Cronache

Ong, migranti 30 ore in mare. L'Ue chiede all'Italia di risolvere

Autorizzare il trasbordo e indicare il porto di sbarco spetta alla Gran Bretagna. Che perà tergiversa. E l'Ue chiede anche all'Italia di "contribuire a una soluzione rapida"

Ong, migranti 30 ore in mare. L'Ue chiede all'Italia di risolvere

Il caso rischia di essere più scoppiettante di quanto ci si potesse attendere. E la querelle dei salvataggi nel Mediterraneo è pronta a riesplodere come se - rispetto ad un anno fa - nulla fosse cambiato. O quasi. L'Ue, per voce della Commissione, infatti, oggi ha definito "deplorevole" il ritardo con cui Gran Bretagna e Italia hanno gestito il naufragio di 105 migranti, arrivando a chiedere che "siano sbarcati in tutta sicurezza il più presto possibile". Eppure l'Italia, citata nella dichiarazione di Bruxelles, c'entra ben poco. Anzi: come al solito ha fatto più del necessario per risolvere l'inadempienza di un altro Stato Ue. Alla faccia della solidarietà continentale.

Ma andiamo con ordine. Due giorni fa l'imbarcazione di Proactiva Open Arms recupera 105 immigrati in mare. L'Astral però non è attrezzata per garantire loro le cure necessarie: bisognerebbe trasbordarli sul ponte di un'altra nave Ong, la Aquarius di Sos Mediterranee che - guarda caso - si trova anch'essa nei paraggi. L'autorizzazione è arrivata solo dopo lunghe ore di trattativa tra Italia e Gran Bretagna. Uno scandalo? Non proprio. Ma soprattutto l'Italia stavolta non c'entra davvero nulla: l'evento Sar non era coordinato da Roma, quindi spettava a Sua Maestà sbrogliare il bandolo della matassa di due imbarcazioni umanitarie battenti bandiera britannica.

Il Codice di condotta voluto dall'Italia e firmato dalle Ong infatti parla chiaro: le navi umanitarie non possono trasbordare i migranti da una imbarcazione all'altra se non espressamente autorizzati da chi ha assunto il comando. In questo caso lo Stato di bandiera. La Gran Bretagna ha però tergiversato a lungo, lasciando i 105 migranti in balìa delle onde per oltre 30 ore. Alla fine, "attesa la mancanza di indicazioni pervenute" da Londra, ci ha pensato il Belpaese a risolvere la questione autorizzando il trasbordo sulla nave Aquarius "a tutela della salute e della sicurezza dei migranti presenti a bordo". Finendo - come al solito - per fare la parte del debole nella battaglia di scartoffie in mezzo al mare.

Ovviamente le Ong parlano di "confusione" che mette "a rischio la salute" dei migranti e lamentano ritardi. Legittimo. Eppure tutto nasce da una loro iniziativa che - codice di condotta alla mano - non avrebbero dovuto assumere. A chiarire le dinamiche è stata la Guardia Costiera Italiana. "Nella giornata di ieri (due giorni fa, ndr), a seguito di una chiamata satellitare pervenuta alla Centrale Operativa della Guardia Costiera Italiana proveniente da una imbarcazione in difficoltà a largo delle coste libiche, l'unità a vela Astral di bandiera inglese (...) si è diretta in prossimità del gommone con 105 migranti a bordo". Fin qui tutto normale. L'Ong, però, nelle sue lamentele non ha spiegato che "sebbene informata dell'assunzione del coordinamento da parte delle autorità libiche, ha proceduto in autonomia al recupero dei migranti, ritenendo la situazione critica". E qui casa l'asino. A recuperare quei migranti sarebbe dovuta essere la Marina di Tripoli. Ma Proactiva ha deciso comunque di intervenire. Pur sapendo, peraltro, che la sua nave non avrebbe potuto assistere i naufraghi coinvolti.

Direte: saranno stati con l'acqua alla gola. Vero. Ma perché allora una volta soccorsi non li hanno consegnati ai libici che avevano il comando dell'operazione? Domanda retorica: inutile ricordare i numerosi scontri tra Ong e Tripoli e il rifiuto, più volte esternato, delle Organizzazioni umanitarie di collaborare con la Libia.

Non si capisce dunque per quale motivo la Commissione Europea abbia deciso di attaccare anche l'Italia e di inserirla nel calderone delle polemiche politiche. La portavoce della Commissione, Natasha Bertaud, infatti, ha rivolto un appello "alle autorità italiane e britanniche perché lavorino per una soluzione rapida della situazione" perché "la priorità deve essere che i migranti a bordo ricevano cure". Tutto vero. Ma non è all'Italia che spetta il compito di far sbarcare quelle persone. La Aquarius ora attende infatti di sapere in quale porto sicuro far approdare i 105 disperati. Spetterebbe all'Inghilterra comunicarlo, ma ancora non l'ha fatto.

E chissà che alla fine, come successo ieri, Roma non ceda alle pressioni Ue e decida di farli sbarcare in un porto nostrano.

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