«Ognuno si domandi qual è il suo idolo. E una volta capito lo getti via». Anche, e forse soprattutto, se quell'idolo è lo smartphone. Che per tanti giovani, da strumento utile, si sta trasformando in una dipendenza. Papa Francesco ha parlato così in conclusione dell'Udienza generale di ieri, dedicata proprio al peccato dell'idolatria. Parola che, ha ricordato il Pontefice, in greco deriva dal verbo «vedere» e indica una visione che diventa fissazione, ossessione.
Se ne siete schiavi, ha detto Bergoglio, buttate via il cellulare. «L'idolo è una proiezione di se stessi negli oggetti o nei progetti. Di questa dinamica si serve, ad esempio, la pubblicità: non vedo l'oggetto in sé ma percepisco quell'automobile, quello smartphone, quel ruolo come un mezzo per realizzarmi e rispondere ai miei bisogni essenziali - ha messo in guardia il Papa -. L'idea di possedere quell'oggetto, realizzare quel progetto o raggiungere quella posizione sembra una via meravigliosa per la felicità e tutto diventa funzionale a quella meta». Il rischio è di perdersi dietro a queste illusioni - dietro a quel piccolo schermo da cui spesso si fatica ad alzare la testa - lasciando indietro ciò che davvero conta: amicizie, amori. Il Pontefice l'ha spiegato senza risparmiarsi sui toni: «Nell'antichità si facevano sacrifici umani agli idoli e oggi la situazione non è diversa: per la carriera si sacrificano i figli, trascurandoli o non facendone, mentre la bellezza richiede ore e ore davanti allo specchio. La fama chiede l'immolazione di se stessi, della propria autenticità. Il denaro ruba la vita e il piacere porta alla solitudine. Le strutture economiche sacrificano vite umane per utili maggiori: pensiamo alla gente senza lavoro. Perché? Perché a volte capita che gli imprenditori abbiano deciso di congedare dipendenti per guadagnare più soldi. L'idolo dei soldi. Gli idoli chiedono sangue».
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