Coronavirus

La verità sul virus in superficie "Ecco quanto resiste davvero"

Il virologo Giorgio Palù, che fa parte della task force del Veneto, spiega la biologia del virus: "A contatto con gli oggetti, per nostra fortuna, vive pochissimo tempo"

La verità sul virus in superficie "Ecco quanto resiste davvero"

La caccia al coronavirus continua. E, anche se le statistiche sono positive, la preoccupazione nella popolazione resta alta. "Il virus resiste molto poco su oggetti e superfici contaminate da secrezioni o emissioni orali naso faringee. Quanto più è esposto all’ambiente esterno - temperatura, concentrazione o assenza di sali - tanto più questo ha un involucro che tende a rompersi e dura pochissimo, ha una vita di 1 o 2 ore. Se poi c’è la radiazione ultravioletta del sole e l’essiccamento dura ancora di meno". A parlare è il virologo Giorgio Palù. E lo fa dai microfoni di Agorà su Rai3.

Per la ripartenza "ci dovrebbero essere criteri unici", ma "molto si giocherà a livello locale perché in alcune aree del Paese la circolazione della malattia è decisamente minore". Palù fa parte della task force Covid-19 della Regione Veneto. E le sue indicazioni sono preziose. Sono preziose per tutti quei cittadini pronti a ripartire. A voltare pagina. "Un metro resta la distanza minima raccomandata in presenza di un virus come questo che si trasmette per via aerea attraverso goccioline di 5 micron. Certo, in presenza di colpi di tosse e di ventilazione forzata è utile adottare un distanziamento maggiore".

Poi si sofferma su un dato. Solo poche ore fa è stata diffusa la notizia della presenza del coronavirus nell’acqua non potabile di Parigi. Lui risponde così: "Per quanto riguarda questo punto, troviamo molti virus enterici nell’acqua. Questo è un virus respiratorio che resiste molto poco nei liquidi. Abbiamo anche calcolato qual è l’emivita sulle superfici, l'infezione persiste una emivita di poche ore e quanto è più esposto ad ambiente esterno tanto più tende a morire".

Parlando della tragedia delle Rsa, spiega: "Questa è un'infezione che si diffonde in ambiente ospedaliero. Conoscenze che stiamo acquisendo sulla sua biologia sono tali che cominciamo a capire che è meglio curare i pazienti a casa. Quindi il Veneto si è attrezzato per trattamenti domiciliari fatti dai medici di medicina generale. Meno ricoveriamo meglio è". Palù poi aggiunge che le case di cura sono un ambiente dove un virus nosocomiale si diffonde di più. Dove ci sono soggetti molto fragili e non hanno le stesse barriere degli ospedali.

Infine, si concentra sulla ricerca. L’attività di ricerca "sta viaggiando ad una velocità mai sperimentata in passato".

E se Nature aveva censito in tutto il mondo (all’8 aprile) 115 candidati vaccini, 78 attivi e 37 per i quali non si hanno informazioni, "sono già diversi quelli in fase più avanzata, oltre al progetto che vede insieme Irbm e Università di Oxford e che si basa sulla piattaforma per il vaccino anti-Ebola".

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