La grande corsa verso destra

Le dimissioni del ministro Costa sono una piccola scossa che cambia gli equilibri

La grande corsa verso destra

La corsa al centro è ufficialmente aperta. Con le dimissioni di Enrico Costa da ministro per gli Affari regionali si archivia la fase della pretattica e si inizia a giocare davvero la partita che di qui al prossimo anno ridisegnerà in un modo o nell'altro gli equilibri dell'area moderata. Una sfida nella quale un giusto timing può essere l'arma vincente, tanto che tra coloro che sono pronti a prendere la strada che porta verso il centrodestra quello della tempistica è stato uno dei principali argomenti di confronto degli ultimi giorni.

In molti, infatti, preferiscono temporeggiare e attendere quantomeno l'estate, visto che in politica anche solo qualche mese può diventare un'era geologica. Costa ha invece preferito accelerare e lanciare subito quello che lui stesso definisce «un ponte» verso Forza Italia. Che si dovrebbe sostanziare in un contenitore di centro da ufficializzare già nei prossimi giorni: un gruppo federato che inizi a raccogliere i diversi pezzi del centro che sono pronti a ricongiungersi in nome delle comuni radici del Ppe. Una sorta di Udc 2.0, nel senso che l'obiettivo finale dovrebbe essere proprio quello di creare un partito che - come l'Udc con la Casa delle Libertà a inizio anni Duemila - faccia da collettore di tutta quella galassia cattolica e moderata che altrimenti si muoverebbe in ordine sparso. Insieme a Costa, della partita dovrebbero essere Lorenzo Cesa (segretario proprio dell'Udc), Flavio Tosi (leader di Fare!), Gaetano Quagliariello (Idea) e Gianfranco Rotondi (Rivoluzione cristiana). Ma le trattative sono in corso proprio in queste ore e non è escluso che la pattuglia possa allargarsi. Insomma, una vera e propria confederazione centrista, con una sua rappresentanza parlamentare visto che il tentativo in corso è quello di creare gruppi ad hoc sia alla Camera (dove sembra però difficile raggiungere la quota di venti deputati necessari) che al Senato (dove bastano invece dieci senatori). Un modo per dare un segnale politico all'operazione, anche se per il governo non dovrebbe cambiare poi molto visto che la maggior parte dei parlamentari coinvolti già da tempo non votano con la maggioranza. Il vero orizzonte, però, è quello del 2018 e l'intenzione è quella di creare oggi un contenitore che nei mesi a venire possa attrarre anche chi adesso, pur muovendosi nell'area di centro, non sembra troppo interessato al progetto. Le manovre di avvicinamento del centro verso Berlusconi sono dunque iniziate. Con l'ex premier che ha voluto tranquillizzare i suoi assicurando che nessuno dei nuovi arrivati sarà accolto in Forza Italia, visto che in molti temono per il proprio posto in lista. Se lo schema sarà quello dell'Udc 2.0 sarà probabilmente così, ma questo in verità lo si saprà davvero solo quando si avrà certezza della legge elettorale con cui si andrà a votare.

D'altra parte di qui alle elezioni lo scenario potrebbe cambiare non una ma dieci volte. Ed è per questo che Berlusconi si sta preparando a giocare su diversi tavoli, con la tentazione - racconta chi lo conosce bene - di sparigliare per l'ennesima volta.

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