Cronache

Padova, le lucciole ricorrono contro l'ordinanza Bitonci: è la "class action del sesso"

Ventuno prostitute chiedono la revoca della multa del sindaco di Padova. "Siamo una ditta dovete togliere subito quei divieti"

Padova, le lucciole ricorrono contro l'ordinanza Bitonci: è la "class action del sesso"

"Sono una ditta dovete togliere subito quei divieti". La prostituta ricorre al Tar contro l'ordinanza del sindaco di Padova Massimo Bitonci. Non è l'unica a farlo. Ce ne sono altre venti al suo fianco. Tutte unite in una class action del sesso. L'obiettivo è far annullare dal giudice amministrativo le sanzioni da 500 euro che si sono viste infliggere sul marciapiede. L'ordinenza del sindaco leghista pone, infatti, il divieto a prostituirsi laddove si offende la pubblica decenza. In quel caso i vigili possono intervenire multando (pesantemente) tutte le lucciole che si mostrano, discinte e con atteggiamenti inequivocabili, ai clienti per strada.

Dal 27 febbraio scorso, quando è entrata in vigore l'ordinanza di Bitonci, come racconta il Gazzettino, i vigili hanno già staccato 206 multe a prostitute che lavorano sulle strade padovane e nove ai clienti. Nessun cliente si è rivolto al Giudice di Pace per contestare la sanzione, ma una prostituta ha deciso di rivolgersi al Tar. "Una presunta professionista ha ottenuto l'udienza per il 24 giugno - spiega l'assessore Matteo Cavatton - sostiene che il sindaco non possa regolamentare il fenomeno e che un tale provvedimento metta in essere una disparità di trattamento per le lucciole che esercitano a Padova". La lucciola si è aggrappata all'articolo 41 della Costituzione che tutela l'iniziativa economica privata.

Dopo il primo ricorso, altre 21 prostitute si sono accodate dando vita a quella che il Gazzettino ha già ribattezzato la "class action del sesso".

"Le prostitute hanno deciso di 'consorziarsi' e di affidare alla stessa mano la stesura della contestazione della sanzione - si legge sul Gazzettino - a dimostrazione del fatto che hanno trovato un’intesa, c’è una prova incontrovertibile e cioè che i ricorsi sono tutti uguali, a parte, ovviamente, le generalità di chi li ha presentati".

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