Cronache

Patto scritto col sangue, marchio a fuoco e frustate per diventare suore

Dall'inchiesta della procura di Avellino sull'istituto religioso dei frati dell'Immacolata emergono riti di affiliazione simili alla mafia

Riti di affiliazione simili a quelli usati dalla 'ndrangheta. Vessazioni, patti di adesione scritti col sangue e marchi fatti col fuoco. È l'incredibile storia delle suore che giurarono fedeltà ai frati dell'Immacolata: avrebbero scritto con il sangue delle loro mani un patto di fedeltà a padre Stefano Manelli, cofondatore dell'istituto dei frati che ha la sede principale a Frigento (Avellino).

Sono passati 22 anni da quando la suora che racconta la sua storia al Corriere ha firmato il suo patto di sangue. È stata suora per 12 anni in quel convento su cui cala l'ombra di presunte vessazioni, abusi e violenze. Fino anche all'accusa di istigazione alla prostituzione.

La vicenda divenne più o meno nota nel 2013, quando il commissario apostolico, padre Fidenzio Volpi, mise le mani nei documenti e nella realtà conventuale di padre Stefano Manelli. Il quale, ovviamente, rigetta le accuse e parla di "calunnie". Ma nel dossier lasciato da Volpi (morto nel giugno scorso) al legale Giuseppe Sarno ci sono dichiarazioni e racconti frati, suore e familiari dei religiosi che disegnerebbero una realtà tragica. Ed ora c'è anche la suora che mostra i documenti scritti col sangue e racconta le vessazioni subite. "Ho già testimoniato in Vaticano - racconta al Corriere - e sono disposta a far esaminare la lettera scritta col sangue e poi controfirmata da padre Stefano Manelli, dai periti della procura. Lo faccio perché ho il dovere di far emergere cosa accadeva in quei conventi lager, dove ci sono ancora nostre sorelle che soffrono".

La richiesta - quasi uno slogan o parola d'ordine - sarebbe questa: "Ti devi fare santa". "Mangiavamo la cenere nei pasti e spesso lo facevamo in ginocchio – racconta un’altra ex suora che ora vive in sud America – La sera ci frustavamo con la disciplina, uno strumento con delle punte di ferro. Mentre lo facevamo dovevamo pregare e gli schizzi di sangue imbrattavano i muri. Portavamo anche un cuore fatto con dei chiodini. Lo mettevamo a contatto con la pelle. Io mi sono anche marchiata a fuoco due volte".

Non è tutto. Perché c'è anche un'altra inchiesta che scuote la cominutà dei frati e delle suore dell'Immacolata. Questa volta si parla di soldi. Nell'indagine si parla di truffa aggravata e falso ideologico, tanto che la procura ha disposto il sequestro di 30 milioni di euro, poi annullato dal tribunale del riesame. Ma a sconvolgere è la testimonianza della suora, che in merito ai soldi afferma: "Ci mandavano da alcuni “benefattori” molto ricchi e ci chiedevano di essere accondiscendenti. Io mi sono tirata indietro. Anche Manelli aveva modi ambigui. Stavo male quando facevo direzione spirituale con padre Manelli perché facendolo sembrare un fatto naturale spingeva la mia mano verso le sue parti intime".

La difesa di padre Martelli però non si lascia condizionare: "Padre Stefano Manelli desidera vivere in povertà, vuole vivere secondo l’ispirazione tradizionale della chiesa, tutto il resto sono delle strumentalizzazioni e sono delle non verità. Per quanto concerne la truffa credo che il tribunale del riesame abbia già chiarito con il rigetto che non esiste né truffatore né truffato. Poi c’è l’altro filone quello dei dossier delle suore costrette a leccare i pavimenti. È ridicolo e triste.

Noi abbiamo già presentato tre denunce per calunnia alla Procura della Repubblica di Avellino".

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