L'onorevole Andrea Ruggieri non può che essere accostato al liberalismo, una dottrina politica considerata in disuso, ma forse più attuale che mai, e al bomberismo, vista l’inclinazione a una certa spavalderia ridanciana (ed eterosessuale). Ruggieri è contrario al lockdown: non è un negazionista, ma si chiede se i favorevoli alla quarantena obbligatoria per tutti assumeranno gli italiani vittime della disoccupazione. Perché di vittime secondarie ce ne sono e ce ne saranno. Si definisce "uno normale". Il che, in un'epoca condita da protagonismi narcisistici, è già un elemento descrittivo. La location non influisce sulle maniere. Bar di Trastevere o albergo di lusso in pieno centro, Andrea Ruggieri è sempre lo stesso. A Roma si direbbe "un com-pagnone", ma il prefisso dell'espressione rischia di portarci fuori strada.
L'onorevole ha studiato al Mamiani, in Prati. Un liceo da un’okkupazione (con la k) all’anno, non proprio noto per le simpatie di centrodestra dei suoi studenti. Alla maturità volle fare scena muta. Per protesta contro la professoressa che lo ammise con un giudizio a suo dire immeritato, dopo anni di polemiche per via dell’assenteismo della docente. "Mi meritavo di poter prendere il massimo, invece l’esame è falsato; non apro bocca, tanto se bocciate me dovete bocciare tutti, quindi vi adeguerete", disse alla Commissione. Lo dovettero promuovere, ma col minimo, 36.
Il padre, ingegnere e professore d'Architettura, non la prese bene. E allora il 18enne Ruggieri, un milione di lire messo da parte grazie ad un inaspettato dono di una zia abruzzese, se ne va negli States, dove atterra con 150 dollari in tasca e trova lavoro come cameriere: “Potevo resistere 24 ore, o settimane. Rimasi tre mesi. L’esperienza più bella e utile della mia vita”, dice con gli occhi rossi, ricordando quel periodo in cui perfezionò l’inglese. Gli Stati Uniti sarebbero tornati ogni anno, per una settimana irrinunciabile. Ruggieri è uno di quei politici italiani, pochi in realtà, che hanno contatti con New York. Si è fatto notare persino dal'ex sindaco trumpista Rudolph Giuliani, che lo ha intervistato di recente su come andassero le cose in Italia ai tempi del nuovo coronavirus. Il legame nasce da Instagram, perché i social sono un'opportunità, mentre buona parte dei politici - segnala - li usano "alla Mengacci", cioè fotografando per lo più cibarie.
Prima della politica, il tempo di Ruggieri è stato scandito dall'avvocatura e dal giornalismo tv. A riportarlo di peso, non senza fatica, dagli Stati Uniti, sono stati lo "zio Bruno" e la "zia Augusta", che nel frattempo erano capitati oltreoceano. Solo che "zio Bruno" di cognome fa Vespa, e non dev'essere stato proprio semplice opporre resistenza. Il volo di rientro in patria lo scarica alla facoltà di giurisprudenza, con l'avvocatura che arriva a ventisei anni:"Grazia Volo affidò a me, sbarbato, lo studio delle conclusioni di primo grado del processo Mannino, una grande occasione". Il processo Mannino contava trentamila pagine e 270 udienze; non proprio un impegno per neofiti. Di sicuro, dal punto di vista lavorativo, una scossa professionale, che però non si sarebbe replicata: è stata la noia ad avvicinare Ruggieri alla "passionaccia". Eh ma "zio Bruno" non è tanto d'accordo con la nuova vocazione:"Sommerai danno e beffa: ti daranno sempre del raccomandato, anche se non lo sei". La sentenza è chiara, ma le raccomandazioni - assicura - non si sono mai palesate. Anzi, al massimo è circolato qualche pregiudizio e qualche penalizzazione per la parentela. Il forzista però è un liberale per davvero, dunque all'epoca fa di testa sua, prima con il giornalismo e poi con la politica.
Prima di conoscere da vicino Forza Italia, però, passa per Rai Due e Rai Uno, dove ha modo di lavorare con Milo Infante, Michele Guardì, Anna La Rosa, Gianluigi Paragone, Giuliano Ferrara e Nicola Porro. La palestra, insomma, è di quelle da pesi massimi. É proprio il suo lavoro a condurlo dritto da Silvio Berlusconi, per una chiacchierata durata due giorni: "Parlammo molto di tv, della sua evoluzione, di un programma (che poi non feci) su Mediaset dedicato ai casi di malagiustizia, di come era diventata rinunciataria Forza Italia, diversa da quella meravigliosa degli esordi, e di come avrebbe dovuto diventare". Quindi? "Alla fine della due giorni mi disse che avevo ragione e voglia, e mi offrì l’opportunità di lavorare con lui". Ha così inizio la sfida partitico-comunicativa, con la vittoria al referendum renziano a condire una parabola che lo accompagna tra gli scranni della Camera dei deputati.
Essere un liberale in Capitale non è una scelta automatica. Roma respinge volentieri le velleità individualistiche. La cultura maggioritaria da quelle parti è un'altra, e forse guarda un po' troppo all'assistenzialismo per i gusti di Ruggieri, che non si spiega perché un turista debba aspettare un'ora per un taxi a Termini e perché uno studente non possa approfittare delle liberalizzazioni per guidarne uno, anche fosse Uber. Il "diritto alla felicità" della Dichiarazione d'indipendenza americana è un concetto che lo guida sin dagli esordi.
Virginia Raggi, per esempio, per l'onorevole è una "pippa ar sugo". Un sindaco che è riuscito a peggiorare una situazione già compromessa, oltre che un'esperienza da cui bisognerebbe liberarsi in fretta. Ruggieri ammette il primato gerarchico di Milano dei tempi odierni, ma ricorda che Roma, come l’Italia, è una Ferrari guidata da un vigile, mentre confida nella ciclicità delle stagioni cittadine. Su questo i romani dovrebbero convenire. Se non altro perché è vero che il vento di cambiamento promesso dalla pentastellata "puzza di monnezza lasciata per strada per settimane". Nel frattempo, il forzista lavora in Parlamento, dove vorrebbe che le partite Iva venissero considerate in maniera migliore, cancellando l'obbligo di versamento dei contributi. Poi c'è la battaglia per consentire il peer to peer ai proprietari d'auto. E ancora la prostituzione, che per Ruggieri andrebbe regolarizzata ma vietata tra le strade. l'onorevole racconta di avere in programma un libro che deduciamo essere tagliato sulla storia di Forza Italia. Forse l'onorevole si leverà più di qualche sassolino dalle scarpe.
Nel frattempo, la sua vicenda si aggiorna cotidie anche su Instagram, di cui il nostro fa un uso tanto socio-politico quanto romanesco. "Rugge" - come viene soprannominato - è in guerra con le tasse, con la burocrazia, con la mala-giustizia e vorrebbe che l'Italia tutta fosse capace di pensare in grande. Basta dare un occhio ai suoi post per accorgersene. C'è il serio, ma c'è anche il faceto: l'onorevole è solito recarsi nei bar e domandare un "Di Maio". Il siparietto, che viene puntualmente immortalato via social, va avanti da quando Luigi Di Maio ha dichiarato che gli esseri umani sono fatti per il 90% di H20. Ecco, un "Di Maio", per alcuni baristi romani, sta diventando un sinonimo del drink dissetante più comune che ci sia, un bicchier d'acqua. Qualche accento del "Rugge" va posto sullo stile usato per la televisione. Lì bisogna uscire dal contesto social e differenziarsi per via della necessità che tutti comprendano i messaggi focali: la battuta serve, ma la parola chiave è serietà. Due parole su Anna Falchi vanno spese. Ci dice ridendo che non crede che un solo uomo sano di mente in Italia possa rimproverargli la fidanzata: "Per me è la donna più bella d’Italia". Eh ma tra la Falchi e lo "zio Bruno"..
: "So bene che se anche diventassi Presidente della Repubblica, sarei il Capo dello Stato nipote di Vespa fidanzato della Falchi, ma ci rido su". Uno che incarna il liberalismo bomberista non può che reagire così.
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