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Ognuno ha i magistrati che può

Ognuno ha i magistrati che può

In un estremo tentativo di difendere l'indifendibile, Marco Travaglio, a nome di tutti i manettari d'Italia soci del Davigo fan club, si è scagliato contro l'ex pm Carlo Nordio che si sta battendo contro l'approvazione della legge unica nei Paesi civili - che abolisce la prescrizione, altrimenti nota come «fine pena mai».

Quando uno è a corto di argomenti convincenti a sostegno di una tesi non gli resta che demonizzare l'avversario. E così Travaglio scrive un violento articolo per dipingere Nordio come un magistrato incapace e voltagabbana, mettendo in fila una serie di errori da lui compiuti quando era magistrato che hanno provocato prescrizioni o inutili inchieste.

Tutto vero, immagino. Sono fatti di circa vent'anni fa e si potrebbe obiettare che «sbagliando si impara» e che, proprio perché lui sbagliò, Nordio sa bene quanto sia pericoloso rimanere troppo a lungo nelle mani della magistratura. Oppure si potrebbe rovesciare il discorso e, avendo tempo e voglia, elencare tutti i processi incardinati da Davigo e finiti con piena assoluzione dei malcapitati dopo anni di inutili sofferenze, ricordare i morti per suicidio da abuso di carcerazione preventiva negli anni di Tangentopoli.

È chiaro che a Travaglio e ai manettari Nordio non piace. I loro ex magistrati preferiti sono altri. Il primo fu Antonio Di Pietro, uno che da pm finì in una imbarazzante storia di auto di lusso in prestito, soldi custoditi in una scatola da scarpe e che quando anche per questo - si dimise dalla magistratura entrò diritto in Senato nelle liste del Pds. Oppure quell'Antonio Ingroia, ambizioso pm di Palermo e stimato collaboratore de Il fatto Quotidiano famoso per aver detto che «un magistrato deve essere imparziale quando esercita le sue funzioni, ma io confesso che non mi sento del tutto imparziale. Anzi, mi sento partigiano». Ingroia ora è sotto inchiesta per peculato: gli hanno sequestrato 150mila euro ottenuti indebitamente e sulla sua testa c'è una richiesta a quattro anni di carcere. E anche lui con il pallino della politica. Nel 2012 fonda il partito «Rivoluzione civile», il Fatto nel 2013 gli presta come candidata una sua firma di punta, Sandra Amurri, e lo sostiene con il titolo: «Perché Ingroia sfonderà». Risultato: 1,8 per cento e addio sogni di gloria. Nel 2018 ci riprova con «La lista del popolo» e riesce a fare peggio: 0,02 per cento.

Ognuno ha i suoi magistrati di riferimento.

I manettari amano Di Pietro e Ingroia, noi Carlo Nordio e ne siamo orgogliosi.

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