto Adelchi D’Ippolito, avrebbe proprio l’obiettivo di far riaprire il processo ed esaminare nuovamente le tracce di Dna trovate sugli indumenti della vittima. E quindi nuovi presunti colpevoli. Ma cos’è successo in questi anni? Perché si è arrivati a questa denuncia?

Come si apprende dal Corriere Del Veneto, tutto gravita intorno alle tracce biologiche che da oltre un decennio hanno riconosciuto nell’<Ignoto 1> la persona di Massimo Bossetti. Si tratta del Dna prelevato sia dai leggins, sia dagli slip indossati dalla giovane vittima. Questi elementi hanno rappresentato la prova cardine del processo. Nonostante la prova sia stata definita inconfutabile, il muratore di Mapello si è sempre dichiarato innocente. I suoi legali, dopo la sentenza di condanna, hanno avanzato la richiesta di poter eseguire nuovamente gli esami delle tracce biologiche unitamente a quelli su altri elementi ritrovati nel luogo dell’omicidio. La richiesta in quell’occasione è stata rigettata. Da allora si sono fatti avanti diversi dubbi, soprattutto alla luce della “scomparsa e ricomparsa” dei 54 campioni prelevati sugli indumenti della vittima.

Il mistero delle tracce biologiche contenute in 54 campioni

Claudo Salvagni e Paolo Camporini, entrambi legali di Massimo Bossetti, sostengono che qualcuno potrebbe aver messo mano e fatto sparire appositamente le 54 provette che hanno portato all’arresto del loro assistito. In particolare i due difensori lamentano di non aver mai avuto la possibilità di accedere a quelle tracce di Dna attribuite al muratore. Proprio in merito alla traccia decisiva, in dibattimento era emerso che non sarebbe stata più utilizzabile in quanto “definitivamente esaurita”. In un secondo momento si è fatto un passo indietro parlando della disponibilità di quei campioni. Ma il dubbio della difesa è che adesso "il materiale confiscato sia stato conservato in modo tale da farlo deteriorare, vanificando la possibilità di effettuare nuove indagini difensive".

Proprio per questo motivo i due legati hanno presentato querela contro il presidente della Prima sezione penale del tribunale di Bergamo,( che ha respinto, ritenendo inammissibili, le istanze della difesa di esaminare i reperti) e la funzionaria responsabile dell'Ufficio corpi di reato. Ma i tempi non sono ancora maturi per dare delle risposte a queste accuse. Di certo al momento non è emerso alcun comportamento doloso messo in atto dagli indagati. E i legali di Massimo Bossetti sono ormai intenzionati ad andare fino in fondo: “Pendono altri due ricorsi in Cassazione per ottenere l’autorizzazione a riesaminare quei reperti – hanno dichiarato al Corriere Del Veneto - che però ancora non sappiamo in che condizioni siano e che tipo di danni possano aver subito trasferendoli dall’ospedale San Raffaele, dove erano custoditi inizialmente, ai magazzini dell’Ufficio corpi di reato.

L’obiettivo della denuncia di Bossetti – hanno concluso - è proprio di sapere se sono ancora utilizzabili o se qualcuno, magari interrompendo la catena del freddo indispensabile per la buona conservazione dei campioni, abbia compromesso per sempre la possibilità di effettuare dei nuovi studi sul Dna di 1”.

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