Politica

Ora fatti e non trucchi

Siamo dunque di fronte a un nuovo genere di presidente della Repubblica, benché quello appena eletto sia un sosia omonimo del suo predecessore.

Ora fatti e non trucchi

Siamo dunque di fronte a un nuovo genere di presidente della Repubblica, benché quello appena eletto sia un sosia omonimo del suo predecessore. Mattarella rieletto per un secondo mandato settennale ha letto in Parlamento un programma d'azione e di persuasione che è politico, come fanno i presidenti degli Stati Uniti quando iniziano il secondo mandato e sanno di poter finalmente agire senza vincoli elettorali. Mattarella si è voluto presentare non soltanto diverso dai predecessori, ma anche da se stesso, perché ha voluto dare forti segnali di rottura che vagamente ricordano la fine del settennato di Cossiga, per anni silente finché cominciò a togliersi sassi dalle scarpe, cosa che lo portò a un braccio di ferro con il Csm al punto di far schierare davanti al Palazzo dei Marescialli un reparto di carabinieri in tenuta antisommossa.

La soluzione di proporre il bis a Mattarella è stata perorata da Silvio Berlusconi di fronte alle istituzioni minacciate dall'incompetenza ed è apparsa la più saggia, anche perché permetteva di stabilizzare il ruolo di Mario Draghi come premier. Poi, il fatto inatteso: il nuovo presidente evita il discorso di circostanza e illustra un programma politico, sia pure in termini di persuasione morale. Non siamo ancora al presidenzialismo perché manca il voto popolare, ma siamo già oltre il vecchio schema. Ovvero a un presidente che lancia un programma riformista centrato sulla dignità della persona e che poi prende posizione sulla giustizia negata, indicando per la prima volta le responsabilità di un Csm investito dagli scandali delle «logiche di appartenenza». Qui è avvenuta la svolta rispetto al Mattarella che aveva concluso il primo settennato senza fare un cenno di quel che era venuto a galla di poco pulito nel campo giudiziario. Allora, tutti noi appartenenti all'area liberale che è stata rappresentata per decenni da un leader politico eliminato con strumenti non politici come non si era mai visto nella storia delle democrazie liberali, masticammo amaro: nulla da dichiarare sul sistema giudiziario in cui i cittadini non ripongono più fiducia? E oggi ci chiediamo: le nuove e forti parole usate da questo rinnovato presidente, si tradurranno in fatti, leggi e riforme? Perché a questo punto sarebbe un vero disastro se il Parlamento plaudente non agisse o agisse in modo incompleto, col rischio di mettere il bastone fra le ruote del referendum sulla giustizia. Mattarella ha intimato ai giudici che bloccano la giustizia e intervengono abusivamente nella politica di rientrare nei ranghi, per svolgere il loro ruolo di imparziali erogatori di un servizio pubblico nel rispetto dei diritti dei cittadini, della Costituzione e del Parlamento.

Una grande speranza è stata evocata, ma resterà a galla soltanto se produrrà atti, fatti, leggi, riforme.

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