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Il Paese corrotto a intermittenza

Ciò che ha portato i Cinque stelle al governo è un sentimento collettivo di indignazione. Ma Conte non fa il grillino

Il Paese corrotto a intermittenza

Neanche un matto si sarebbe mai potuto immaginare che il primo presidente del Consiglio grillino, nel suo primo giorno di mandato, avrebbe arringato il popolo da un palco - quasi un comizio - gridando: «È sbagliato pensare corrotti di qua e corrotti di là... L'Italia è sana! Ci sono episodi di corruzione che vanno combattuti...».

E alla folla che chiede il sangue, alle tricoteuses che aspettano la promessa di teste rotolanti, il primo presidente del Consiglio grillino, nel suo primo giorno di mandato, risponde invocando prudenza, buon senso, pazienza. Un cittadino (naturalmente onesto) gli grida: «Devi fare piazza pulita, pulisci tutto, sti corrotti di m...!», e il primo presidente del Consiglio grillino, nel suo primo giorno di mandato, grida ancora più forte di lui: «È sbagliato rappresentare il Paese come un Paese corrotto! Ci sono episodi di corruzione che vanno combattuti...». Ma non eravamo uno dei Paesi più corrotti dei mondo? Ma non ci avevano mostrato classifiche che eravamo peggio del Ruanda? «Tra l'altro anche negli altri Paesi ci sono episodi di corruzione - dice il primo presidente del Consiglio grillino nel suo primo giorno di mandato - quindi non dobbiamo fare i provinciali che pensano che in Italia tutto è corrotto e all'estero tutto è probo».

Il filmato è lì da vedere e non è Crozza, è davvero Conte che parla, seppellendo un decennio di vaffa day, di rilegature di fotocopie dei pm spacciate per libri-inchiesta, di tintinnar di manette, di autodiffamazione nazionale. Bravo, bravissimo presidente Conte, ha perfettamente ragione. Non c'è da dubitare della sua sincerità. Però il voto che l'ha portato - tramite Di Maio - a palazzo Chigi è il voto di un popolo mosso innanzitutto da quella certezza: che i politici sono tutti ladri, che destra e sinistra sono tutto uno schifo e tutta corruzione. Ciò che ha portato i Cinque stelle al governo è un sentimento collettivo di indignazione, e naturalmente indignazione per i peccati altrui perché in Italia ci si indigna sempre e solo per i peccati altrui. Ciò che ha portato i Cinque stelle al governo è stata una gigantesca campagna di rabbia, di rancore contro il Palazzo, per Palazzo intendendo tutti coloro che hanno un ruolo di responsabilità, dai politici ai burocrati di Stato agli imprenditori e naturalmente ai giornali, per i quali si è inventato un finanziamento pubblico che non esiste, così, tanto per far incazzare el pueblo.

Veramente è un percorso che parte da lontano: da Mani pulite, dal «momento magico dell'arresto», dalle monetine contro Craxi, dalle intercettazioni «penalmente irrilevanti» ma «moralmente rilevanti» sparate su tutti i giornali, compresi quelli che poi i grillini dicevano collusi con i ladri. È partito tutto da lontano, ma il denominatore comune è stato quello, la corruzione.

E ora ecco che «l'Italia è un Paese sano», ed è normale, come in tutto il resto del mondo, che ci siano «episodi di corruzione che vanno combattuti». Il Movimento Cinque stelle magari avrà vita lunga, ma il grillismo è finito, ormai non serve più.

E se qualcuno, facendo la storia del periodo ante-marcia, dirà che nel grillismo c'è stata un po' di ipocrisia, un po' di violenza e molto opportunismo, ci diranno che erano episodi che andavano combattuti.

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