C ome vogliamo i nostri figli e i nostri nipoti? Sicuramente sani e magari intelligenti. Può sembrare un'ovvietà, ma dietro questo banalissimo pensiero (credo condiviso da tutti gli aspiranti, futuri, potenziali genitori) si nasconde il baratro di un gorgo filosofico tutt'altro che rassicurante. Quello che può sembrare un innocente desiderio, può essere invero il più pericoloso degli stimoli. E se il nostro interlocutore fosse uno scienziato? Magari asiatico? Pronto a spostare i limiti dell'eugenetica non soltanto nella cura e selezione degli embrioni ma, pare, anche nella manipolazione di questi ultimi per migliorare il quoziente intellettivo dei nascituri? In una parola, se ci fosse qualcuno disposto a farne dei superuomini, pronti a dominare il XXI secolo (e non solo)? Già da tempo la comunità scientifica internazionale è in subbuglio. Dalla Cina arrivano «voci» di esperimenti sempre più pervasivi sugli embrioni umani. In verità quanto è sconfinato fuori dalla rigida censura telematica imposta dal governo di Pechino nell'aprile scorso ci racconta di esperimenti che sarebbero avvenuti proprio su embrioni umani. Esperimenti però non del tutto riusciti: pare che lo scopo fosse quello di correggere i difetti degli embrioni (ne erano stati utilizzati 86) e questa correzione sarebbe riuscita soltanto nel 25% degli casi e anche questo campione non avrebbe offerto sufficienti garanzie sulla validità della scoperta scientifica e della tecnologia applicata. Ma è sempre dal grande Paese orientale che arrivano altre notizie inquietanti. In questo caso non stiamo parlando di esperimenti. Ma semplicemente di un sondaggio d'opinione. Un'agenzia internazionale - come riportato ieri da alcuni organi di stampa - ha ricevuto il compito di svolgere un'inchiesta per stabilire chi è disposto a dare il beneplacito a esperimenti scientifici su embrioni umani allo scopo non più di correggere le imperfezioni del dna (dato quest'ultimo elemento evidentemente come scontato), ma per sviluppare al meglio le potenzialità intellettive del feto.
Se avessero telefonato allo studio del professor Josef Mengele (con lo stesso, ovviamente, ancora in vita), la sua risposta - ne siamo certi - sarebbe stata entusiasta. Al contrario i sondaggisti hanno certificato che la maggior parte degli intervistati nutre gli stessi dubbi e le stesse paure diffuse tra gli illuminati ricercatori che popolano i futuristici laboratori di Hinxton, località immersa nel verde e nella quiete del Cambridgeshire, dove gli studi di eugenetica vanno avanti con successo, ma soltanto sui roditori. Se qualche folle e ricchissimo finanziatore, però, volesse sapere dove poter investire per creare un polo di ricerca da dedicare allo scopo non avrebbe dubbi. Scarterebbe di sicuro la Francia, dove soltanto il 13% degli intervistati si è mostrato possibilista circa questa svolta dell'eugenetica. E punterebbe tutto a oriente. Magari in India, o meglio ancora in Cina. Indiani e cinesi considerano infatti con sufficiente apprezzamento l'idea che una manipolazione genetica possa alterare, quindi aumentare, il quoziente intellettivo dei nascituri. Gli indiani favorevoli sono il 38% degli intervistati, mentre i cinesi arrivano al 39%. Se tuttavia la domanda la si rivolge solo ai giovani, la percentuale dei cinesi sale al 50%. Non si tratta, tra l'altro di un'ipotesi fantascientifica.
Gli analisti dell'ateneo di Oxford considerano tutt' altro che improbabile una efficace manipolazione del feto per migliorare l'intelligenza dei nascituri e questo in tempi relativamente brevi.
Insomma la corsa verso la perfezione continua. Perché è vista come un traguardo possibile, non come una chimera. Con buona pace di Balzac («se la perfezione non fosse una chimera, non avrebbe tanto successo»).di Pier Francesco Borgia
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