Politica

Il pm anti Attilio era nella rete di Palamara

Le sliding doors della magistratura riservano sempre molte sorprese. L'aggiunto Maurizio Romanelli, che coordina il pool di magistrati che indaga sul Pirellone, solo qualche mese fa era il numero due della Direzione nazionale antimafia

Il pm anti Attilio era nella rete di Palamara

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Il pm Maurizio Romanelli non è «anti-Fontana» e non è «nella rete di Palamara»
In relazione all’articolo Il pm anti Attilio era nella rete di Palamara. Romanelli, pm anti Attilio nella rete di Palamara, pubblicato su il Giornale del 27 luglio 2020 alle pagine 1 e 3, a firma di Felice Manti, e su ilgiornale.it del medesimo giorno, nell’interesse del dottor Maurizio Romanelli preciso quanto segue:
- il dottor Romanelli non è «anti Attilio»: svolge le funzioni di magistrato della Procura della Repubblica di Milano, ed ha quindi una serie di attribuzioni e responsabilità che derivano dalla legge; non è «anti-nessuno» e certamente non è mosso da pregiudizio o malanimo nei confronti del Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana;
- il dottor Romanelli non è «nella rete» di nessuno, e certamente non è «nella rete di Palamara», con il quale non ha mai interloquito e dal quale non ha ricevuto alcuna «sponsorizzazione»;
- la nomina del dottor Romanelli al posto di Procuratore Nazionale Aggiunto è avvenuta su delibere unanimi del Csm (delibere del 28.6.2016 e del 16.5.2018), sulla base della valutazione delle sue capacità professionali, in particolare per le numerose e qualificate inchieste in materia di terrorismo, e non certo per appartenenze politiche, che non esistono.
Chiedo, quindi, che il Giornale informi i propri lettori dell’inesattezza di quanto pubblicato.
prof. avv. Giulio Enea Vigevani

Non era nostra intenzione offendere la onorabilità del dottor Romanelli ed era, anzi, nostra intenzione evidenziare che egli fosse stato vittima del «sistema Palamara», a fronte delle sue riconosciute qualità professionali e deontologiche. il Giornale dà atto, dunque, delle precisazioni del dottor Romanelli e si rammarica con l’interessato e con i lettori per il fatto che il titolo e l’articolo abbiano veicolato un messaggio diverso dalla realtà.
Il Direttore

Le sliding doors della magistratura riservano sempre molte sorprese. L'aggiunto Maurizio Romanelli, che coordina il pool di magistrati che indaga sul Pirellone (Luigi Furno, Carlo Scalas e Paolo Filippini), solo qualche mese fa era il numero due della Direzione nazionale antimafia. Una poltrona prestigiosissima, assegnata al magistrato milanese dal Csm come «valorizzazione del dato inerente l'abilità nella conduzione delle indagini» e per i «successi operativi sia sul piano della prevenzione che sul piano della repressione». Peccato per Romanelli che il Consiglio di Stato abbia dato ragione ai ricorsi presentati dalla sua «avversaria», la napoletana Maria Vittoria De Simone, che della Dna era già un pm. Tanto che lo stesso Csm ha dovuto fare retromarcia: con quattro voti contro due, la commissione incarichi direttivi (e il plenum si adegua) lascia Romanelli con un pugno di mosche in mano. Non senza creare problemi organizzativi, visto che Romanelli aveva già preso possesso della sua scrivania romana, che si occupa di coordinare le inchieste antimafia di tutte le procure. È stata una delle pochissime volte, la prima dopo molti anni, in cui Palazzo de' Marescialli ha dovuto riconsiderare la sua scelta. In passato, infatti, il conflitto tra Consiglio di Stato e Csm aveva visto sempre prevalere l'organo di autogoverno della magistratura.

C'è di più. Dai brogliacci del caso Palamara, l'ex numero uno dell'Anm al centro di una ragnatela di potere sotto inchiesta dalla Procura di Perugia e sospeso temporaneamente dal suo incarico, emerge che lo stesso Luca Palamara da consigliere del Consiglio superiore della magistratura si sia mosso proprio per sponsorizzare Romanelli, esperto in indagini sul terrorismo internazionale: «La De Simone mai, quella mi odierà», si lascia sfuggire Palamara in una chat Whatsapp in mano agli inquirenti mentre parla con il pm Nicola Clivio, che gli comunica la decisione del Consiglio di Stato: «Dicono che (la De Simone, ndr) si sia venduta a Magistratura indipendente nel frattempo», sottolinea Clivio, a conferma che probabilmente - al di là delle indiscusse capacità investigative di entrambi - almeno in questo caso la partita tra i due non si giocava sulle capacità ma sulle appartenenze politiche di entrambi. E a chi come la collega Pina Casella chiedeva a Palamara di «prendere tempo» Palamara rispondeva: «Possiamo prendere tutto il tempo però... Questo capisci bene che non può essere una decisione presa in contraddizione con tutte le altre». Anche perché l'intesa su Romanelli faceva parte di un risiko che comprendeva, tra l'altro, la nomina di Roberto Tanisi a presidente della Corte d'Appello di Lecce, anch'essa ribaltata da una sentenza del Consiglio di Stato. È lo stesso Palamara ad ammetterlo al telefono, masticando amaro: «C'è una situazione complessiva...» che riguarda altri magistrati.

Una sconfitta che Romanelli non avrà dimenticato facilmente.

Commenti