La Panda di Salvini

La Panda di Salvini

Se aumentando le tasse sull'auto gli italiani non potranno più comprare la Panda 1.2 vuole dire che si dovranno accontentare di quella 1.0. Questa è la ricetta economica grillina illustrata ieri dalla sottosegretaria Laura Castelli, quella nota per via dell'assurdo che «lo spread alto non danneggia nessuno» e altre amenità. La domanda che Matteo Salvini dovrebbe porsi con una certa urgenza è per quanto ancora si può andare avanti a governare con dei cretini. Basta che non ci venga a spiegare che così è perché lui ha firmato un «contratto». Noi non ci caschiamo, quel «contratto» politicamente vale zero perché è un accordo privato tra due aspiranti leader, Salvini e Di Maio, mai cercato o voluto dai rispettivi elettorati che anzi non hanno nulla da condividere talmente distanti sono le loro posizioni e i loro interessi.

Quel «contratto», in base al quale oggi rischiamo una tassa sulle utilitarie e il taglio del quaranta per cento delle pensioni, ha generato una maggioranza parlamentare che non coincide con una maggioranza elettorale. Operazione questa di corto respiro e pericolosa per chi la subisce ma anche per chi la mette in atto, come dimostrano le più recenti vicende politiche italiane. I guai di Forza Italia sono iniziati quando, andando contro il mandato ricevuto nelle urne, Berlusconi accettò di sostenere «per senso di responsabilità» insieme al Pd di Bersani il governo Monti e approvare di conseguenza leggi - la famigerata stagione dell'austerity - contrarie al sentire della sua gente. Non migliore fortuna portò ai suoi protagonisti l'anomala alleanza - oggi diremmo contratto - tra Renzi e Alfano che nel frattempo aveva dato vita al Nuovo Centrodestra. In Parlamento la strana coppia fece il bello e cattivo tempo con la forza dei numeri ma alla prima occasione il giudizio dei rispettivi elettori fu più che severo, direi una definitiva bocciatura.

Se Salvini continuerà a usare il «contratto» come scusa per lasciare che i Cinquestelle puniscano i suoi elettori con nuove tasse e tagli di pensioni non potrà che fare la fine di Renzi e Alfano. Oggi sembra impossibile il solo il pensare a un'ipotesi del genere tanto è il consenso che i sondaggi attribuiscono al leader della Lega. Ma se ci riflettete, questo consenso non è superiore a quello avuto da Renzi all'inizio della sua avventura e neppure a quello di cui godeva Berlusconi fino a un attimo prima di dare il suo appoggio al governo Monti.

Gli elettori perdonano molto a un leader carismatico, ma non tutto. E Salvini, a nostro modesto e inutile parere, è sul punto di superare il confine che porta al punto di non ritorno. Mi auguro, per il suo e nostro bene, che si fermi fino a che è in tempo.

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