Coronavirus

Il pasticcio del governo su Vo': deve pagarsi le spese del virus

Il Comune veneto chiuso in zona rossa insieme a Codogno. Ha sostenuto costi extra per 50mila euro e ora è partita una colletta

Il pasticcio del governo su Vo': deve pagarsi le spese del virus

"Siamo finiti sulla prima pagina di Nature, capisce? In copertina c’è la foto di un bambino di Vo' che si sottopone al test sierologico. Questo paese si è sottoposto tre volte ai tamponi, è simbolo dell’orgoglio nazionale. Siamo stati un esempio per tutti, ci siamo spesi per la scienza. Abbiamo permesso di scoprire l’importanza degli asintomatici. Serve aggiungere altro?". Giuliano Martini, sindaco di Vo’ sui colli Euganei, sputa il ragionamento tutto d'un fiato. La voce sembra rassegnata, ma forse è solo dispiacere. Si aspettava che il Belpaese “rendesse onore” alla cittadina diventata zona rossa insieme a Codogno e il Lodigiano. Certo la visita di Mattarella (prevista per l’apertura delle scuole) fa molto piacere, ma bisogna “pensare una cosa alla volta” e l’impellenza adesso si chiama “denaro”. Sono pratici, questi veneti. E quando hanno fatto i conti sulle spese sostenute per realizzare la prima zona rossa hanno capito che il pallottoliere segnava una cifra ingente che pesa, e non poco, sulle casse del piccolo Comune.

Il 23 febbraio Vo’ diventa zona rossa. La mattina dopo il Comune deve organizzare tutto l’occorrente per chiudere i varchi di accesso alla città. Certo le forze dell’ordine le mette lo Stato, esercito o carabinieri che siano, ma di tutto quello che ruota attorno se ne fa carico l’amministrazione. Dall’ufficio tecnico del Comune al Giornale.it sciorinano una lista di incombenze pagate profumatamente dalle casse cittadine: l’acquisto dei blocchi di cemento per sbarrare le strade, la fornitura di bagni chimici per i militari, la predisposizione per le torce di illuminazione notturna e il gasolio per alimentare i gruppi elettrogeni, il carburante delle auto per fare avanti e indietro, l’acqua, il cibo per i dipendenti in orario continuato, il ristoro per i volontari, le tante ore di straordinario soprattutto nelle prime tre settimane, la sanificazione dei locali (scuola, municipio, ecc) e infine le maggiori spese per spedire tutti i rifiuti all’inceneritore, come richiesto dalle norme per le prime due settimane di zona rossa. Conto totale: circa 50mila euro di extra. Che a dire dei contabili comunali saranno un problema non indifferente per l’amministrazione: “Se lei fa un incidente e si trova costretto a pagare la riparazione dell’auto, non si troverebbe in difficoltà?”.

Il sindaco Martini la vede così: "Mi sembra evidente l'eccezionalità della situazione di Vo’. Siamo stati chiusi due settimane in più degli altri. Lo sforzo è stato importante. Mi sembra naturale che qualcuno ci venga incontro". Quel "qualcuno" è ovviamente il governo e forse pure la Regione, magari per la parte relativa all'organizzazione dei tre tamponamenti di massa. Quel che è certo è che "non è arrivato nulla di specifico" per le spese da zona rossa da parte di Palazzo Chigi, nonostante le belle parole. A questo si aggiunga lo smacco subito lo scorso maggio, quando il governo ha firmato il decreto Rilancio e all’articolo 112 ha previsto un fondo da 200 milioni per “i comuni ricadenti nei territori delle province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza”. Restano escluse Padova, Treviso, Venezia e quindi pure Vo’, nonostante sia stato il paese dove si è registrato il primo morto per il Covid. Luca Zaia ha già promesso battaglia, stordito dalla mossa dell’esecutivo, annunciando una “causa allo Stato”. "C’è stato prima un dibattito per la dimenticanza delle zone venete rosse, poi una prima stesura rispettosa delle nostre rimostranze. Solo dopo è diventata legge ma noi siamo riscomparsi”, aveva raccontato il governatore. Conte aveva promesso un emendamento per garantire i fondi “a tutti” per una questione di “equità”. Ma per ora è tutto fermo in Commissione Bilancio alla Camera. E comunque lo smacco resta.

"Se noi non avessimo avuto la zona rossa - conclude Martini - avremmo avuto migliaia di costi in meno. Noi ce ne siamo fatti carico senza recriminare, perché certe cose devi farle subito e rapidamente”. Ma insomma un po’ di sostegno non farebbe male. Per questo il sindaco di Ponte San Nicolò, Martino Schiavon, ha lanciato una raccolta fondi tra tutti i sindaci del Padovano per aiutare Vo’ a coprire le spese extra sostenute. San Nicolò donerà mille euro, altri forse si accoderanno.

”Li ringrazio moltissimo”, dice sorridendo Martini. Ma è normale che un Comune debba ricorrere a una colletta per non fallire sotto i colpi di una emergenza sanitaria?

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